Metaverso sicuro: utopia o possibilità reale?

Mica noccioline: Bloomberg Intelligence stima che il metaverso arriverà, entro il 2024, a generare un volume d’affari intorno agli 800 miliardi di dollari. È già una patata bollente così com’è (adesso la smetto con i paragoni culinari), ma prima che salti il coperchio (scusate) è necessario mettere in chiaro quali sono i punti salienti del metaverso sicuro che vorremmo davvero.

No, non il metaverso che arriverà, dettato dalle leggi del mercato, speculazione pura, ascoltando le indicazioni dei brand e sottoscritto dal miglior finanziatore: un metaverso sicuro, onesto, etico. Un safe space dove – nei limiti dell’utopia – puoi mandare tuo figlio senza troppe riserve. Dove anche tu ti senti sicuro di esplorare, effettuare pagamenti, vivere la tua nuova vita digitale.

Può sembrare una sovrastruttura: un pontificare sul niente (di fatto il metaverso ad oggi non è così “rilevante”), eppure mettere le mani avanti significa fare qualcosa che per internet non è stato fatto. Terre inesplorate, eppure familiari.

Durante il World Economic Forum di Davos è stata lanciata l’iniziativa “Defining and Building the Metaverse”. Si tratta di una progetto entusiasmante in cui il settore pubblico ha incontrato il privato (imprese, società, associazioni, mondo accademico e authorities) per stabilire i capisaldi di un metaverso equo, interoperabile e sicuro. Parole che piacciono a tutti e che, di sicuro, costituiscono un importante confronto per il mondo che verrà.

L’interlocuzione ha coinvolto 60 aziende, tra cui Meta, Microsoft, Lego Group e Walmart, le quali si sono confrontate con esperti, associazioni e accademici per raggiungere un accordo su quello che è stato definito “lo sviluppo della governance e del quadro politico del metaverso”. In parole povere, si tratta di un progetto pensato per gettare fondamenta solide e concrete per la creazione di una rivoluzione digitale che non abbia solo connotazioni economiche, ma possa tradursi in una rivoluzione sociale.

Due parole veloci sul metaverso

Ma quindi in parole povere dov’è il metaverso? Come si entra? Da che parte lo devo guardare? È molto probabile che se bazzichi Innovando da tanto tempo tu non abbia bisogno di una spiegazione articolata, ma preferiamo non saltare un passaggio.

Per capire perché un metaverso etico dev’essere l’obiettivo di tutti, si pare dalle basi. Esso, infatti, potrebbe cambiare il modo in cui usiamo internet. Attraverso il metaverso non ci sarà più una semplice connessione a un sito web: esso diventerà uno strumento per creare un livello digitale capace di arricchire e “potenziare” il mondo in cui viviamo. Il metaverso è un mondo virtuale immersivo dove le persone svolgeranno le loro attività quotidiane, dallo shopping ai giochi fino alla socializzazione.

Ogni aspetto di questo nuovo layer della vita “digitale e non” deve contemplare una sfera etica ed educativa che permetta al metaverso di diventare un posto non solo dedicato ai brand, ma anche alle persone. Con le dovute sicurezze, protezioni. Vorrei parlare di filtri, ma di filtri non dovrebbe trattarsi per forza: l’idea che mi sono fatta è che il metaverso diventerà tanto reale da sostituirsi in alcuni aspetti della vita reale, dove le interazioni sono complesse e configurate da millenni di socializzazione e regolamentazioni. Nel momento in cui un vuoto normativo verrà colmato nel modo sbagliato, il mondo digitale potrebbe diventare un posto pericoloso. Non solo dal punto di vista della sicurezza dei dati personali, ma anche per via della grande quantità di informazioni, notizie e trend sociali che possono influenzare la vita reale in modi che ancora fatichiamo a immaginare.

Cos’è il Global Collaboration Village?

L’iniziativa Defining and Building the Metaverses sta costituendo così un Global Collaboration Village, ovvero una collaborazione che sfrutta il potenziale delle migliori menti del pubblico e del privato per fornire spazi di riunione, incontro, azione sulle sfide del metaverso sicuro, ma non solo.

In questo spazio verrà messa a punto una cassetta degli attrezzi, ovvero una raccolta di strumenti essenziali per impostare i futuri progetti digitali sfruttando la giusta impronta etica, sostenibile e pulita che il mondo vorrebbe dare a questa tecnologia emergente. Jeremy Jurgens, amministratore delegato del World Economic Forum, sostiene che questa configurazione permetterà di generare un metaverso inclusivo, trasformativo e indispensabile nel migliore dei suoi significati per l’interconnettività sociale ed economica.

Un internet che, avendo già commesso i suoi errori dovuti all’inesperienza, adesso forse ha imparato qualcosa da se stesso, e vuole trasformarsi in quel magnifico quartiere della nostra città dove tutti ci vorremmo trasferire poiché tranquillo, inclusivo, felice e sicuro. Ho già detto sicuro?

Va bene, ma qual è il piano?

L’idea in sé è fantastica. È quello di cui abbiamo sempre avuto bisogno, ed è la base che è mancata quando la situazione delle fake news ci è sfuggita di mano. Quando i social media hanno cominciato a inseguire ideali irraggiungibili per giovani e adulti.

Il piano sul metaverso sarà focalizzato su due aree chiave.

  • La governance. Attraverso l’esame di come le tecnologie possono influenzare il mondo reale, sarà possibile studiare metodologie di lavoro e ambienti digitali sempre più inclusivi, protetti e socialmente positivi.
  • Il valore. È brutto da dire, ma senza le grandi aziende il metaverso rimarrà un sogno lontano. Per quanto vorremmo tutti vivere scalzi in un mondo di baratto e prati verdi (forse?), saranno le grandi capitalizzate per prime, e a seguire tutte le altre, a infondere il carburante nel motore del metaverso. Ciò significa che se le società non vedono opportunità, difficilmente investiranno nel progetto. Da queste opportunità derivano rischi che l’iniziativa si prefigge di analizzare, andando a colmare i vuoti di regolamento attraverso delle politiche responsabili. Le aziende possono vendere, sì, ma i consumatori possono decidere di non essere travolti dall’aspetto commerciale.

Questi due semplici elementi sono i catalizzatori del futuro: il futuro delle nostre vite quotidiane, ma anche del modo di fare azienda, di creare asset (criptovalute, qualcuno?) e di regolamentare a livello legale la vita oltre lo schermo.

Non solo una realtà modellata dalle esigenze aziendali delle big tech, dunque, ma un contesto corale e collettivo in cui associazioni, enti, organizzazioni e la società civile in senso lato può cooperare per creare un miglioramento della qualità della vita digitale.

Contando che il metaverso, ancora adesso, è un progetto embrionale, risulta difficile mettere a fuoco il potenziale di questo progetto. Eppure, questo è il momento giusto per evitare gli errori del passato e costruire un metaverso dove davvero possiamo immaginarci, in un contesto scevro dalle minacce e dalle brutture che talvolta internet ci propina.

È un bel sogno, ma è anche un bisogno e una necessità. L’idea di base, che mette al centro le persone, tutte, e le esigenze che derivano dalle loro preferenze, etnie, capacità. Senza esclusioni.

Non sono una sociologa né un’esperta, ma ritengo che il metaverso possa avanzare rapidamente fino ai traguardi raggiunti dalla società “reale” e sostenere il cambiamento, la rivoluzione e l’emancipazione. Proprio come ha fatto internet, per certi aspetti, ma meglio.

Tutto questo è possibile, ma non è detto che sarà fattibile. Di sicuro, le basi per un kickstart nella giusta direzione le hanno create.