Arriva Koo, un “nuovo Twitter” dall’India con furore…

Arriva Koo, un “nuovo Twitter” dall’India con furore

Dopo troppi, controversi cinguettii, il diretto rivale asiatico inizia a fare scalpore: che cos’ha di speciale “il futuro dei social network”?

Una donna indiana alle prese con i social network tramite smartphone
Una donna indiana alle prese con i social network tramite smartphone

Lo hanno definito il futuro dei social network. Koo è un app di microblogging lanciata nel 2020 in India, e oggi apprezzata non solo nel subcontinente, ma anche in altri Paesi del mondo. Addirittura la Nigeria, dopo aver bandito Twitter, ha accolto a braccia aperte il suo rivale indiano.

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Un antidoto made-in-Bangalore al multilinguismo

Koo nasce a Bangalore – in India la chiamano Bengaluru – città che potrebbe essere definita quasi la Silicon Valley dei loro. La piattaforma, disponibile tramite app, è stata lanciata durante il periodo della pandemia da Aprameya Radhakrishna e Mayank Bidawataka, due imprenditori col sogno di lanciare un social indigeno, adatto a soddisfare le esigenze di un popolo che parla una moltitudine di lingue locali espresse, il più delle volte, in devanagari – una specie di alfasillabario di cui l’hindi è solo la punta dell’iceberg.

Comunicazione digitale in un periodo di distanziamento sociale: l’occasione perfetta. Koo ha raggiunto la sua popolarità proprio grazie a Twitter, quando alcuni ministri indiani hanno fatto un endorsement pubblico al social. Gli onorevoli hanno twittato chiedendo ai loro follower di passare a Koo, senza tanti giri di parole.

Poche settimane dopo, il governo pubblicava nuove linee guida per cui le società alla guida dei social network avrebbero dovuto nominare un responsabile dei reclami il quale, in caso di bisogno, possa provvedere alla rimozione dei post oggetto di reclamo entro pochi giorni dalla richiesta ufficiale.

Non solo: il governo indiano ha richiesto che le aziende, in base alla nuova legge, si sobbarcassero l’eventuale ricerca dell’autore di un determinato messaggio, qualora fosse stato necessario. In pratica, un post controverso finito nelle mani sbagliate potrebbe arrivare direttamente al tribunale o al governo, i quali potrebbero chiedere al social di rintracciarne l’autore per fargliene pagare le conseguenze. Un vero e proprio attacco alla democrazia – così è stato definito il provvedimento da Twitter.

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Lanciato nel 2006, Twitter è uno dei social network più gettonati
Lanciato nel 2006, Twitter è uno dei social network più gettonati

La querelle tra Twitter e il governo indiano: i fatti

“Attacco alla democrazia”. L’affermazione non è andata giù al governo indiano, il quale ha accusato la compagnia di volersi considerare al di sopra della legge del Paese. In alcuni blog (Cleartrip su tutti) si è perfino arrivati a parlare di colonialismo digitale, affermazione capace di incendiare il dibattito ancora oggi. “Stiamo diventando una colonia delle big tech che muovono il mondo dei social media?”.

Se da una parte Google ha accettato di adeguarsi alle normative, così non è stato per Twitter, il quale non ha ancora preso una posizione. E la legge è entrata in vigore a maggio 2021. Ciò significa che allo stato attuale delle cose, Twitter in India non gode più di alcuna protezione legale rispetto alle sue responsabilità in merito ai contenuti pubblicati dagli utenti indiani. Insomma: Twitter non gode più di immunità legale su territorio indiano. E sebbene la società abbia accettato di assecondare le regole, la polizia indiana di recente ha presentato un certo numero di avvisi di garanzia contro l’azienda, alcuni dipendenti e contro il managing director Manish Maheshwari.

Twitter non è l’unica piattaforma digitale ad avere qualche problema con la normativa vigente. Anche WhatsApp sarebbe sotto osservazione dopo aver affermato che la tracciabilità degli utenti andrebbe contro la crittografia end-to-end assicurata ai clienti, e valido motivo per farne uso.

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Ma come ha fatto Koo a diventare così famoso?

Se ancora te lo stai chiedendo, eccoti servita la ricetta per l’ascesa di Koo in un Paese dove sempre più persone, e soprattutto investitori, hanno temuto che la piattaforma fosse sul punto di essere oscurata da un momento all’altro. Non sarebbe la prima volta, del resto: l’India ha già bandito TikTok e WeChat.

Non solo: la chiave del successo di Koo è la capacità di sfruttare il potenziale delle lingue parlate in India, che sfruttano un alfabeto molto particolare e quasi esclusivamente reperibile lì. È normale che la popolazione attiva online – che a febbraio superava i 600 milioni– sia attirata per natura verso un social che comunica negli stessi idiomi. Koo è lanciato e fa discutere, sì, ma quello che davvero farà la differenza sarà il test sul lungo periodo: i social media funzionano solo quando sussiste un meccanismo di finanziamento efficace. Monetizzare con successo la propria presenza sarà la chiave della sopravvivenza di Koo. Chi vivrà, insomma, vedrà.

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Il logotipo di Koo, nuovo social network indiano
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