C’è il più classico degli errori nella débâcle dei militari israeliani?

Con Hamas che esiste soltanto sul piede di guerra, è stata in fondo la permeabilità di Gaza ad offrire il destro per un attacco (poco) a sorpresa

Gaza: controllo egiziano
Un punto di controllo egiziano sul confine della cosiddetta Striscia di Gaza, exclave palestinese quasi del tutto circondata da Israele

“Shomèr ma mi-llailah?”. Questo è l’interrogativo che il profeta Isaia pone a una fantomatica sentinella: a che punto è la notte?
E tutti, in questo momento, dovremmo domandarcelo: a che punto è la notte?
Ora, che su quel tormentato scampolo di Medio Oriente si è rovesciata l’ennesima ondata di barbarie e di dolore, le ospitate televisive e i sussiegosi tecnicismi, francamente, lasciano il tempo che trovano e la domanda rimane invariata: a che punto è la notte?
Noi, ultimi e mignoli, ci occupiamo di innovazione e tradizione, ma credo non possiamo esimerci da un giudizio, sia pure incompleto e lacunoso, sulla tragedia in corso.
Che, peraltro, da un certo punto di vista, potrebbe sembrare proprio questo: innovazione e tradizione.
Missili e droni, electronic warfare e intelligence, ma anche odi atavici, fanatismo sanguinario, eterni giochi di potere e di guerra.

Restrizioni all’accesso e alla circolazione nella Striscia di Gaza (in lingua inglese)
Crisi ucraina e la “responsabilità digitale” delle fake news

Gaza: il profeta Isaia
Isaia, così come è raffigurato da Michelangelo all’interno della Cappella Sistina a Roma e il cui nome significa “il Signore salva”, è stato un profeta ebreo antico: vissuto fra il 765 e l’ottavo secolo avanti Cristo circa, è celebre per la frase “Shomèr ma mi-llailah?”

L’uomo della pietra e della fionda ancora alberga in esseri straordinariamente progrediti

È la perenne condanna dell’uomo, in fondo: progredire straordinariamente, illudendosi di essersi definitivamente svincolato dalle sue radici animalesche e di avere, finalmente, conquistato la posizione eretta anche sul versante spirituale, e scoprire, invece, di essere ancora quello della pietra e della fionda.
Quanto amaro buonsenso c’è, in quei pochi versi scarni di Salvatore Quasimodo! E quanta strada abbiamo ancora da percorrere, verrebbe da dire.
Tuttavia, nel mare magnum dei commenti, delle analisi, dell’esecrazione e degli slogan, mi sento di scrivere una cosa, a proposito dell’elemento sorpresa, che sembra avere colto impreparato uno dei sistemi di intelligence più quotati e rispettati al mondo
Tutti quanti hanno attribuito il successo dell’incursione di Hamas in territorio israeliano a un clamoroso buco nei sistemi di spionaggio israeliani, paragonandolo a quello dell’11 settembre negli Stati Uniti.
Io non mi trovo d’accordo.

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Gaza: l'attacco dell'11 settembre 2001
Lo schianto del volo United Airlines 175 contro la Torre Sud delle Twin Towers di New York l’11 settembre 2001, circa 17 minuti dopo la prima collisione, ripreso in diretta dai notiziari televisivi

Il caso differente dell’11 settembre 2001 e del crollo verticale dell’intelligence ipertechno

L’11 settembre ha rappresentato il fallimento patente dell’intelligence ipertechno, di fronte a un attacco volutamente gestito in maniera tradizionale e senza utilizzare particolari supporti elettronici.
Se tu sei in grado di intercettare qualunque messaggio via etere, ma il nemico comunica con dei bigliettini, la tua capacità d’indagine sarà pressoché nulla.
La storia delle decifrazioni e delle decritattazioni militari ci insegna esattamente questo: la tua contromisura deve essere appropriata.
Se è inferiore tecnologicamente alla minaccia, sono guai.
Ma sono guai anche se ne è enormemente superiore: prendere a cannonate uno sciame di vespe non è un deterrente efficace: basta un insetticida.
Il caso odierno, invece, è del tutto diverso: qui non si tratta di agenti “dormienti”, che entrano in azione inaspettatamente in un momento di relativa tranquillità: il confine di Gaza è un settore caldissimo e Hamas è sempre sul piede di guerra.
Direi, anzi, che Hamas esiste solo in quanto è sul piede di guerra.
Quindi, le operazioni di intelligence nella striscia di Gaza e in Cisgiordania non sono operazioni, bensì un capillare e perpetuo servizio di vigilanza, attraverso un esercito di infiltrati, che raccolgono informazioni per anni e anni, negli ambienti della resistenza palestinese.

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Gaza: raggio dei missili
Dalla Striscia di Gaza, exclave palestinese raccolta fra Israele, Egitto e il Mar Mediterraneo, è possibile colpire con razzi e missili quasi tutto il territorio dello Stato ebraico, giudicato come nemico

Un mero problema di vigilanza e di presidio militare, impensabile ieri sul Piave o sul Reno

Qui la questione è, piuttosto, militare: un problema di vigilanza e presidio.
Se c’è stato un buco nei sistemi israeliani, si è trattato di un buco operativo: se tu vigili su di una frontiera col nemico, non puoi permettere al nemico di varcarla in massa.
Provate ad immaginarvi qualcosa del genere sul Piave o sul Reno.
Eppure, è successo a Gaza, a uno degli eserciti più agguerriti del mondo.
Il che ci dice che qualunque soldato, anche il più preparato, ha dei momenti di rilassamento: quando l’alba sta per arrivare e gli occhi ti si chiudono e stai già pensando alla branda che ti aspetta.
Ecco, all’esercito di Gerusalemme, probabilmente, è capitato questo: il più tradizionale degli errori.
L’attacco indiano alle prime luci del giorno: come nei film su Fort Apache.

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“A che punto è la notte, sentinella?”: le guerre vinte dai droni sono combattute da uomini

Perché la guerra la vinceranno anche i droni, ma la combattono gli uomini: e ogni uomo, anche il più tecnologico, ha un momento di debolezza, di crisi, di disattenzione.
Credo che sia accaduto questo agli Israeliani: magari su vasta scala.
Oppure, Hamas ha adottato una tattica d’infiltrazione nuova e sconosciuta, anche se mi sento di dubitarne.
Innovazione e tradizione, anche qui, dunque: siamo sempre a Ettore e Achille, al bronzo contro il ferro.
E alle vedove e agli orfani, di euripidea memoria, purtroppo.
Con noi che osserviamo l’orizzonte, dove non accenna ad albeggiare, e domandiamo angosciati: “Shomèr ma mi-llailah?”.
A che punto è la notte, sentinella?

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La consegna del Premio Nobel 1959 a Salvatore Quasimodo

Il brano “Shomèr ma mi-llailah?” del cantautore modenese Francesco Guccini

Gaza: manifestazione di Hamas
Manifestazione elettorale di Hamas a Ramallah con le immagini dei fondatori Ahmad Yasin e Abdel Aziz al-Rantisi su un cartello