Perché la dieta mediterranea non è quella che… conosciamo
Gli studi sul DNA hanno svelato che in 40mila anni gli esseri umani non sono in sostanza cambiati e abbisognano degli stessi alimenti di sempre
Oggi vogliamo parlarvi della dieta mediterranea. Stiamo ragionando di un complesso di abitudini alimentari che, oltre a far parte della cultura delle genti italiche, è anche diventata Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
La domanda che vi poniamo, però, è questa: conoscete realmente la vera dieta mediterranea?
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“The mediterranean diet” nell’immaginario collettivo e nei secoli
La vera dieta mediterranea è fatta da pesce, carne, uova, legumi, verdure e frutta di stagione.
I cereali come frumento, farro e orzo ne fanno parte perché sono sempre stati la base dell’alimentazione in tutta l’area del mar Mediterraneo.
Detto questo, però, è opportuno confrontare la dieta mediterranea odierna con quella dei nostri antenati.
La frutta non era consumata in grandi quantità come siamo abituati a fare oggi: questo perché non si conoscevano e non erano diffusi i metodi di conservazione e di produzione di oggi.
Il metodo di conservazione più usato era il sale, ma ovviamente questo non andava bene per la frutta.
Per fare le marmellate era necessario lo zucchero, che fino al secolo scorso non si trovava nelle case.
Il dolcificante più diffuso era infatti il miele, perché non era ancora conosciuta la tecnica dell’estrazione dello zucchero dalla barbabietola o dalla omonima canna.
Con la frutta che avanzava, tramite la fermentazione degli zuccheri si preparavano bevande alcoliche, come ad esempio il vino.
Cereali, legumi, pesce e carne, invece, venivano essiccati, permettendone un utilizzo più avanti nel tempo.
In passato erano molto utilizzati i semi oleosi, l’olio estratto da essi e l’olio di oliva.
I dolci venivano fatti con uva secca, datteri, fichi secchi e prugne secche: non di certo con conservanti, insaporitori, dolcificanti ipocalorici e zucchero.
Pomodoro, patate e cacao sono stati portati in Europa dalle Americhe da Cristoforo Colombo, dal momento che prima di allora non si conoscevano.
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Pane e pasta in età romana erano consumati una volta la settimana
Pasta e pane si sono sempre fatti e consumati, sin dai Romani, ma ciò che cambia, rispetto a oggi, è la frequenza.
Non erano alla base dell’alimentazione. Da quello che storicamente si conosce, venivano consumati molto di rado, circa una volta la settimana.
Il nutrimento quotidiano derivava da verdura, pesce, legumi. Saltuariamente si consumavano carne e cereali, e praticamente mai latte latticini e formaggi.
A tutto questo si aggiunge il metodo di produzione della pasta e del pane, che non coinvolgeva farine 00, ma al massimo chicchi di frumento macinati a pietra, che producevano una farina molto più grezza e ricca di crusca rispetto a quella che viene usata ai giorni nostri.
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Tanti condizionamenti dalla pubblicità, ma pochissima verità storica
Quando oggi si parla di dieta mediterranea si parla di queste abitudini alimentari, che non includono spaghetti, pasta e pane bianco, né tanto meno il pane integrale che possiamo acquistare oggi al supermercato.
Chi pensa che l’apporto di questi alimenti possa essere salutare e faccia parte della dieta mediterranea, vive inevitabilmente il condizionamento pubblicitario di chi questi prodotti li deve vendere.
I metodi di macinazione della farina moderni lasciano all’interno del prodotto soltanto glutine e amidi, che sono la parte meno buona del frumento.
La natura ci avrebbe offerto la soluzione a questo problema, creando un chicco di frumento naturalmente ricco di fibre, in grado di moderare l’assorbimento degli zuccheri e, quindi, il verificarsi di picchi glicemici deleteri per la salute.
Ma noi, ricercando prodotti sempre più “raffinati”, abbiamo tolto ciò che in natura era troppo “grezzo” per il nostro palato e abbiamo creato cibi che sono vere e proprie bombe di zuccheri e che hanno valori nutrizionali totalmente insensati.
Gli studi sul DNA hanno dimostrato come in 40 mila anni gli esseri umani non siano praticamente cambiati.
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Il nostro genoma si è modificato sì, ma meno dello 0,02 per cento
Il nostro genoma si è modificato meno dello 0,02 per cento.
In parole povere, la costituzione genetica dell’uomo paleolitico è praticamente identica a quella attuale.
Questo significa che le necessità sono rimaste le stesse e il corredo genetico umano è sempre strutturato per una vita in cui tutto il cibo consumato proviene dall’ambiente “naturale” circostante a dove viviamo.
La natura ha programmato ciò di cui il corpo ha bisogno migliaia di anni prima che si sviluppasse la civiltà umana e nascessero l’agricoltura e l’allevamento.
E anche queste tecniche, inizialmente, avevano lo scopo di rendere più facile la sopravvivenza e non di certo quello di rendere più scalabile e produttiva la distribuzione planetaria di un alimento confezionato.
Abbiamo un corpo e un genoma programmati per produrre il massimo dei risultati se alimentato in modo ottimale.
Se riforniamo un’auto a benzina con carburante Diesel non andremo da nessuna parte, perché staremo cercando di alimentare quel motore in modo errato.
La stessa cosa avviene con il nostro corpo.
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Quando l’industria alimentare dà al consumatore ciò che… desidera
Ma è possibile che tutta l’industria alimentare ci voglia danneggiare?
No, non è così ed è bene comprendere molto bene questo punto per evitare di vedere tutto come un grande complotto per farci del male.
Le produzioni di alimenti sempre più raffinati sono stati un processo graduale.
Le soluzioni che inizialmente sembrano buone soltanto con il tempo si dimostrano nocive, e non è sempre possibile prevedere che cosa succede quando si immette un nuovo alimento sul mercato.
Se siete nati negli Anni 60 70 probabilmente vi ricorderete il “Dolce Forno”, un gioco diffusissimo tra tutti i bambini, che però conteneva mercurio!
Soltanto dopo anni si è scoperto che il mercurio è potenzialmente nocivo e si sono ritirati tutti i “Dolce Forno” in circolazione.
Se confrontiamo i prodotti commerciali di oggi e quelli di qualche anno fa, noteremo sicuramente delle differenze.
Il problema è che l’industria alimentare, avendo come primo obiettivo quello di produrre un utile, offre al pubblico ciò che quest’ultimo richiede.
In un mercato in cui l’offerta segue la domanda, dobbiamo guardare alle nostre abitudini, che richiedono sempre di più cibi che hanno come caratteristica preponderante la “comodità” anziché la qualità.
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Altrimenti non si spiegherebbe la diffusione dei Fast Food e del “cibo spazzatura”.L’industria offre anche alternative sane, che spesso costano leggermente di più della media per il semplice fatto che sono meno diffuse.
Mangiare in maniera sana e efficiente per il proprio corpo non è né faticoso, né difficile.
A volte è sufficiente imparare a leggere la tabella degli ingredienti, e realizzare che gli amidi sono degli zuccheri, per comprendere come scegliere un prodotto “migliore” che magari fino a ieri neanche consideravamo…
Oltre a questo, è importante comprendere quali alimenti fanno bene al proprio corpo e quali, invece, lo infiammano e ci fanno sentire male.
Ognuno di noi, infatti, ha esigenze uniche e questo è sotto gli occhi di tutti ogni giorno: ci sono spesso alimenti che a qualcuno fanno bene e ad altri no.
Prima comprendiamo che siamo unici e che siamo programmati per vivere di ciò che la natura ci offre, e prima saremo in grado di imparare come mangiare sano e ottenere risultati sbalorditivi dal nostro corpo.
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by Alberto NicoliniEditore di distrettobiomedicale.it, BioMed News e Radio Pico