Hai un marketplace? Se non invii i dati dei venditori ora rischi la sanzione
Il rapporto tra venditore online e fisco sta diventando sempre più complesso e le maglie dell’Agenzia delle Entrate più stringenti.
L’ignoranza sul complesso sistema normativo che ormai regola i market place in Italia e in Europa può diventare estremamente pericolosa e controproducente. Il fisco vuole trasparenza e controllo sui flussi di incasso e il venditore è tenuto alla veridicità dimostrabile dei dati di vendita pena pesanti sanzioni amministrative.
Ci sono argomenti che, di facile comprensione, non lo sono mai. O quasi. Ad esempio, la vendita online. Non stiamo parlando dell’utente che acquista un capo d’abbigliamento, o qualsiasi altro bene (o servizio), sul web: stiamo parlando di chi un e-commerce lo possiede, al di là di quali siano le sue dimensioni.
Lo scorso maggio, l’entrata in vigore del D.L. 34/2019 ha stabilito nuove regole in merito. In particolare, si legge nell’articolo 13 “Vendita di beni tramite piattaforme digitali”: “Il soggetto passivo che facilita, tramite l’uso di un’interfaccia elettronica quale un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi analoghi, le vendite a distanza di beni importati o le vendite a distanza di beni all’interno dell’Unione Europea è tenuto a trasmettere entro il mese successivo a ciascun trimestre, secondo modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate” tutta una serie di dati per ciascun fornitore. Quali? La denominazione, la residenza o il domicilio, l’indirizzo di posta elettronica e il numero totale delle unità vendute in Italia.
Ma cosa significa, di preciso, tutto questo? Significa l’obbligo, per i soggetti passivi (e cioè per chi effettua cessioni di beni o servizi come impresa, nell’esercizio di arti o professioni o per importazione) che facilitano la vendita online di beni importati o di beni già all’interno dell’Unione Europea attraverso i marketplace, di comunicare i dati del fornitore che – attraverso quel loro marketplace – abbia effettuato almeno una vendita nel trimestre di riferimento. In sostanza, se si è titolari di un marketplace su cui più soggetti vendono i loro beni o servizi, si è tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate – tramite servizio Entratel o Fisconline – i dati richiesti per quei fornitori che abbiano effettuato, nel trimestre, anche una sola vendita. Bisognerà dunque segnarsi in calendario la data del 31 ottobre 2019, entro la quale si dovranno comunicare i dati riferiti alle vendite effettuate nel periodo 1° maggio – 30 settembre 2019. Se sul proprio marketplace si vendono però prodotti elettronici (telefoni cellulari, laptop, console da gioco, tablet e pc), la prima comunicazione deve essere relativa alle vendite effettuate tra il 13 febbraio e il 30 aprile 2019.
Ma cosa succederebbe, se non si dovesse assolvere a tale obbligo? È questa la parte clou del decreto: i soggetti passivi che non trasmetteranno (o che trasmetteranno in modo incompleto) questi dati, saranno considerati debitori d’imposta per le vendite a distanza “incriminate”. Questo, a meno che non dimostrino che l’imposta sia stata assolta dal fornitore o che non provino – in caso di dati incompleti – di aver adottato tutte le misure necessarie per entrare in possesso dei dati del fornitore che l’Agenzia delle Entrate richiede. Una nuova regola, questa, che va ad aggiungersi all’obbligo che le piattaforme di vendita online hanno di conservare per dieci anni la documentazione relativa alle vendite a distanza, ai fini di metterla a disposizione degli organi dell’Amministrazione Finanziaria.
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