Chiedetevi se ciò che pubblicate sui vostri siti web, serve.

Ma il vostro sito web, ai vostri clienti, serve o non serve. Come avere successo online. Non ci sono trucchi o segreti ma solamente empatia.

Una delle domande fondamentali che una azienda, un responsabile di marketing o un webmaster o chi per lui dovrebbe porsi quando progetta o redige i contenuti di un sito web è: ma questo, all’utente, serve?

Ebbene sì. Si pensa, con una certa dose anche di arroganza, di conoscere i propri clienti più di tutti gli altri e quindi di sapere esattamente come soddisfare le loro esigenze, di sapere cosa cercano, cosa vogliono, che cosa serve e soprattutto, perché dovrebbero leggere quello che viene pubblicato.

Niente di tutto ciò è vero. Dati alla mano, dopo la pubblicazione e dopo mesi di analisi con Google Analytics, Google Tag Manager e la Google Console, nonché quando possibile, le analisi sui profili social, si evince che non si è capito proprio niente. Dico sempre che il sito web non è una scatola dove mettere tutto dentro secondo un ordine più o meno precostituito ma è un luogo (sito=luogo) dove avvengono o meglio dove dovrebbero avvenire relazioni, la cosiddetta lead generation. Non è perché mettiamo online tutti i pdf dei prodotti in modalità scaricabile che noi costruiamo delle relazioni con il pubblico che ci guarda. E peggio ancora, non è scritto da nessuna parte che siccome siamo in prima pagina con una keyword interessante che genera molte visite, queste si trasformino di punto in banco in contatti e poi ordini. Eh no! Falso!

Cerchiamo invece di capire, fino in fondo, se quello che stiamo pubblicando è davvero utile al visitatore e anche a noi. Cerchiamo di capire quali sono le relazioni possibili sulla base di ciò che pubblichiamo. E’ un vero gioco delle parti dove emozioni, bisogni, curiosità sono gli elementi principali su cui si basa la nostra capacità relazionale. E’ qui che ci giochiamo il successo.

Per esempio, molti pensano, anche colleghi miei, che una sezione dedicata alle news possa essere un modo interessante e semplice (mica poi tanto) di aumentare il numero di visitatori al nostro sito, salvo poi aumentare anche il coefficiente di rimbalzo ma questa è un’altra storia. E allora giù con articoli dedicati al nuovo prodotto appena messo in commercio, lo stand alla fiera tal dei tali, gli auguri di Natale o di Pasqua, le ultime collezioni primavera/estate e così via. Sì, qualche visita in più arriva, magari anche più di qualcuna ma alla fine, lo sforzo profuso per la pubblicazione in termini di ore lavorative non ricalcano per nulla le entrate economiche che spesso stanno a zero, la cosiddetta redemption, il rapporto investimento/risultato

Perché? Perché semplicemente non ci si è posti la fatidica domanda: Serve? E a che cosa serve? E soprattutto a chi?

Prendiamo il tipico post o articolo che si pubblica: Siamo alla Fiera del Cersaie in data tot stand tot … Embeh? E chissene? Poche visite al post, nessuno che telefona per in formazioni. Classico.

Ma la cosa difficile da capire per molti clienti è che il sito web non deve essere la naturale emanazione della confusione mentale che regna all’interno dell’azienda ma deve essere una interfaccia per agevolare, soddisfare e favorire relazioni. E le relazioni si favoriscono con il dialogo certamente, ove possibile ma soprattutto rispondendo a domande concrete, serie e a esigenze che i clienti hanno o potrebbero avere. Cioè occorre rispondere alla domanda: serve? Sì serve! E come dovrebbe servire? A cosa dovrebbe servire? Perché dovrebbe servire e soprattutto, A CHI DOVREBBE SERVIRE ciò che pubblichi.

Occorre essere prima di tutto onesti con sé stessi e pensare con umiltà che non siamo noi il centro degli interessi dei nostri potenziali clienti, che siamo noi che dobbiamo andare VERSO i nostri clienti come dice sempre il caro Mauro Lupi, che siamo noi che dobbiamo aprirci agli altri, che siamo noi che abbiamo bisogno degli altri per campare, non il contrario. Aziende come Coca-Cola, Sony, HP, P&G sono le prime che insegnano come il Brand sia un valore instabile che dipende dalla nostra capacità di rispondere a esigenze che non sono le nostre. Se non impariamo questo semplice ma complesso giochetto delle parti, non avremo mai il completo controllo di quello che succede “a casa nostra” sul web ma saremo sempre in balia del guru di turno che ha la bacchetta magica salvo fallire poi miseramente davanti ai fatti.

Non esiste, in ultima analisi una scaletta delle cose da fare, non esiste un metodo che possa essere insegnato. Esiste però una coscienza. Occorre essere coscienti di ciò che si fa, di ciò che si pubblica e rispondere alle domande che i nostri interlocutori online ci pongono sempre, ogni volta che aprono una nostra pagina: “Ma questa roba a che mi serve?”