Il Digital Markets Act EU riapre la partita sulle big tech (soprattutto per Apple)

Il Digital Markets Act EU riapre la partita sulle big tech (soprattutto per Apple)

Il Digital Markets Act EU è stato approvato, ma entrerà in pieno vigore solo nel 2023. Tempi duri per le big tech, soprattutto per Apple

iOS è un punto fermo nell’universo digitale in costante mutamento. Potrai anche essere una pippa al sugo con la tecnologia, ma datti un prodotto Apple e qualche giorno e sarai un campione dell’Internet. O comunque riuscirai a padroneggiare lo strumento senza aver bisogno di troppe conoscenze pregresse. Eccezion fatta per quel sultano africano (?) che vuole i dati della tua carta di credito per lasciarti la sua fortuna: è una truffa, davvero.

Ebbene, se questa cosa rimarrà probabilmente tale dopo il DMA, sappiate però che al tempo stesso iOS potrebbe però non essere mai più lo stesso.

Cos’è il Digital Markets Act?

La nuova legge europea sulla regolamentazione dei mercati digitali prende il nome di Digital Markets Act (DMA per semplicità) e il 5 luglio è stata approvata definitivamente, per entrare in vigore nel 2023.  In questa normativa vengono sancite alcune regole del mercato digitale che identificano i “gatekeeper”, ovvero tutte quelle aziende “custodi dei cancelli della concorrenza” che in pratica detengono un controllo tale sui mercati online da rendere impossibile la libertà di scelta degli utenti.

L’altro giorno leggevo un thriller americano in cui la protagonista, non un hacker ma piuttosto scafata con il computer, faceva una ricerca Internet usando Firefox (e ok), inserendo la query su Yahoo!. Non posso spiegarvi quanto la scelta di quel motore di ricerca in particolare abbia provocato in me una procedura istantanea di interruzione del patto di sospensione dell’incredulità. Google dal mio punto di vista è una soluzione infinitamente più credibile e spontanea a un problema risolvibile con una ricerca sul web. Product placement? Speriamo. Nel frattempo, però, questo argomento si lega piuttosto bene al concetto “veicolato” che abbiamo di determinati servizi digitali di base, come per esempio i motori di ricerca.

 

Tornando al DMA, secondo i parametri stabiliti dalla normativa Apple rientrerebbe nella definizione di “gatekeeper”, ovvero soggetto che limita l’accesso di competitors al mercato libero digitale. Ecco perché probabilmente la sua impostazione rigida, così friendly per i neofiti, non potrà essere più la stessa di una volta: iOS potrebbe infatti dover rinunciare alle regole scritte nella pietra che lo rendevano così user friendly. Niente più App Store blindato: via libera al side loading e alla possibilità di scaricare nuovi motori di ricerca dedicati al sistema operativo. Non solo: via libera anche a sistemi di pagamento alternativi e alla scelta di nuovi assistenti vocali.

Quando entra in vigore il Digital Markets Act?

Il DMA non è ancora in vigore, come sempre accade per queste normative rivoluzionarie. Lo sarà da settembre, ma sarà applicabile solo dopo 6 mesi da quel momento – il tempo necessario alle big tech di adeguarsi alla grande svolta.

La legge è nata proprio per evitare che un oligopolio di industrie piene di risorse governi e manipoli a suo piacere interi ecosistemi digitali, pesando così tanto sugli equilibri di mercato da non lasciare spazio a nuovi concorrenti meno abbienti. Ci riferiamo al cerchio magico delle FAANG (poi Facebook adesso si chiama Meta, e in generale Netflix ha visto tempi migliori, ma se conosci l’acronimo hai afferrato il senso): Apple, Alphabet (la holding di Google), Microsoft e Meta, ma anche Amazon.

Sì è vero, esistono già delle normative europee che provano a limitare lo strapotere delle big tech, tuttavia si tratta di indicazioni poco flessibili che non riescono a regolamentare un mercato così frizzante e in evoluzione. L’obiettivo è rivolgersi a:

  • Servizi di intermediazione online (gli app store, per capirci, rientrano in questa categoria)
  • Servizi di cloud computing
  • Assistenti virtuali
  • Browser web
  • Sistemi operativi
  • Sistemi di messaggistica indipendenti dal numero (Messenger, Telegram)
  • Servizi di condivisione video
  • Social network
  • Motori di ricerca

Se fai parte di una di queste categorie; se hai avuto un fatturato in Unione Europea uguale o superiore a 7,5 miliardi di euro negli ultimi tre esercizi; se la tua capitalizzazione di mercato è stata pari a 75 miliardi di euro nell’ultimo esercizio; se fornisci servizi uguali per tutti gli Stati membri, allora potresti essere un gatekeeper come lo hanno inteso i legislatori.

Cosa cambierà di fatto?

Via libera dunque a ipotesi di libero mercato come le App store di terze parti, con non poche perplessità sulla sicurezza dei dati personali degli utenti abituati a usare internet col pilota automatico di iOS e fare comunque danni, ma anche a motori di ricerca non nativi (questo vale soprattutto per iOS, dato che Android ti consente di scegliere quello che preferisci).

Un altro aspetto del DMA riguarda gli assistenti vocali che, in teoria, dovrebbero essere “interoperabili”. In pratica ci si aspetta che un utente Android possa scegliere Siri, mentre un operatore iOS possa decidere per l’assistente Google. Non proprio una svolta operativa facile da attuare e mettere in pratica, neanche per le big tech. Immaginiamo, però, le conseguenze: compatibilità e interoperabilità tra dispositivi che prima di oggi si davano solo del lei e si guardavano in cagnesco. Un’apertura senza precedenti di quelli che vengono considerati oggi “servizi digitali di base”, e che in realtà sono di proprietà di aziende private.

Di sicuro, però, una svolta che potrebbe rivelarsi cruciale per le realtà emergenti, le quali avranno più possibilità di inserirsi in un mercato dove è difficile diventare qualcuno.