Senza reali innovazioni il settore biomedicale rischia il declino
I 350 esuberi di Mozarc-Bellco a Mirandola denunciano l’arenarsi di un progetto cui si può resistere soltanto con un duro lavoro “per i pazienti”
Mozarc-Bellco cesserà la produzione nello storico stabilimento di Mirandola, nel cuore del distretto biomedicale più importante d’Europa, il terzo al mondo dopo gli analoghi conglomerati industriali di Minneapolis e di Los Angeles, negli Stati Uniti d’America.
La notizia è stata resa nota il 12 giugno 2024, esattamente sette anni dopo la morte del dottor Mario Veronesi, l’imprenditore locale che fondò l’azienda assieme ad una “bella compagnia” (da cui il nome in acronimo “Bellco”) di collaboratori e di soci.
Che cosa sta succedendo?
L’innovazione chiave del distretto biomedicale di Mirandola
Una triste (e davvero inelegante?) coincidenza…
Non si conoscono le ragioni che hanno portato i nuovi proprietari a decidere la chiusura della produzione mantenendo, per il momento, la sola ricerca e sviluppo nello stabilimento di Mirandola, nel cuore di un’area da oltre sessant’anni votata a questo tipo di attività e che prende il nome proprio dalla cittadina emiliana.
Evidentemente, è venuta meno la convenienza a continuare.
Dispiace la coincidenza di date con la scomparsa di Mario Veronesi (“Il Dottore”), avvenuta nello stesso giorno nel 2017, che a quell’azienda era rimasto particolarmente legato, anche dopo averla venduta ad altri.
A questo proposito nella mente di chi scrive riaffiora un ricordo personale.
Quando Medtronic acquistò l’impresa, agli inizi del 2016, fu proprio il fondatore a dirci: “Finalmente sono riuscito a mettere a posto anche la Bellco”, parlandone come se si fosse trattato di una persona di famiglia.
Quel “sono riuscito” lasciava intendere che “Il Dottore” avesse avuto un ruolo nell’operazione, tuttavia non riuscimmo a fargli dire nulla di più. Era riservato, come sempre.
Ora la preoccupazione maggiore è quella di capire se si tratta di un episodio isolato oppure se siamo soltanto agli inizi di un periodo di disimpegno delle multinazionali dal settore.
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La Ricerca & Sviluppo non ha generato innovazione
Sicuramente Medtronic acquistò Bellco, tra l’altro pagandola molto cara, perché aveva un progetto importante. Che fine ha fatto quell’iniziativa, le idee alla base del progetto?
Nel 2022, durante i festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario dell’azienda, già circolava la notizia della prossima fusione con partner statunitensi, che poi si concluse con la nascita di Mozarc, e questo era già il segnale di un possibile cambiamento di rotta.
Era una scelta che lasciava intendere che quel primo progetto, dopo sei anni di lavoro, era in difficoltà.
Adesso l’azienda del Minnesota comunica la cessazione della produzione, ma il mantenimento del settore Ricerca e Sviluppo.
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In pratica ci stanno dicendo due cose.
I tempi per avviare la produzione di quello su cui stanno lavorando sono talmente lunghi da non consentire loro di tenere aperto lo stabilimento.
Se e quando saranno pronti, la produzione difficilmente verrà fatta nel sito e nella fabbrica di via Camurana a Mirandola, sostanzialmente ferma da troppo tempo.
In sintesi sono stati otto anni di Ricerca e Sviluppo che non hanno prodotto nessuna apprezzabile innovazione di prodotto utile al mercato.
È un fallimento che avrà ricadute pesantissime sul personale e sul territorio.
Stiamo parlando di 350 esuberi su meno di 5.000 occupati complessivi del Distretto Biomedicale Mirandolese. Troppi per essere riassorbiti in fretta e in maniera indolore.
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L’ambito della dialisi e le peculiarità da considerare
Ma se una multinazionale come Mozarc getta la spugna dopo otto anni di investimenti, che cosa sta succedendo nelle altre aziende biomedicali che si occupano di dialisi?
Gli addetti ai lavori da tempo segnalano che la progressiva riduzione dei margini degli ultimi anni ha portato alla parallela e progressiva riduzione anche degli investimenti, con il risultato che le macchine da dialisi sono sostanzialmente le stesse di quindici anni or sono, pur se con qualche ritocco.
Eppure il settore non è di poco conto.
Il 70 per cento dei trattamenti di dialisi fatti in Italia utilizza dispositivi prodotti nel Distretto Biomedicale Mirandolese (fonte: Baxter, Medolla, 2016) e, dopo il sisma del 2012, le multinazionali ricostruirono ed ampliarono gli stabilimenti contando sull’impegno delle istituzioni a realizzare, finalmente, infrastrutture adeguate come la tanto attesa Autostrada Cispadana.
A distanza di dodici anni, ancora non si sa quando inizieranno i lavori di questa importante arteria viaria, destinata a collegare il casello di Reggiolo-Rolo sull’A22 con l’analogo svincolo di Ferrara Sud dell’A13.
Aggiungiamo a questo scenario l’ulteriore incertezza provocata da provvedimenti assurdi come il famigerato “Payback” di cui abbiamo già scritto in passato, che, oggettivamente, è un potentissimo deterrente a produrre in Italia e per l’Italia.
Dal Payback una pugnalata alle spalle dell’innovazione biomedicale
Le prospettive? Anche nel Servizio Sanitario Nazionale
In questa situazione occorre essere realisti, sapendo che il tempo sprecato potrà essere recuperato solamente lavorando duro per molti anni.
Bisogna avere ben presente che la produzione italiana di dispositivi medici per la dialisi non riguarda soltanto il sistema produttivo, lavoratori ed aziende, ma è di importanza strategica per il Servizio Sanitario Nazionale e, quindi, per gli ammalati e i pazienti che di quei trattamenti hanno bisogno per continuare a vivere nel miglior modo possibile.
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