Verso computer quantistici compatti grazie alla… topologia

Verso computer quantistici compatti grazie alla… topologia

Attraverso la distribuzione di elettroni sotto lo strato di ossido di un semiconduttore, il PSI punta a qubit capaci di pulire gli errori da sé

La rappresentazione grafica di un bit quantistico o qubit
La rappresentazione grafica di un bit quantistico o qubit

I ricercatori dell’Istituto Paul Scherrer in Svizzera hanno confrontato la distribuzione degli elettroni sotto lo strato di ossido di due semiconduttori.
L’indagine fa parte di uno sforzo per sviluppare bit quantici particolarmente stabili, e quindi, a loro volta, computer quantistici particolarmente efficienti.
Gli studiosi svizzeri hanno pubblicato la loro ultima ricerca, che è sostenuta in parte dalla Microsoft, sulla rivista scientifica specializzata “Advanced Quantum Technologies”.
Ormai, il futuro dell’informatica è inconcepibile senza i computer quantistici. Per la maggior parte, questi dispositivi sono ancora oggetti in divenire, tuttora in fase di ricerca. Danno la promessa di accelerare determinati calcoli ed effettuare simulazioni matematiche di numerosi ordini di grandezza rispetto ai computer classici.
I bit quantistici, o qubit in breve, costituiscono la base dei computer quantistici. I cosiddetti bit quantistici topologici sono un nuovo tipo di bit quantici, che potrebbero però rivelarsi superiore ai primi. Per scoprire come potrebbero essere creati nella realtà, un team internazionale di ricercatori ha effettuato delle misurazioni alla Swiss Light Source SLS del PSI.
La topologia (dal greco “τόπος”, “tópos”, cioè “luogo”, e “λόγος”, “lógos”, cioè “studio”, con il significato quindi di “studio dei luoghi'”) è una branca della geometria che studia le proprietà delle figure, e in generale degli oggetti matematici, che non cambiano quando viene effettuata una deformazione senza “strappi”, “sovrapposizioni” o “incollature”.
È una delle più importanti branche della matematica moderna: concetti fondamentali come convergenza, limite, continuità, connessione o compattezza trovano nella topologia la loro migliore formalizzazione. Si basa essenzialmente sui concetti di spazio topologico, funzione continua e omeomorfismo.

È made-by-IBM il primo processore quantistico da 127 qubit

Gabriel Aeppli è il capo della Photon Science Division all'Istituto Paul Scherrer
Gabriel Aeppli è il capo della Photon Science Division all’Istituto Paul Scherrer

Bit quantistici più stabili affinché non perdano i dati in memoria

“I bit del computer che seguono le leggi della meccanica quantistica possono essere ottenuti in diversi modi”, spiega Niels Schröter, uno degli autori dello studio.
È stato ricercatore all’Istituto Paul Scherrer fino all’aprile 2021, quando si è trasferito al Max Planck Institute of Microstructure Physics di Halle, in Germania.
“La maggior parte dei tipi di qubit purtroppo perde rapidamente le proprie informazioni; si potrebbe dire che sono ‘qubit smemorati’…”.
Ma c’è una soluzione tecnica a questo problema: ogni qubit è supportato da un sistema di qubit aggiuntivi che correggono eventuali errori che si verificano. Ma questo significa che il numero totale di qubit necessari al corretto funzionamento di un computer quantistico operativo sale rapidamente a milioni.
“L’approccio di Microsoft, al quale stiamo collaborando, è molto diverso”, continua Schröter.
“Vogliamo aiutare a creare un nuovo tipo di qubit che sia, per così dire, ‘immune’ alla perdita di informazioni. Questo ci permetterebbe di utilizzare soltanto pochi qubit per ottenere un computer quantistico sottile e funzionante”.
I ricercatori sperano di ottenere tale immunità con i cosiddetti bit quantistici topologici. Questi ultimi sarebbero qualcosa di completamente nuovo in campo scientifico, che nessun gruppo di ricerca è stato ancora in grado di creare.
I materiali topologici sono diventati più noti nel mondo grazie al Premio Nobel per la Fisica nel 2016, che venne assegnato per metà al britannico David James Thouless e per l’altra metà congiuntamente ai connazionali Frederick Duncan Michael Haldane e John Michael Kosterlitz, “per le scoperte teoriche relative alle transizioni di fase topologiche e per le fasi topologiche della materia”.
Come detto, la topologia è originariamente un campo della matematica che esplora, tra le altre cose, come si comportano gli oggetti geometrici quando vengono deformati.
Tuttavia, il linguaggio matematico sviluppato per questo ambito può essere applicato anche ad altre proprietà fisiche dei materiali. I bit quantistici nei materiali topologici sarebbero quindi qubit topologici.

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La rappresentazione grafica della differenza fra un bit e un bit quantistico o qubit
La rappresentazione grafica della differenza fra un bit e un bit quantistico o qubit

Quasiparticelle in nanofili di semiconduttori simulate al computer

Si sa che i sistemi a film sottile di certi semiconduttori e superconduttori potrebbero portare a stati esotici di elettroni che agirebbero come i predetti qubit topologici.
In particolare, i fili ultrasottili e corti fatti di un materiale semiconduttore potrebbero essere considerati utili a questo scopo. Questi hanno un diametro di soli 100 nanometri e sono lunghi 1.000 nanometri (cioè 0,0001 centimetri).
Sulla loro superficie esterna, in direzione longitudinale, la metà superiore dei fili è rivestita da un sottile strato di superconduttore. Il resto del filo non è rivestito, per cui vi si forma uno strato di ossido naturale.
Le simulazioni al computer per l’ottimizzazione di questi componenti prevedono che gli stati di elettroni cruciali, in termini di meccanica quantistica, si trovino soltanto all’interfaccia tra il semiconduttore e il superconduttore, e non tra il semiconduttore e il suo strato di ossido.
“La distribuzione collettiva e asimmetrica degli elettroni generati in questi nanofili può essere fisicamente descritta come le cosiddette quasiparticelle”, dice Gabriel Aeppli, capo della Photon Science Division al PSI, che è stato anche coinvolto nello studio attuale.
“Ora, se si scelgono materiali semiconduttori e superconduttori adatti, questi elettroni dovrebbero dare origine a speciali quasiparticelle chiamate fermioni di Majorana alle estremità dei nanofili”.

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I fermioni di Majorana sono la ricetta giusta, ma in quale pentola?

In fisica delle particelle un fermione di Majorana o particella di Majorana, così detta in onore del fisico teorico siciliano Ettore Majorana che la teorizzò per la prima volta, è una particella fermionica che è anche la propria antiparticella.
I fermioni di Majorana sono stati topologici. Potrebbero quindi agire come portatori di informazioni, ergo come bit quantistici in un computer quantistico.
“Nel corso dell’ultimo decennio, le ricette per creare fermioni di Majorana sono già state studiate e perfezionate da gruppi di ricerca di tutto il mondo”, continua Aeppli.
“Ma, per continuare con questa analogia: non sapevamo ancora quale pentola ci avrebbe dato i migliori risultati per questa ricetta”.

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L’antimoniuro di indio sarà l’ideale per la bassa densità elettronica

Una preoccupazione centrale dell’attuale progetto di ricerca era quindi il confronto fra due “pentole”.
I ricercatori hanno studiato due diversi semiconduttori e il loro strato di ossido naturale: da un lato l’arseniuro di indio e dall’altro l’antimoniuro di indio.
Alla SLS, i ricercatori del Paul Scherrer Institut hanno usato un metodo d’indagine chiamato spettroscopia fotoelettronica a raggi X “soft”, con risoluzione angolare: la SX-ARPES in breve.
Un nuovo modello informatico sviluppato dal gruppo di Noa Marom alla Carnegie Mellon University, negli Stati Uniti, insieme a Vladimir Strocov, attivo in Svizzera nelle sedi di Villigen e Würenlingen, dell’ente, è stato utilizzato per interpretare i complessi dati sperimentali.
“I modelli informatici utilizzati finora portavano a un numero ingestibile di risultati spuri. Con il nostro nuovo metodo, ora possiamo guardare tutti i risultati, filtrare automaticamente quelli fisicamente rilevanti e interpretare correttamente il risultato sperimentale”, spiega Strocov.
Attraverso la combinazione di esperimenti SX-ARPES e modelli informatici, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che l’antimoniuro di indio ha una densità di elettroni particolarmente bassa sotto il suo strato di ossido. Questo sarebbe vantaggioso per la formazione di fermioni di Majorana topologici nei nanofili previsti.
“Dal punto di vista della distribuzione degli elettroni sotto lo strato di ossido, l’antimoniuro di indio è quindi più adatto dell’arseniuro di indio a servire come materiale portante per i bit quantici topologici”, conclude Niels Schröter.
Tuttavia, egli sottolinea che nella ricerca dei migliori materiali per un computer quantistico topologico, altri vantaggi e svantaggi dovranno certamente essere soppesati.
“I nostri metodi spettroscopici avanzati saranno certamente strumentali nella ricerca dei materiali per il calcolo quantistico”, dice Strocov.
“Il PSI sta facendo grandi passi per espandere la ricerca e l’ingegneria quantistica in Svizzera, e la SLS ne è una parte essenziale”.

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Niels Schröter, a sinistra, e Vladimir Strocov, a destra, in una delle stazioni di sperimentazione dello Swiss Light Source SLS all’Istituto Paul Scherrer: qui i ricercatori hanno usato la spettroscopia fotoelettronica a raggi X “morbida”, con risoluzione angolare, per misurare la distribuzione degli elettroni sotto lo strato di ossido dell'arseniuro di indio e dell'antimoniuro di indio (Foto: Mahir Dzambegovic/Istituto Paul Scherrer)
Niels Schröter, a sinistra, e Vladimir Strocov, a destra, in una delle stazioni di sperimentazione dello Swiss Light Source SLS all’Istituto Paul Scherrer: qui i ricercatori hanno usato la spettroscopia fotoelettronica a raggi X “morbida”, con risoluzione angolare, per misurare la distribuzione degli elettroni sotto lo strato di ossido dell’arseniuro di indio e dell’antimoniuro di indio
(Foto: Mahir Dzambegovic/Istituto Paul Scherrer)