Deontologia del Giornalista: principi essenziali per un'informazione responsabile

Scopri i fondamenti della deontologia del giornalista e l’importanza di un’informazione etica e responsabile. In questa pagina di Innovando News, esploriamo i principi chiave e le buone pratiche del giornalismo, garantendo un’informazione di qualità e rispettosa dell’integrità e dei diritti dei cittadini.

Innovando.News applica e rispetta la deontologia del giornalismo

Innovando.News, testata giornalistica edita da Innovando GmbH, società di capitali di diritto svizzero iscritta nel Registro del Commercio del Cantone dell’Appenzello Interno, applica integralmente la deontologia della professione di giornalista.

Che cos’è la deontologia professionale e perché è importante per i media?

In filosofia morale, l’etica deontologica o deontologia (dal greco: δέον, “obbligo, dovere” più λόγος, “studio”) è la teoria etica normativa secondo cui la moralità di un’azione dovrebbe basarsi sul fatto che l’azione stessa sia giusta o sbagliata in base a una serie di regole e principi, piuttosto che sulle conseguenze dell’azione.

A volte la deontologica viene descritta come etica del dovere, dell’obbligo o delle regole. L’etica deontologica viene comunemente contrapposta al consequenzialismo, all’etica della virtù e all’etica pragmatica. In questa terminologia, l’azione è più importante delle conseguenze.

Il termine “deontologia” è stato usato per la prima volta per descrivere l’attuale definizione specialistica da C. D. Broad nel suo libro del 1930, “Five Types of Ethical Theory”.

Un uso più antico del termine risale a Jeremy Bentham, che lo coniò prima del 1816 come sinonimo di etica dicastica o censoria (cioè, etica basata sul giudizio).

L’accezione più generale del termine è conservata in francese, soprattutto nel termine “Code de Déontologie” (“Codice Etico”), nel contesto dell’etica professionale.

A seconda del sistema di etica deontologica considerato, un obbligo morale può derivare da una fonte esterna o interna, come un insieme di regole inerenti all’universo (naturalismo etico), una legge religiosa o un insieme di valori personali o culturali (ognuno dei quali può essere in conflitto con i desideri personali).

La deontologia è utilizzata soprattutto nei governi che permettono alle persone che vivono sotto la sua autorità di rispettare un certo insieme di regole stabilite per la popolazione.

Che cos’è, com’è nato e come funziona il Consiglio Svizzero della Stampa?

L’Associazione della Stampa Svizzera, oggi nota come Impressum, iniziò a lavorare a un “codice d’onore” per il lavoro giornalistico nel novembre 1969.

La decisione preliminare era già stata presa nel 1968 e mirava a promuovere l’autoregolamentazione della stampa.

La stesura del codice fu seguita criticamente dalle associazioni regionali dei giornalisti negli anni successivi. Nel 1970 ci fu una battuta d’arresto quando l’assemblea dei membri delegati decise di respingerlo.

Il motivo del contendere era il dibattito sull’inclusione di un “diritto all’informazione”, che secondo i delegati non doveva essere regolato dalla deontologia professionale ma dal legislatore.

Ci sono state obiezioni anche sulla questione del tipo di relazioni che dovrebbero essere coperte dal codice deontologico.

La sezione di Ginevra prevalse con la sua mozione secondo la quale il testo avrebbe dovuto richiedere non solo una “segnalazione seria”, ma anche una “segnalazione vivace”.

Il 17 giugno 1972 la Dichiarazione dei Doveri e dei Diritti dei Giornalisti

In Svizzera la Dichiarazione dei Doveri e dei Diritti dei Giornalisti fu infine adottata in una prima versione il 17 giugno 1972.

La consultazione ebbe un esito particolarmente chiaro, con 62 voti favorevoli e 7 contrari.

Il “Codice d’onore” divenne così il “Codice della stampa”. Lo stesso giorno, i delegati dell’Associazione Svizzera della Stampa decisero di dichiarare il Codice della Stampa parte integrante degli Statuti e di creare un Consiglio della Stampa per giudicare e determinare le violazioni del Codice della Stampa.

Diversi media elvetici, tra cui la Neue Zürcher Zeitung, stamparono poi l’intero testo del Codice della stampa nelle loro edizioni.

Nel 1977 è stato istituito il Consiglio Svizzero della Stampa.

All’inizio del 2000, la Conferenza dei caporedattori, il Sindacato Svizzero dei Professionisti dei Media e il sindacato Comedia si sono uniti al Consiglio della stampa e hanno dato vita alla Fondazione Consiglio svizzero della Stampa come sponsor del Consiglio della stampa.

Dal luglio 2008, anche le associazioni degli editori e la SSR fanno parte di questa sponsorizzazione.

Diritti, doveri e funzioni. Cosa comporta un giornale e come influisce sui comportamenti

Premesse

Il diritto all’informazione, alla libera espressione delle opinioni e alla critica è un diritto umano fondamentale.

I doveri e i diritti del giornalista sono fondati sul diritto del pubblico a conoscere fatti e opinioni.

La responsabilità del giornalista verso il pubblico prevale su qualunque altra responsabilità, in particolare su quelle che lo legano ai datori di lavoro o agli organi statali.

Il giornalista s’impegna volontariamente al rispetto delle norme di comportamento iscritte nella Dichiarazione dei doveri che segue.

Per svolgere i suoi compiti in modo indipendente e conforme ai criteri di qualità che gli sono richiesti, il giornalista deve poter contare su condizioni generali adeguate all’esercizio della professione. Tale garanzia è esplicitata dalla Dichiarazione dei diritti che segue.

Il giornalista degno di questo nome considera suo dovere rispettare fedelmente le regole fondamentali descritte nella Dichiarazione dei doveri. Inoltre, nella sua attività professionale, pur rispettando le leggi d’ogni Paese, accetta unicamente il giudizio di altri giornalisti, tramite il Consiglio della Stampa o un altro organo legittimato a pronunciarsi su questioni di etica professionale. In questo campo non ammette nessuna ingerenza da parte dello Stato o di altre organizzazioni. Si considera conforme al dovere di equità il comportamento di un giornale che pubblica almeno un breve riassunto di una presa di posizione del Consiglio della Stampa che lo riguarda.

Dichiarazione dei Doveri

Nel raccogliere, scegliere, redigere, interpretare e commentare le informazioni, il giornalista rispetta i principi generali dell’equità, confrontandosi lealmente con le fonti dell’informazione, le persone di cui si occupa e il pubblico. Il giornalista, in particolare:

Ricerca la verità e rispetta il diritto del pubblico di venirne a conoscenza, senza riguardo per le conseguenze che gliene potrebbero derivare.

Difende la libertà dell’informazione e i diritti relativi, la libertà di commento e di critica, l’indipendenza e la dignità della professione.

Diffonde esclusivamente informazioni, documenti, immagini o prese di suono di cui gli sia nota la fonte. Non omette informazioni, o elementi d’informazione importanti; non deforma testi, documenti, immagini, suoni, oppure opinioni espresse da altri; designa apertamente come tali le notizie non confermate e i montaggi di immagini o di suono.

Non usa metodi sleali per procurarsi informazioni, fotografie, documenti sonori, visivi o scritti. Non altera o lascia alterare fotografie con l’intento di falsare l’originale. Rinuncia ad ogni forma di plagio.

Rettifica ogni informazione che, diffusa, si sia rivelata materialmente del tutto o in parte inesatta.

Tutela il segreto professionale e non rivela la fonte delle informazioni ricevute in via confidenziale.

Rispetta la vita privata delle persone, quando l’interesse pubblico non esiga il contrario; tralascia accuse anonime e concretamente ingiustificate

Rispetta la dignità delle persone e rinuncia a riferimenti discriminatori nel testo, nelle immagini o in documenti sonori. Le discriminazioni da evitare riguardano l’etnia o la nazionalità, la religione, il sesso o le abitudini sessuali, la malattia e gli stati di infermità fisica o mentale. Nell’utilizzare testi, immagini o documenti sonori relativi a guerre, atti terroristici, disgrazie o catastrofi, rispetta il limite del riguardo dovuto alla sofferenza delle vittime e delle persone a loro vicine.

Non accetta vantaggi o promesse che potrebbero limitare la sua indipendenza professionale e l’espressione della sua opinione personale.

Evita ogni forma di pubblicità e non accetta condizioni da parte degli inserzionisti.

Accetta direttive giornalistiche solo dai responsabili designati della propria redazione, purché non siano in contrasto con la presente Dichiarazione.

Dichiarazione dei Diritti

I diritti che seguono sono ritenuti il minimo su cui il giornalista deve poter contare per rispettare i doveri che si è assunto:

  • Diritto di libero accesso a tutte le fonti d’informazione e di libera indagine su tutto quanto è d’interesse pubblico. Il segreto, su fatti pubblici o privati, può essergli opposto solo eccezionalmente e con una chiara spiegazione delle ragioni nel caso specifico.
  • Diritto di rifiutarsi, senza che gliene derivi un pregiudizio, di svolgere attività, e in particolare di dover esprimere opinioni, in contrasto con le norme professionali o la propria coscienza.
  • Diritto di rifiutare ogni direttiva o ingerenza che contravvengano alla linea editoriale dell’organo d’informazione per il quale lavora. Tale linea editoriale deve venirgli comunicata per iscritto prima dell’assunzione. La modifica unilaterale o la revoca della linea editoriale sono illecite e costituiscono violazione del contratto.
  • Diritto di conoscere i rapporti di proprietà del suo datore di lavoro. In quanto membro di una redazione, deve venir informato e consultato per tempo prima di ogni decisione importante che abbia influenza sull’andamento dell’impresa. I membri di una redazione devono in particolare venire consultati prima di ogni decisione definitiva che abbia conseguenze sulla composizione o sull’organizzazione della redazione stessa.
  • Diritto a un’adeguata formazione e all’aggiornamento professionali.
  • Diritto a condizioni di lavoro chiaramente definite in un contratto collettivo. Nel contratto collettivo deve essere stabilito che nessun pregiudizio può derivare al giornalista dalle attività che svolge per le organizzazioni professionali.
  • Diritto a un contratto d’assunzione individuale, che garantisca la sua sicurezza materiale e morale e a una retribuzione adeguata alle funzioni che svolge, alle responsabilità che assume e alla sua posizione sociale, tale da assicurargli l’indipendenza economica.

Questa Dichiarazione è stata approvata dal Consiglio di fondazione “Consiglio svizzero della stampa” nella seduta costitutiva del 21 dicembre 1999 e riveduto dallo stesso Consiglio il 5 giugno 2008.

Note protocollari concernenti la Dichiarazione dei Doveri e dei Diritti dei giornalisti Svizzeri

Generalità / Scopo delle Note protocollari

Accedendo, come associazioni contraenti, alla Fondazione “Consiglio Svizzero della Stampa”, Schweizer Presse / Presse Suisse / Stampa Svizzera e la SRG SSR Idée Suisse riconoscono il Consiglio della Stampa come organismo di autodisciplina della parte redazionale dei mass media.

Le Note Protocollari che seguono fissano il quadro normativo entro cui le norme deontologiche iscritte nella “Dichiarazione dei Doveri e dei Diritti dei giornalisti” sono da esse riconosciute come un contributo necessario al discorso sull’etica e sulla qualità dei media nel loro insieme.

Le Note Protocollari hanno lo scopo di chiarire la portata della “Dichiarazione” in quanto tocchino disposizioni controverse e/o poco chiare storicamente concretatesi in tale codice.

Queste precisazioni tengono conto della prassi del Consiglio della Stampa.

Campo d’applicazione e normativita

Destinatari delle disposizioni normative deontologiche della “Dichiarazione” sono i giornalisti professionisti che operano, ricercando o elaborando l’informazione, nei mass media di attualità di carattere pubblico e periodico.

Editori e produttori riconoscono i doveri loro derivanti da tali disposizioni.

La “Dichiarazione” è un documento essenzialmente etico.

Le norme in essa contenute impegnano deontologicamente, ma, diversamente dalle norme giuridiche, non hanno forza esecutiva sul piano legale, anche se i termini usati riflettono talora un linguaggio di tipo giuridico.

In questo senso deve essere inteso il riconoscimento operato da Schweizer Presse/Presse Suisse/Stampa Svizzera o dalla SRG SSR.

Le Note protocollari che seguono precisano i limiti di questo riconoscimento.

Dalla “Dichiarazione” non possono essere dedotti pretese di diritto del lavoro e neppure un effetto diretto sui contratti individuali.

Le parti contraenti concordano nel ritenere che il conseguimento degli standard di qualità mediatica contenuti nella “Dichiarazione” presuppone condizioni di lavoro lealmente convenute e socialmente adeguate, una formazione iniziale e continua di alto livello e infrastrutture redazionali sufficienti.

Dalla “Dichiarazione dei Diritti” non è però lecito far derivare obbligazioni di tipo giuridico a questo riguardo.

Preambolo / 3. capoverso

“La responsabilità del giornalista verso il pubblico prevale su qualunque altra responsabilità, in particolare su quelle che lo legano ai datori di lavoro o agli organi statali”.

Il terzo cpv. del Preambolo sottolinea la priorità ideale della “responsabilità del giornalista nei confronti della sfera pubblica”.

Questa affermazione è parallela alle norme sulla comunicazione contenute nella Costituzione Federale. Essa non incide tuttavia sulle strutture di competenza all’interno dell’organizzazione del lavoro, né prevale sulla giurisprudenza relativa a tale contesto, con una riserva tuttavia per i casi di resistenza motivata da ragioni di coscienza,che comportino l’accettazione delle conseguenze giudiziarie relative.

“Dichiarazione dei doveri” / cifra 11

(Il giornalista) accetta direttive giornalistiche solo dai responsabili delegati della propria redazione, purché non siano in contrasto con la presente Dichiarazione.

Nel rispetto della linea del giornale, le redazioni decidono autonomamente sui contenuti della parte redazionale. Fanno eccezione le comunicazioni commerciali firmate dal direttore o dal produttore.

Singole disposizioni redazionali da parte dell’editore o del produttore sono illecite. Se l’editore o il produttore appartengono alla redazione, saranno considerati come giornalisti e saranno perciò soggetti alla “Dichiarazione”.

La libertà della redazione e la separazione rispetto agli interessi commerciali dell’impresa devono essere assicurate da un regolamento in cui si precisano le rispettive competenze.

“Dichiarazione dei doveri” / ultimo capoverso

“Il giornalista degno di questo nome considera suo dovere rispettare fedelmente le regole fondamentali descritte nella Dichiarazione dei doveri. Inoltre, nella sua attività professionale, pur rispettando le leggi di ogni Paese, accetta unicamente il giudizio di altri giornalisti, tramite il Consiglio della Stampa o un altro organo legittimato a pronunciarsi su questioni di etica professionale. In questo campo non ammette nessuna ingerenza da parte dello Stato o di altre organizzazioni”.

Quest’ultimo capoverso della “Dichiarazione dei doveri” sarà spostato alla fine del Preambolo. L’etica professionale non pone il giornalista al di sopra delle leggi, né lo sottrae agli interventi di tribunali o di autorità democraticamente e giuridicamente legittimati.

“Dichiarazione dei diritti” / lettera c (cambiamento della linea editoriale)

“Diritto [del giornalista] di rifiutare ogni direttiva o ingerenza che contravvengano alla linea editoriale dell’organo d’informazione per il quale lavora. Tale linea editoriale deve venirgli comunicata per iscritto prima dell’assunzione. La modifica unilaterale o la revoca della linea editoriale sono illecite e costituiscono violazione del contratto”.

Le parti raccomandano che la linea editoriale dell’impresa sia fissata per iscritto, in quanto rappresenta una base essenziale per l’attività delle redazione.

La modifica della linea è permessa, ma può vanificare una condizione importante per lo svolgimento del lavoro redazionale (clausola di coscienza). Un accordo deve essere trovato tra i partner sociali, l’impresa e/o i firmatari dei contratti individuali.

“Dichiarazione dei diritti” / lettera d (diritti di partecipazione)

Diritto di conoscere [da parte del giornalista] i rapporti di proprietà del suo datore di lavoro. In quanto membro di una redazione, deve venire informato e consultato per tempo prima di ogni decisione importante che abbia influenza sull’andamento dell’impresa. I membri di una redazione devono in particolare venire consultati prima di ogni decisione definitiva che abbia conseguenze sulla composizione o sull’organizzazione della redazione stessa.

Allo scopo di rendere eticamente trasparenti i rapporti di proprietà, le parti raccomandano alla imprese mediatiche di informarne i propri collaboratori, sia al momento dell’assunzione sia informandoli successivamente sui cambiamenti importanti, soprattutto circa le modifiche della struttura proprietaria.

Le parti ribadiscono il principio della consultazione prima delle decisioni importanti in seno all’impresa, secondo gli articolo 330b CO, 333g CO e l’articolo 10 della legge sulla partecipazione. Il diritto della redazione a esprimersi è particolarmente indicato nei casi in cui le decisioni hanno effetti diretti sui dipendenti.

“Dichiarazione dei diritti” / lettera f (contratto collettivo)

Diritto [del giornalista] a condizioni di lavoro chiaramente definite in un contratto collettivo. Nel contratto collettivo deve essere stabilito che nessun pregiudizio può derivare al giornalista dalle attività che svolge per le organizzazioni professionali.

Le parti riconoscono il principio del partenariato sociale, nel senso che il negoziato non sia solo individuale. Gli editori e la SRG SSR rispettano la libertà di associazione e il diritto alla contrattazione collettiva.

I giornalisti non possono rivendicare un contratto collettivo di lavoro presentando un reclamo al Consiglio della Stampa. Hanno invece la possibilità di appellarsi al Consiglio della Stampa se le condizioni di lavoro li inducono direttamente a commettere mancanze di tipo etico.

Direttiva 1.1 – Il rispetto della verità

La ricerca della verità è alla base dell’informazione. Concerne l’esame accurato dei dati accessibili e disponibili, il rispetto dell’integrità dei documenti (testi, suoni, immagini), la verifica e la rettifica degli errori. Questi aspetti sono considerati di seguito, alle cifre 3, 4 e 5 della “Dichiarazione”.

Direttiva 2.1 – La libertà dell’informazione

La libertà dell’informazione è la condizione più importante della ricerca della verità. È compito d’ogni giornalista difendere questo principio, individualmente e collettivamente. La protezione di questa libertà è tutelata dalle cifre 6, 8, 10 e 11 della “Dichiarazione”.

Direttiva 2.2 – Il pluralismo delle opinioni

Il pluralismo delle opinioni contribuisce alla difesa della libertà dell’informazione. Garantire il pluralismo è necessario in presenza di situazioni di monopolio mediatico.

Direttiva 2.3 – Distinzione tra fatti e commenti

Il giornalista deve mettere il pubblico nella condizione di distinguere il fatto dalla valutazione o dal commento del fatto medesimo.

Direttiva 2.4 – Funzioni pubbliche

L’esercizio della professione giornalistica non è di regola compatibile con l’assunzione di pubbliche funzioni. Tale incompatibilità non è però assoluta: circostanze particolari possono giustificare un impegno politico del giornalista. In tal caso i due ambiti dovranno essere tenuti distinti e il pubblico deve esserne informato. I conflitti d’interesse nuocciono alla reputazione degli organi d’informazione e alla dignità della professione. La regola si estende per analogia agli impegni privati che direttamente o indirettamente interferiscono con l’esercizio della professione giornalistica.

Direttiva 2.5 – Contratti d’esclusiva

I contratti d’esclusiva con un informatore non devono riguardare situazioni o avvenimenti di importanza saliente per l’informazione del pubblico o la formazione della pubblica opinione. Quando determinano la formazione di situazioni di monopolio, tali da precludere ad altri organi l’accesso all’informazione, sono di danno alla libertà di stampa.

Direttiva 3.1 – Le fonti dell’informazione

Il primo dovere del giornalista consiste nell’accertarsi della provenienza di un’informazione e nel controllarne la veridicità. La menzione della fonte è normalmente auspicabile, nell’interesse del pubblico. La menzione è indispensabile quando è necessaria alla comprensione della notizia, eccettuato il caso in cui è dato un interesse predominante a mantenerla riservata.

Direttiva 3.2 – Comunicati

Le comunicazioni emananti dalle autorità, dai partiti politici, dalle associazioni, dalle aziende o da altri gruppi d’interesse devono essere chiaramente indicate come tali.

Direttiva 3.3 – Documenti d’archivio

I documenti di archivio vanno contraddistinti esplicitamente, se occorre con l’indicazione della data della prima pubblicazione. Va anche valutato se la persona indicata si trovi sempre nella stessa situazione e se il suo consenso valga anche per la nuova pubblicazione.

Direttiva 3.4 – Illustrazioni

Il pubblico deve poter distinguere le illustrazioni o sequenze filmate con valore simbolico, che cioè mostrano persone o situazioni senza rapporto diretto con i temi, le persone o il contesto di un’ informazione specifica. Come tali devono essere contrassegnate e chiaramente distinguibili dalle immagini che documentano direttamente una situazione oggetto del servizio.

Direttiva 3.5 – Sequenze di finzione e ricostruzioni

Le immagini o le sequenze televisive, in cui attori interpretano la parte di persone reali di cui si dà notizia, devono essere chiaramente indicate come tali.

Direttiva 3.6 – Montaggi

Montaggi di fotografie o di immagini si giustificano nella misura in cui servono per spiegare un fatto, illustrare un’ipotesi, mantenere la distanza critica, oppure se contengono elementi di satira. In ogni caso devono essere segnalati come tali, per evitare qualsiasi rischio di confusione.

Direttiva 3.7 – Sondaggi

Comunicando al pubblico i risultati di un sondaggio, gli organi d’informazione devono mettere il pubblico in condizione di valutarne la portata. Come minimo va precisato il numero delle persone interrogate, la loro rappresentatività, il margine d’errore, la data del sondaggio e chi lo ha promosso. Dal testo deve risaltare che tipo di domande è stato posto. Un embargo alla pubblicazione di sondaggi d’opinione prima di elezioni o votazioni popolari non è compatibile con la libertà d’informazione.

Direttiva 3.8 – Diritto di essere ascoltati in caso di gravi addebiti *

In base al principio di equità, conoscere i diversi punti di vista degli attori implicati è parte integrante della professione di giornalista. Se le accuse mosse sono gravi, i giornalisti hanno il dovere, conformemente al principio “audiatur et altera pars”, di dare agli interessati la possibilità di pronunciarsi. Le accuse sono considerate gravi se descrivono comportamenti profondamente scorretti o possono altrimenti danneggiare in modo serio la reputazione di qualcuno.

Le persone oggetto di gravi accuse devono essere informate in modo dettagliato delle critiche nei loro confronti destinate alla pubblicazione; devono inoltre disporre di un periodo di tempo adeguato, per poter prendere posizione.

In termini quantitativi, a questa presa di posizione non deve necessariamente venir concesso lo stesso spazio dato alle critiche che la riguardano. Tuttavia, essa deve venir riportata in modo equo all’interno dell’articolo. Se le parti interessate non desiderano prendere posizione, ciò va indicato nel testo.

Direttiva 3.9 – Ascolto; Eccezioni *

Eccezionalmente, l’ascolto della parte criticata si può omettere:

se gli addebiti gravi si basano su fonti ufficiali accessibili al pubblico (per esempio, sentenze giudiziarie).

se un addebito e la relativa presa di posizione sono già stati oggetto di pubblicazione. In questo caso, unitamente all’addebito va riportata anche la precedente presa di posizione.

se un interesse pubblico preponderante lo giustifica.

Direttiva 4.1 – Identità celata

È considerato sleale dissimulare la propria qualità di giornalista al fine di procurarsi informazioni, fotografie, documenti sonori, visivi o scritti, che si intende divulgare.

Direttiva 4.2 – Ricerche discrete

Ricerche discrete sono ammesse, in deroga alla Direttiva 4.1, quando la pubblicazione o la diffusione dei dati raccolti rivesta un interesse pubblico preponderante e non vi sia altro modo per ottenerli. Sono inoltre ammesse – sempre che esista un interesse pubblico preponderante – quando le riprese possono mettere in pericolo il giornalista o falsare totalmente il comportamento delle persone riprese. Particolare attenzione deve essere usata per proteggere la personalità di individui venutisi a trovare casualmente sulla scena dell’avvenimento. Il giornalista ha comunque diritto all’obiezione di coscienza quando gli venga chiesto, in questi casi eccezionali, di ricorrere a metodi sleali per procurarsi l’informazione.

Direttiva 4.3 – Informatori pagati

Pagare un informatore esula dalle regole della professione e non è, di regola, ammissibile, in quanto rischia di distorcere il contenuto e non solo la libera circolazione delle informazioni. L’eccezione è data in caso di interesse pubblico preponderante. Non è ammesso l’acquisto di informazioni o immagini da persone coinvolte in procedimenti giudiziari. Fa ancora eccezione il caso di interesse pubblico predominante, e nella misura in cui l’informazione non possa essere altrimenti ottenibile.

Direttiva 4.4 – L’embargo

L’embargo (che consiste in un temporaneo divieto di pubblicazione di una notizia o di un documento) dev’essere rispettato quando riguarda un’informazione a venire (per esempio un discorso non ancora pronunciato) o sia inteso a proteggere legittimi interessi da una pubblicazione prematura. Non sono ammessi divieti temporanei di pubblicazione a fini pubblicitari. Quando una redazione consideri ingiustificato l’embargo, essa è tenuta a informare il richiedente della propria intenzione di pubblicare la notizia o il documento, in modo tale che egli possa riferirne agli altri organi d’informazione.

Direttiva 4.5 – L’intervista

L’intervista si basa su un accordo tra due parti, che ne determinano le regole. Se è soggetta a pre-condizioni (per esempio, il divieto di porre certe domande) il pubblico deve esserne informato all’atto della pubblicazione o della diffusione. Di massima, le interviste devono essere autorizzate. Senza l’esplicito accordo dell’intervistato i giornalisti non sono autorizzati a trasformare una conversazione in un’intervista.

Nell’autorizzare la pubblicazione l’intervistato non deve apportare modifiche sostanziali al testo registrato (per esempio, modificandone il senso, cancellando o aggiungendo domande); può tuttavia correggere errori evidenti. Anche ove l’intervista venga fortemente abbreviata, l’intervistato deve poter riconoscere, nel testo riassunto, le sue dichiarazioni. Se disaccordo sussiste, il giornalista ha il diritto di rinunciare alla pubblicazione oppure di dare trasparenza all’accaduto. Quando vi è accordo su un testo corretto non può esservi ritorno alle versioni precedenti.

Direttiva 4.6 – Colloqui informativi

Il giornalista deve informare il suo interlocutore su come intende utilizzare le informazioni raccolte durante un semplice colloquio informativo. Le cose dette durante il colloquio possono essere elaborate e abbreviate purché non se ne stravolga il senso. La persona intervistata deve sapere che può riservarsi di autorizzare il testo delle sue affermazioni che il giornalista prevede di pubblicare.

Direttiva 4.7 – Il plagio

Il plagio consiste nella pura e semplice riproduzione, senza indicazione della fonte, di una notizia, una precisazione, un commento, un’analisi, o di qualunque altra informazione pubblicata da un collega o da un altro organo d’informazione. Come tale è un atto sleale nei confronti dei colleghi.

Direttiva 5.1 – Il dovere della rettifica

La rettifica è un servizio reso alla verità. Il giornalista rettifica immediatamente e spontaneamente le informazioni errate da lui date. Il dovere di rettifica riguarda i fatti e non i giudizi espressi su fatti accertati.

Direttiva 5.2 – Lettere di lettori e commenti online

Le norme deontologiche valgono anche per le lettere dei lettori e i commenti online. Alla libertà di opinione va riconosciuto in questa rubrica il più ampio spazio. La redazione può intervenire solo in caso di evidenti violazioni della “Dichiarazione dei Doveri e dei Diritti del giornalista”.

Le lettere e i commenti online possono essere rielaborati e abbreviati quando in testa alla rubrica sia precisato il diritto della redazione di intervenire in tal senso. La trasparenza impone che questo diritto della redazione sia esplicitato. Non possono essere abbreviate lettere e commenti online di cui è stata richiesta la pubblicazione integrale: si pubblicano come tali o si rifiutano.

Direttiva 5.3 – La firma nelle lettere di lettori e nei commenti online

Per principio le lettere e i commenti online devono essere firmati. Possono essere pubblicati in forma anonima unicamente in casi eccezionali, per esempio per tutelare interessi degni di protezione (sfera privata, protezione delle fonti).

Nei fori di discussione basati su reazioni spontanee immediate, è possibile rinunciare all’identificazione dell’autore, se la redazione controlla preventivamente il commento e verifica che non contenga offese all’onore o commenti discriminatori.

Direttiva 6.1 – Segreto redazionale

Il dovere professionale di mantenere il segreto redazionale è più esteso del riconoscimento a non testimoniare in giudizio che la legge riconosce al giornalista. Il segreto redazionale protegge le fonti materiali (appunti, indirizzi, registrazioni sonore o visive) e protegge gli informatori, in quanto abbiano accettato di comunicare con il giornalista alla condizione che non fosse svelata la loro identità.

Direttiva 6.2 – Eccezioni

Indipendentemente dalle eccezioni che la legge prevede come restrizioni al suo diritto di non testimoniare, il giornalista è sempre tenuto a mettere a confronto il diritto del pubblico all’informazione ed eventuali altri interessi meritevoli di protezione. In quanto possibile la ponderazione deve avvenire prima, e non dopo, l’assunzione dell’impegno a rispettare il segreto sulla fonte. In casi estremi, il giornalista è dispensato dal rispettare anche questo impegno: in particolare quando venga a conoscenza di reati (o dell’imminenza di essi) particolarmente gravi, oppure di attentati alla sicurezza interna ed esterna dello Stato.

Direttiva 7.1 – Protezione della sfera privata

Ognuno, persone celebri comprese, ha diritto alla protezione della propria vita privata. Senza il consenso degli interessati al giornalista non è lecito effettuare riprese sonore o visive nell’ambito privato (ciò per rispetto del diritto alla propria parola e alla propria immagine). Nell’ambito privato è pure da evitare ogni disturbo, come l’infilarsi in casa, l’inseguimento, gli appostamenti, le molestie telefoniche.

È possibile fotografare o filmare in spazi pubblici persone che non abbiano dato il loro consenso solo se nell’immagine non saranno poste in speciale evidenza. In manifestazioni pubbliche e se è dato un interesse pubblico è invece consentito riferire con immagini e suono.

Direttiva 7.2 – Identificazione

Il giornalista mette sempre a confronto il diritto del pubblico all’informazione e il diritto delle persone alla protezione della loro sfera privata. La menzione dei nomi e/o l’identificazione della persona è lecita:

  • se, in rapporto all’oggetto del servizio, la persona appare in pubblico o acconsente in altro modo alla pubblicazione;
  • se la persona è comunemente nota all’opinione pubblica e il servizio si riferisce a tale sua condizione;
  • se riveste una carica politica oppure una funzione dirigente nello Stato o nella società, e il servizio si riferisce a tale sua condizione;
  • se la menzione del nome è necessaria per evitare un equivoco pregiudizievole a terzi;
  • se la menzione del nome o l’identificazione è in altro modo giustificata da un interesse pubblico prevalente.
  • Se l’interesse alla protezione della sfera privata delle persone prevale sull’interesse del pubblico all’identificazione, il giornalista rinuncia alla pubblicazione dei nomi e di altre indicazioni che la consentano a estranei o a persone non appartenenti alla famiglia o al loro ambiente sociale o professionale, e ne verrebbero pertanto informati solo dai media.

Direttiva 7.3 – Bambini

I bambini, anche quelli di persone celebri o altrimenti al centro dell’attenzione dei media, vanno protetti in modo speciale. Si esige il massimo ritegno nelle ricerche e nei servizi relativi ad atti violenti che coinvolgano bambini (sia come vittime, sia come autori o testimoni).

Direttiva 7.4 – Cronaca giudiziaria, presunzione di innocenza e risocializzazione

Nella cronaca giudiziaria, il giornalista usa particolare prudenza nella menzione dei nomi e nell’identificazione delle persone. Tiene conto della presunzione di innocenza e, in caso di condanna, rispetta i congiunti del condannato e tiene conto delle sue possibilità di risocializzazione.

Direttiva 7.5 – Diritto all’oblio

Esiste un diritto del condannato all’oblio. Tale diritto vale a maggior ragione in caso di abbandono del procedimento e di assoluzione. Il diritto all’oblio non è però assoluto: il giornalista può adeguatamente riferire di procedimenti precedenti se un interesse pubblico prevalente lo giustifica, per esempio nel caso in cui vi sia un rapporto tra il comportamento passato della persona e i fatti cui il servizio si riferisce.

“Il diritto all’oblio” vale anche per i media online e per gli archivi digitali. Su richiesta motivata, le redazioni devono verificare se si impone una successiva anonimizzazione o un’attualizzazione del dato esistente nell’archivio elettronico. In caso di correzione le redazioni devono fare un’annotazione supplementare, la versione antecedente non può essere semplicemente sostituita. Richieste di cancellazione devono essere respinte. Inoltre i giornalisti sono tenuti a verificare le fonti reperite su internet e negli archivi in modo particolarmente critico.

Direttiva 7.6 – Non luogo, abbandono e assoluzione

L’ampiezza e il rilievo di cronache relativi a non luoghi a procedere, abbandoni o assoluzioni deve essere in rapporto adeguato con le cronache precedenti.

Direttiva 7.7 – Reati sessuali

In caso di reati relativi alla sfera sessuale, il giornalista tiene conto in particolare dell’interesse della vittima e non fornisce elementi che ne permettano l’identificazione.

Direttiva 7.8 – Situazioni di emergenza, malattie, guerre e conflitti

Il giornalista usa il massimo ritegno nel riferire su persone in situazioni di stress, sotto choc o in lutto. Lo stesso ritegno va usato verso le famiglie e i parenti. Per effettuare ricerche sul luogo, in ospedale o in istituzioni analoghe deve essere richiesto il consenso dei responsabili. Le immagini di guerre, conflitti, atti di terrorismo e di altre emergenze possono avere dignità di documento storico. Va tuttavia sempre tenuto conto di un reale interesse pubblico alla pubblicazione, da porre a confronto con altri interessi legittimi, per esempio:

  • il rischio di offendere la sfera privata delle persone ritratte o la sensibilità di chi le vede;
  • il rispetto della pace dei defunti ritratti.

Riservati i casi di interesse pubblico, il giornalista fa uso di immagini in cui un defunto sia posto in risalto solo se i parenti danno il loro consenso esplicito. La regola vale anche se tali immagini sono diffuse in occasione dei funerali o rese pubbliche in occasione di una commemorazione.

Direttiva 7.9 – Suicidi

Di fronte a un suicidio, il giornalista usa il massimo ritegno. Si può riferire:

  • se l’atto ha destato una particolare emozione nel pubblico;
  • se a togliersi la vita è una persona pubblica. In caso di persone meno conosciute, il suicidio dev’essere perlomeno in rapporto con la loro funzione pubblica;
  • se la vittima o i suoi parenti si sono spontaneamente esposti all’opinione pubblica;
  • se il gesto è in relazione ad un reato comunicato dalla polizia;
  • se l’atto aveva carattere dimostrativo o intendeva sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema irrisolto;
  • se ha dato luogo a una discussione pubblica;
  • se la notizia permette di rettificare voci o accuse in circolazione.

In ogni caso, il servizio deve limitarsi alle informazioni necessarie alla comprensione del fatto, escludendo particolari inerenti alla sfera intima o tali da indurre al disprezzo della persona. Per prevenire il pericolo di emulazione, il giornalista non dà indicazioni precise circa il modo con cui la persona si è tolta la vita.

Direttiva 8.1 – Rispetto della dignità

L’informazione non può prescindere dal rispetto della dignità delle persone. Tale dignità dev’essere di continuo posta a confronto con il diritto all’informazione. Anche il pubblico ha diritto al rispetto della propria dignità, e non solo le persone oggetto dell’informazione.

Direttiva 8.2 – Non discriminazione

La menzione dell’appartenenza etnica o nazionale, dell’origine, della religione, dell’orientamento sessuale, oppure del colore della pelle, può avere un effetto discriminatorio, soprattutto quando generalizza giudizi di valore negativi e di conseguenza rafforza determinati pregiudizi contro le minoranze. Il giornalista sarà perciò attento al rischio di discriminazione contenuto nella notizia e ne misura la proporzionalità.

Direttiva 8.3 – Protezione delle vittime

Nel riferire su fatti drammatici o di violenza, il giornalista deve mettere a confronto accuratamente il diritto del pubblico all’informazione e gli interessi della vittima e delle persone coinvolte. Il giornalista deve evitare di dare al fatto un rilievo sensazionale, in cui la persona è ridotta a oggetto. Ciò vale soprattutto quando sono in causa morenti, sofferenti, oppure cadaveri, e quando la descrizione e le immagini, per l’abbondanza dei particolari, la durata o la dimensione delle riprese, superano il limite della necessaria e legittima informazione del pubblico.

Direttiva 8.4 – Immagini di guerra o di conflitti

La diffusione di fotografie o di filmati di guerre e di conflitti deve inoltre tenere conto dei seguenti elementi di riflessione:

  • le persone ritratte sono identificabili in quanto individui?
  • la pubblicazione offende la loro dignità di persone?
  • se il fatto è di rilievo storico, non esiste altro modo per documentarlo?

Direttiva 8.5 – Immagini di incidenti, catastrofi, reati

La diffusione di fotografie o di riprese di incidenti, catastrofi o reati deve rispettare la dignità umana, tenendo conto anche della situazione dei parenti o dei congiunti. Ciò vale specialmente nell’informazione regionale o locale.

Direttiva 9.1 – L’indipendenza del giornalista

La libertà di stampa richiede l’indipendenza dei giornalisti. Questo obiettivo richiede un impegno costante. Inviti personali e regali devono rispettare il senso della misura. Ciò vale sia per le relazioni professionali sia per quelle extra-professionali. La ricerca e la pubblicazione di informazioni non dev’essere condizionata dall’accettazione di inviti o regali.

Direttiva 9.2 – Legami d’interesse

Il giornalismo economico e finanziario è particolarmente esposto all’offerta di vantaggi o dell’accesso a informazioni privilegiate. Il giornalista non può utilizzare a proprio vantaggio (o farne godere a terzi) anticipazioni ricevute in funzione della sua professione. Quando abbia interessi (personali, o famigliari) in società o titoli in potenziale conflitto con la sua indipendenza, deve rinunciare a scriverne. Nemmeno deve accettare vantaggi in cambio di prestazioni professionali, anche se l’obiettivo del vantaggio offerto non è un trattamento compiacente.

Direttiva 10.1 – Separazione tra parte redazionale e pubblicità

Una netta separazione tra la parte redazionale, rispettivamente il programma e la pubblicità, ivi inclusi i contenuti pagati o messi a disposizione da terzi, è necessaria per la credibilità dei mass media. Inserzioni, emissioni pubblicitarie e i contenuti pagati o messi a disposizione da terzi, devono formalmente essere chiaramente distinguibili dalla parte redazionale. Se visivamente o acusticamente non sono nettamente riconoscibili come tali, devono essere esplicitamente designati come pubblicità. Al giornalista non è consentito violare questa distinzione prestandosi a inserire pubblicità parassitaria nei servizi redazionali.

Direttiva 10.2 – Sponsoring, viaggi stampa, forme miste di redazione/pubblicità

Se un servizio redazionale è sponsorizzato, il nome dello sponsor deve essere indicato e la libera scelta dei temi e della loro elaborazione da parte della redazione garantita. In caso di viaggi stampa deve essere indicato chi se ne assume le spese. Anche in questo caso la libertà redazionale deve essere garantita.

Non sono ammesse prestazioni redazionali (per esempio, servizi che “accompagnano” un’inserzione pubblicitaria) come “contropartita” di inserzioni o emissioni pubblicitarie.

Direttiva 10.3 – Servizi di costume o di consulenza; presentazione di marche e prodotti

La libertà redazionale nella scelta dei temi vale anche per le rubriche di costume o di consulenza dei consumatori. Le norme deontologiche si applicano anche alla presentazione di beni di consumo.

La presentazione acritica o fortemente elogiativa di beni di consumo, la menzione più frequente del necessario di prodotti o servizi e la semplice riproduzione di slogan pubblicitari nella parte redazionale pregiudicano la credibilità dei media e dei giornalisti.

Direttiva 10.4 – Pubbliche Relazioni

Il giornalista non redige testi vincolati a interessi (pubblicità o relazioni pubbliche) che possano compromettere la sua indipendenza. Particolarmente delicata la situazione quando si toccano tematiche di cui egli si occupa professionalmente. Non privilegia nel riferire gli avvenimenti dei quali il suo editore è sponsor o media partner.

Direttiva 10.5 – Boicottaggi

Il giornalista difende la libertà di informazione in caso di effettivo o potenziale pregiudizio da parte di interessi privati, segnatamente in caso di boicottaggio o minaccia di boicottaggio della pubblicità. Pressioni o azioni di questo tipo devono, di principio, essere resi pubblici.

Direttiva a.1 – Indiscrezioni

È consentito ai media diffondere notizie basate su indiscrezioni a condizione che:

  • la fonte dell’informatore sia conosciuta dal giornale o altro media;
  • il contenuto sia di interesse pubblico;
  • con la pubblicazione non vengano toccati interessi di estrema importanza, quali diritti degni di protezione, segreti, eccetera;
  • non esistono motivi preponderanti per differire la pubblicazione;
  • l’indiscrezione sia stata rilasciata liberamente e di proposito.

Direttiva a.2 – Imprese private

Il fatto che un’azienda sia privata non la esclude dalla ricerca giornalistica, se la sua importanza economica o sociale è significativa per una determinata regione.

Queste Direttive sono state adottate dal Consiglio Svizzero della Stampa nella seduta costitutiva del 18 febbraio 2000 e rivedute dallo stesso Consiglio il 9 novembre 2001, il 28 febbraio 2003, il 7 luglio 2005, il 16 settembre 2006, il 24 agosto 2007, il 3 settembre 2008, il 2 settembre 2009, il primo settembre 2010, il primo luglio 2011 (adattamento della traduzione del testo italiano), il 27 settembre 2012, il 19 settembre 2013, il 25 settembre 2014 d il 18 maggio 2017 (entrata in vigore il primo luglio 2017).

La Direttiva riveduta (3.8) o leggermente adattata (3.9), evidenziate dell’asterisco, entrano in vigore il primo maggio 2023