Il lievito per dolci in cucina e Industry 4.0

Il lievito per dolci in cucina e Industry 4.0

I principi dell’industria 4.0 fra tecnologia, informazione e paura del nuovo

Ricordo quando negli anni Settanta, una nota marca di lievito per dolci distribuiva il proprio ricettario – poche pagine formato A5 su carta patinata, colorato e pieno di immagini – con una introduzione sul prodotto, il suo impiego nelle dosi consigliate, e una nota ad ogni piè di pagina, evidenziando la differenza tra l’impasto fatto usando la frusta a mano e quello con l’impastatrice o lo sbattitore elettrico: in quest’ultimo caso si raccomandavano particolari accorgimenti nell’uso del lievito e nella sua distribuzione uniforme nell’impasto, se si voleva arrivare ad un prodotto homemade di discreto e successo. Inutile sottolineare quante casalinghe e mamme hanno cominciato a sperimentare in cucina con lo sbattitore elettrico che in quel periodo cominciava a diffondersi, consentendo a sempre più persone di ottenere risultati prima non sperabili.

L’evoluzione del semplice sbattitore elettrico ha portato ad avere attrezzature professionali a un costo sempre più basso aumentandone la diffusione e nello stesso tempo la conoscenza e l’impiego da parte di strati più larghi di popolazione. Il lievito è rimasto lo stesso, anzi migliorato e diversificato negli utilizzi, il che ha portato ad una richiesta di maggiore conoscenza e approfondimento delle tecniche di lievitazione ed impiego. Assodato che lo sbattitore facesse la sua funzione, ci si è concentrati sui processi e sul loro miglioramento continuo, facendo ricerca sul lievito, generando “valore”.

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L’industria 4.0

Mantenendo l’analogia, i vari programmi Industry 4.0 previsti in USA, Germania, UK, Spagna ed Italia etc. non sono poi molto differenti dall’introduzione dello sbattitore elettrico: la singolarità della tecnologia è la sua introduzione ed evoluzione a ritmi molto più veloci di quanto si riescano a comprendere gli impieghi effettivi. Il che è fortemente positivo in termini di riduzione dei costi, di posti di lavoro, di imposizione fiscale, di evoluzioni nel mondo della produzione, logistica e distribuzione, marketing e project management, vantaggi immediatamente percepibili quanto diffusamente trattati. Le discussioni che si sollevano intorno alle diverse applicazioni delle tecnologie abilitanti riguardano esclusivamente aspetti “tecnici” e non di “valore” apportato, il che equivale a dire che si privilegia l’infrastruttura alla conoscenza. L’obiezione più immediata e facile è che ci sia conoscenza anche nell’infrastruttura, per progettarla e realizzarla; da qui, l’estensione falsamente logica che vuole che la tecnologia sia sufficiente a risolvere ogni e qualunque ostacolo, anche legislativo. Legittimo pensarlo, se ci si dimentica che le norme descrivono solo procedure, non processi arrivando ad etichettare chi nutre posizioni opposte come novello luddista se paventa legittimamente la paura di rimanerne fuori e di non fare in tempo ad adeguarsi: un falso negativo.

Questo falso negativo è una altrettanto falsa paura derivante dalla mancanza di percezione del “valore” che la tecnologia apporta ai processi. Tale valore nasce non solo dalla padronanza dello strumento tecnico in sé, quanto anche di saperne trarre la massima utilità possibile, cosa collegata all’agevolazione in termini di costi, imposizione fiscale o di riduzione del personale: l’errore macroscopico consiste nel trascurare la prima parte e la sua relazione con l’ultima, che viene però trattata in via esclusiva. Per trarre la massima utilità possibile, i processi, produttivi o meno, devono essere in controllo per garantire la capacità di generare denaro nel continuo; viceversa, si disperde sia capacità tecnologica che know how e denaro: parafrasando una ben nota pubblicità, “la tecnologia diventa nulla senza controllo”.

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L’importanza della formazione

Per questo, oltre all’infrastruttura, serve anche formazione come infrastruttura della conoscenza, ossia il libretto delle istruzioni, il cambio di paradigma per passare dalla frusta all’impastatrice o allo sbattitore elettrico: non si possono affrontare sistemi nuovi di tecnologia e conoscenza con metriche obsolete. E’ quello di cui i Governi si sono resi conto all’indomani degli stanziamenti in favore delle imprese il cui tasso di impiego è stato basso, sia per il tempo richiesto per la propagazione della manovra fiscale collegata – circa sei mesi in media -, sia per il mancato recepimento della normativa a livelli operazionali, ostacolo maggiore.

Si deduce che la tecnologia è necessaria ma non sufficiente, e che l’apporto di valore consiste nel superamento di logiche obsolete, del “si è sempre fatto così”: questi i paradigmi fondamentali, il contributo effettivo della sua utilità all’impresa. Ripensare l’impresa in chiave digitale è una sfida perché cambia il processo decisionale, nel senior, middle e operative management, passando da una logica locale ad una sistemica.

Un po’ come realizzare un dolce seguendo la ricetta passo passo o dopo averla letta tutta e preparato gli ingredienti, ben sapendo se conviene la frusta, l’impastatrice o lo sbattitore e quale tipo di forno.

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