Riciclo dei rifiuti: così l’Italia è leader di settore in Europa
Dati positivi da Assoambiente: il Belpaese recupera più di tutti nel Vecchio Continente, ma molto può essere fatto per l’impiantistica
Un’Italia da primato, che brilla in Europa in quanto a riciclo dei rifiuti. Una buona notizia che arriva dal report “L’Italia che ricicla“, presentato a Roma lo scorso novembre da Assoambiente, l’associazione che riunisce le imprese che operano nel comparto del recupero e dello smaltimento dei rifiuti, nonché in quello dell’economia circolare.
I dati, d’altronde, parlano chiaro: il Belpaese è al primo posto fra i paesi europei con tasso di riciclo più alto, e al secondo per quello di circolarità. Il report evidenzia quindi molte luci, ma non lesina nel mostrare anche le ombre, soprattutto per quanto riguarda impiantistica, tasso di esportazione dei rifiuti e disparità fra nord e sud.
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I dati dell’Italia che ricicla tanto e bene
Lo studio di Assoambiente fa inorgoglire la penisola: in Italia il tasso di avvio al riciclo dei rifiuti (sia urbani che speciali) è dell’83,2% rispetto al totale gestito, ovvero una percentuale nettamente superiore alla media europea (del 39,2%) e ai maggiori paesi dell’UE. Basti pensare che in Germania il tasso di avvio al riciclo è di 44 punti percentuali.
Grandi numeri anche per quanto riguarda l’economia circolare. Il dato analizzato riguarda la quota di materiale riciclato e successivamente immesso nuovamente nei cicli produttivi: ebbene, nel Belpaese il tasso di circolarità è del 21,6%, dato che mette l’Italia al secondo posto in Europa, dove a primeggiare è invece la Francia con i suoi 22,2 punti percentuali.
Si tratta di un dato molto positivo, soprattutto se confrontato a quello presentato 9 anni fa, quando il tasso di circolarità italiano si attestava solamente attorno al 12,6%.
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Imprese italiane ed economia circolare
E infatti in Italia imprese e start up che fondano il proprio business sulle materie prime seconde recuperate sono moltissime, e pochi esempi basteranno a mostrare quanto ciò che è comunemente considerato scarto può in realtà tornare a nuova vita, generando ricchezza e profitto, ma anche benessere per l’ambiente.
La start up pugliese AraBat, che ha recentemente ricevuto il Premio Iren Cleantech & Energy nel corso del 20° Premio Nazionale per l’Innovazione, ricicla ad esempio le batterie al litio esauste, recuperandone i metalli preziosi attraverso un procedimento che utilizza scarti di agrumi; i metalli recuperati, vengono poi rivenduti e rimessi in circolo come materia prima circolare.
Nominiamo, poi ACBC, un’azienda milanese che utilizzando scarti di mele, ananas, alghe, uva e poliestere derivante dalle bottiglie di plastica, produce scarpe sostenibili. Nel settore moda, invece, c’è anche Rifò, che realizza capi d’abbigliamento con filati ottenuti da vecchi vestiti rigenerati.
Insomma, la lista delle aziende italiane che fanno dell’economia circolare il loro core business è in continua ascesa. Molto, tuttavia, si può ancora fare in materia di riciclo e recupero dei rifiuti, è il report di Assoambiente evidenzia anche qualche ombra del settore.
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Riciclo in Italia: ancora tanto da migliorare
Assoambiente mette in luce che in Italia può essere fatto di più in termini di industria del riciclo, sia per l’ambiente che per far diventare la circolarità un perno produttivo del paese.
Il primo punto riguarda l’impiantistica: sono solo 6456 gli impianti di recupero dislocati sul territorio, a fronte degli oltre 10mila della Germania, indiscusso leader europeo di settore. La capillarità degli impianti è poi un altro nodo da sciogliere, perché la maggior parte di essi è localizzato soprattutto al centro-nord, con il primato della Lombardia dove è concentrato addirittura il 22% degli impianti nazionali dedicati al recupero della materia di scarto.
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Si esportano però ancora troppi rifiuti
Altro problema da risolvere è superare riguarda l’esportazione dei rifiuti: nel 2020, anno che è stato preso in oggetto per la realizzazione dello studio, sono state inviate oltreconfine oltre 3,6 tonnellate di rifiuti industriali e circa 581 tonnellate di rifiuti urbani
E si tratta di un problema strettamente legato alla mancanza degli impianti di recupero, il cui numero troppo esiguo non permette di accogliere la totalità dei rifiuti prodotti dalla nazione. Sciolto questo nodo, come commenta Paolo Barberi, vice Presidente di Assoambiente, i risvolti positivi sarebbero enormi:
“Il riciclo dei rifiuti, oltre alla valenza centrale che riveste per la transizione ecologica, risulta oggi ancor più strategico per accrescere la resilienza economica del nostro Paese tradizionalmente povero di materie prime, particolarmente in questa fase di emergenza economica-energetica maturata nel post pandemia. Il salto di qualità per il settore, anche per il buon esito della parte di PNRR relativa alla gestione rifiuti, potrà arrivare solo con la piena implementazione delle riforme. In tal senso, è fondamentale che venga adottata compiutamente e celermente la strumentazione economica prevista dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, a partire dall’introduzione dei Certificati del Riciclo, oltre a strumenti efficaci come gli incentivi fiscali (ad esempio con IVA agevolata) per rendere competitivi i materiali riciclati rispetto alle materie prime vergini. Altro intervento di fondamentale importanza è l’adozione in tempi brevi delle norme tecniche che dovrebbero regolamentare il settore favorendo la creazione di un mercato stabile e trasparente, siano esse relative all’End of Waste, ai sottoprodotti, o ai Criteri Ambientali Minimi per le gare pubbliche. Infine, va rafforzata e resa effettiva la domanda pubblica di prodotti riciclati”.
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Da economia lineare a economia circolare
Il salto di qualità si può fare, anche quando si tratta di rifiuti. E’ proprio il riciclo, infatti, a essere l’anello mancante della catena che permetterà di traghettare l’Italia dall’economia lineare a quella circolare.
E ne guadagnerebbero tutti: l’impronta ambientale dell’uomo sull’ambiente sarebbe nettamente inferiore perché si utilizzerebbero materie prime seconde non vergini, sostenendo l’indipendenza nazionale anche in un periodo come quello attuale, caratterizzato dalla continua mancanza di materie prime e dalle crescenti conflittualità fra Paesi prodotturi e consumatori.
E una nazione autosufficiente dal punto di vista dei materiali può contare su una leva strategica di sviluppo capace di trainare ogni comparto produttivo e industriale.
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Il riciclo e la transizione verde…
Il riciclo, insomma, è uno dei nodi centrali quando si parla di transizione verde: l’innovazione e la ricerca sui nuovi materiali trainano un settore che può intepretare il ruolo da protagonista nello scenario industriale italiano.
Senza contare che appare ormai necessario adeguarsi alla più recente legislazione ambientale ed economica proveniente dall’Europa.
Dall’abolizione della plastica monouso al Green Deal e fino ai molti alti provvedimenti di settore, la strada verso l’economia circolare appare chiara e attesa su più fronti.
In Italia la situazione è già ottima, ma ancora molto rimane da fare per appianare le disomogeneità territoriali e impiantistiche: come dichiarato dalla stessa Assoambiente, il salto di qualità dovrà arrivare necessariamente dalle riforme e, in particolare, dai fondi previsti dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare.
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Terra Solida, news dal mondo della sostenibilità
L’economia circolare, come anticipato, può essere applicata a ogni comparto produttivo e manifatturiero, anche quello delle infrastrutture e della viabilità pubblica e privata.
Lo sa bene Terra Solida, leader nel settore delle pavimentazioni naturali e sostenibili. La mission dell’azienda punta infatti alla circolarità dei materiali, anche quando si tratta di strade: le pavimentazioni naturali, oltre a non snaturare il terreno con con vengono a contatto, sono completamente riciclabili.
La strada, se dismessa non dovrà essere smaltita fra i rifiuti speciali ma potrà diventare una materia prima seconda, in veste di stabilizzato riciclato.
Gli esempi che si possono fare sono moltissimi e la conclusione che ne consegue è sempre e solo una: la circolarità conviene a tutti, ambiente, uomo e portafogli.
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