Il processo di digitalizzazione nella PA italiana

Su questa trasformazione sono state spesso prese posizioni contrastanti ma accomunate dal fatto di essere basate su dati soggettivi e influenzate da esperienze personali. Cerchiamo di fare chiarezza.

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Una struttura nazionale complessa

Chi scrive non ha accesso a dati tecnici specifici sulla struttura e infrastruttura globale del sistema IT della PA italiana, quindi ciò che segue è frutto di deduzioni empiriche.

Si tratta essenzialmente di una struttura estremamente complessa e articolata in cui l’interazione tra uomo e macchina, manualità e automazione si fondono insieme in modo distribuito.

Un esempio in tal senso è l’abilitazione dei servizi online per i clienti di Poste Italiane. Il primo problema posto da questa procedura è l’identificazione del cliente. L’identificazione tradizionale di molti servizi online è basata sull’incrocio fra e-mail, numero di telefono cellulare e, di recente, riconoscimento facciale.

Questa procedura garantisce un buon margine di sicurezza, ma trattandosi in questo caso di accesso a dati bancari, non è sufficiente.

L’ufficio postale provvede quindi all’identificazione fisica dell’utente. La parte manuale in tal senso è svolta dall’addetto che compila i moduli con i dati richiesti (ad esempio il numero identificativo della carta di identità).

A questo punto interviene l’automazione: i dati della pratica vengono inseriti nel sistema gestionale di Poste Italiane e aggiunti a quella che si potrebbe definire come “coda” (queue) di attivazione (infatti i servizi saranno accessibili all’utente nel suo profilo online solo dopo 24 ore dall’inserimento della pratica).

Il punto potenzialmente più problematico in questa procedura è l’interazione tra utente e addetto: qui entrano in gioco fattori comunicativi, psicologici, comportamentali, sociali e culturali che richiedono un’attenta analisi e, se possibile, una serie di test a campione su utenti e addetti che vadano al di là della semplice soddisfazione del cliente e che sappiano scavare a fondo e in modo scientifico al fine di individuare i momenti in cui questa interazione non ha sortito gli effetti sperati.

Non si tratta di colpevolizzare l’utente o l’addetto, ma di capire come migliorare questa interazione per aumentare la soddisfazione dei clienti, eliminare fattori di stress per gli addetti e rendere più efficace il processo aumentando così la produttività.

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Il fattore umano: punto di forza o punto debole?

Una macchina, se programmata correttamente a svolgere un compito e inserita in un ambiente controllato, può virtualmente proseguire nel suo compito all’infinito. Ininterrottamente.

Gli esseri umani, al contrario, si trovano ad operare in un ambiente non controllato che spesso influisce positivamente o negativamente sul loro lavoro.

Un essere umano è dotato di una sua psicologia ben definita: come sosteneva Gödel rispondendo a Turing a proposito del fatto che il pensiero umano è costituito da stati finiti, tali stati restano finiti in una macchina ma in un essere umano tendono virtualmente all’infinito. Stiamo parlando di emozioni.

Il processo di digitalizzazione non può prescindere dal fattore umano: addetti, impiegati, utenti, clienti, dirigenti, programmatori, divulgatori sono esseri umani, ciascuno con la propria personalità, la propria formazione e le proprie esigenze.

Il fattore umano va compreso, studiato e analizzato ma sempre tenendo presente il fatto che per migliorare la situazione esistente prendere a modello l’efficienza di una macchina può spesso rivelarsi controproducente.

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