Ecco come l’AI sta cambiando da dentro il modo di fare musica
L'acustica della sala, le specificità dell'artista e così via sono nozioni che il machine learning usa per creare e amalgamare i giusti effetti
L’innovazione tecnologica sta modificando profondamente le tecniche di composizione ed interpretazione musicale. La Creatività e l’Arte, rigorosamente trascritte con la lettera maiuscola, dovranno tenerne conto.
La musica fa parte della nostra vita quotidiana e, quando pensiamo agli artisti che l’hanno scritta negli ultimi secoli, ci vengono in mente volti e storie personali, da Richard Wagner a Giuseppe Verdi, da Bruce Springsteen a Vasco Rossi. Sarà ancora così nel prossimo futuro?
Dominika Zamara e le grandi innovazioni nella musica classica…
Breve storia della modernizzazione dell’arte del suono in otto tappe da Omero al digitale
Vale la pena riepilogare le innovazioni nella musica in otto tappe.
1) gli esseri umani cantano e suonano a memoria improvvisando, da Omero a Carlo Magno;
2) si esce dall’incubazione medievale con alcune conquiste importanti, dopo secoli di canto gregoriano; la musica si misura, si conta il tempo, si gestiscono realtà complesse come la polifonia e si inizia a scrivere in ogni dettaglio;
3) chi scrive musica, dal XV secolo in poi, ci prende sempre più gusto e ha anche la pretesa di firmare i propri lavori e di farli suonare da altri esseri umani, raggiungendo il culmine nella seconda metà dell’Ottocento;
4) interviene la tecnologia quando l’inventore Thomas Alva Edison e colleghi iniziano a registrare il suono, e quindi chi compone fa in modo che le sue musiche si possano ascoltare indipendentemente dalla presenza di musicisti umani (e ciò dal grammofono in poi);
5) negli anni del Secondo Dopoguerra, alcuni sperimentatori fanno suonare assieme gli umani (per cui scrivono ancora spartiti su fogli di carta) e un nastro lungo, che viene riprodotto da altoparlanti; è come eseguire note dal vivo, su una base che va autonomamente, senza interazione;
6) il nastro registra quello che suonano gli umani e, in maniera ancora del tutto analogica, trasforma leggermente il suono, lo riverbera, crea delay, distorsioni e via dicendo; sono gli anni di Abbey Road e dei grandi studios; il risultato è che il dialogo tra musicista live e “base” è più stretto perché il “tape” non è creato in studio in maniera asettica, ma viene direttamente generato durante la performance;
7) il tape diventa digitale e si possono fare molti più “fuochi d’artificio”;
8) arriva il “live electronics”, una macchina programmata che interagisce con il musicista dal vivo, secondo parametri dati; se l’umano suona più forte o più veloce, la macchina lo sente e dosa gli effetti di conseguenza.
E arriviamo ai giorni nostri…
Paolo Belli: “In musica non può esserci innovazione senz’anima…”
Il “live electronics” può essere organizzato dalla tecnica come qualcosa che sa già tutto
L’intelligenza artificiale può organizzare anche Il “live electronics”, imparando subito molte cose sull’acustica della sala, sul musicista e così via, dopodiché decide come far interagire gli effetti.
Volendo parlare di futuro, non sappiamo come fare, non ci riusciamo.
Vale la pena provare a chiedere ad un professionista.
Alessandro Pivetti attualmente risiede in Francia, a Cambrai, e ricopre i ruoli di pianista accompagnatore per il dipartimento di danza al Conservatorio di Lille e di direttore della Corale Qu’artz di Marcq-en-Barœul.
Dopo gli studi di pianoforte e composizione a Bologna, al conservatorio “Giovan Battista Martini”, ha avviato percorsi artistici nel mondo della musica per la danza, composto le musiche originali per il documentario di Piero Badaloni “La Grande Sete – 2022” (Raitre – Rai Play), composto musiche per il Conservatorio Superiore di Losanna (in Svizzera) e per le rassegne Musica Aperta (Milano), per EXITIME (DAMS Bologna), CIMES (Università di Bologna) e per il FestivalAperto (Teatro Valli di Reggio Emilia).
Cura dal 2015 gli arrangiamenti orchestrali per la Fondazione Luciano Pavarotti.
Ha arrangiato musiche per Massimo Ranieri, Nek, Raphael Gualazzi, Vittorio Grigolo, Giò Di Tonno, Vittorio Matteucci e, per concludere, ha al proprio attivo pubblicazioni con le case editrici Sinnos, Franco Cosimo Panini, CLUEB e Erickson.
Sarà “Music City” il primo metaverso per l’ambito musicale
Alessandro Pivetti: “Sono i musicisti che devono prendere ispirazione dalla forma d’onda”
Ad Alessandro Pivetti vale la pena chiedere se la storia della musica sia ad una svolta e a quale punto la situazione sia…
“Stiamo già superando il punto 8, e molto velocemente. Portando ad esempio la mia esperienza personale, ho recentemente composto musica producendo un tape chiuso, ma l’ho registrato in casa usando un software che si chiama Max-Msp, inventato e implementato dal centro IRCAM di Parigi. È una tecnologia complessa dalla quale, tra l’altro, è stato creato Ableton, uno dei software più utilizzati nelle performance live dei deejay”, spiega il compositore originario di Carpi, nella provincia italiana di Modena.
Ciò che se ne desume è che l’Intelligenza Artificiale sta cambiando il modo di comporre musica: “Nei nuovi pezzi che sto scrivendo, inserisco la forma d’onda sullo spartito perché i musicisti possano ‘leggere’ la dinamica del tape, esattamente come i computer. Un po’ si stanno arricchendo le influenze reciproche. All’inizio l’obiettivo era insegnare ai computer a leggere le note. Adesso sono i musicisti che devono prendere ispirazione dalla forma d’onda e interagire con essa…”.
Ecco, appunto…
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Il promo del progetto "C'è musica e musica" di Alessandro Pivetti
L'omaggio alla cometa "C/2019 Y4 Atlas" di Alessandro Pivetti
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