È così che i templi della scienza sono diventati quelli delle idee

Sostiene Diaferia che “possiamo lasciare gli algoritmi agli uomini privi di fantasia”.
Lo sostiene con maggior forza dopo aver assistito da posizione privilegiata alla cerimonia ufficiale di apertura del nuovo Space Gateway del CERN a Ginevra.
Un meraviglioso spazio disegnato da Renzo Piano che diventerà la Disneyland del pensiero scientifico.
Un originale strumento di promozione delle discipline STEM, sospeso sopra una delle più trafficate arterie della città, che verrà visitato da oltre cinquecentomila persone l’anno, almeno nelle aspettative di chi lo ha voluto.
Fabiola Gianotti, la direttrice generale dell’istituto di ricerca internazionale famoso per aver visualizzato il Bosone di Higgs, grazie a tanto talento e all’acceleratore di particelle più grande e potente al mondo.

Science Gateway al CERN: un viaggio immersivo nella scienza

“Welcome to The Accelerator of Thinking!”

In altra parte del giornale si dà ampia cronaca delle meraviglie della struttura.
Qui mi limito a segnalare che la Gianotti, nel discorso ufficiale, parla di una struttura che vuole “infondere la passione per la scienza a chi viene qui con curiosità e passione, ispirando i giovani a fare carriera nelle discipline STEM, ovvero Science, Technology, Engineering and Mathematics”.
Curiosità e passione sono termini che difficilmente ho sentito usare in passato dai membri della comunità scientifica, di solito concentrati sul rigore del metodo empirico e la noiosa serietà con cui erano sempre state presentate queste materie.
Quello che mi ha davvero folgorato è stato il tono di questa presentazione, cui hanno partecipato anche Renzo Piano e John Elkann, in qualità di visionario progettista il primo e maggiore donatore con oltre 45 milioni di euro di Stellantis il secondo.
I tre sul palco mi ricordavano più un ristretto gruppo di artisti che annunciano una rivoluzione estetica, anziché membri della comunità scientifica e del business davanti ad un building da cento milioni di euro.

Video, lo Science Gateway del CERN a trecentosessanta gradi

Dall’acceleratore di particelle al pensiero originale

Fabiola Gianotti ha parlato di “Ideas Collider”, come se l’acceleratore di particelle aiutasse la produzione di pensiero originale, anche magneticamente, sotto i piedi dei visitatori.
Renzo Piano, riferendosi al fatto che la costruzione è sospesa e attraversa la strada, ha parlato di “Making Bridges” non solo fisici, ma anche metaforici.
E le sue parole risuonavano ancora più potenti mentre sui telefonini arrivavano le notizie drammatiche dell’attacco terroristico ad Israele.
Il giovane consigliere di amministrazione di Stellantis ha parlato di scienza come di attività sociale per la crescita del pianeta.
Durante il taglio del nastro, il breve discorso è stat improntato sullo “Starting from Ideas” e su “Understanding the Universe”.
Insomma, più che manager che muovono miliardi delle valute più pregiate attraverso brevetti, costruzioni, attività industriali, parevano più un collettivo di creativi impegnati nel dare più potere al pensiero, alla fantasia, al genio.

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Gli scienziati sono i veri creativi di domani

Logico che in un’atmosfera di bellezza, progettualità e cultura così favorevole, sia stata legittima, quasi obbligatoria, una domanda sula differenza tra artisti e scienziati.
Un tempo sarebbe stata rifiutata con sdegno in contesti di ricerca dura e pura.
Invece, con grande leggerezza, Renzo Piano cita Octavio Paz e la sua “Truth of work”: bisogna ammettere che i due mondi hanno linguaggi e vocabolari diversi, ma sono uniti dalla stessa ansia di scoperta, di nuovo, di pensiero fresco ed originale.
E la Gianotti conclude: “Tutto avviene nelle collisione: qui nel nostro accelerare, come nella mente di chi deve usare la sua curiosità”.
Insomma, mentre nelle arti si fatica a vedere il rinnovamento, dagli Stones che pubblicano un album di successo anche se ultra ottantenni, alla volatilità dei mercanti che cercano di impadronirsi della tecnologia con risultati discutibili, come la recente caduta verticale dei titoli delle creazioni NFT, dopo improvviso innamoramento dei collezionisti, è proprio negli scienziati che si intravede la nuova Creatività, il nuovo Genio che sa unire Tecnica e Umanesimo.

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Impariamo davvero da chi sa leggere i dati

Nei mondi artistici e creativi infatti c’è stata una vera sbronza tecnologica, in parte alimentata dall’entusiasmo naturale con cui sono state accettate le nuove tecnologie generative digitali, il Web, il Metaverso, la produttività dei dati.
Ed in parte stimolata da chi controlla finanziariamente le compagnie editoriali, la pubblicità, i media, e cerca di consolidare il concetto di taglio dei costi nel mondo dei talenti.
“Con la AI molti lavori spariranno, inclusi quelli degli scrittori, dei filosofi, dei creativi, dei costruttori di narrazioni e di mondi”, dicono.

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Penserà a tutto ChatGPT. Loro lo affermano

Ora, gli esseri umani sono un po’ più originali di queste fesserie.
Il successo del recente sciopero dei sei mesi degli sceneggiatori USA di cinema e TV dimostra che la “lobby dei creativi” ha gli strumenti per opporsi agli scalcinati piani di sostituzione etnica e tecnologica.
Aggiungete che a quelli che dicono che “le idee non servono” e “contano solo i dati”, rispondono proprio gli uomini e le donne della scienza, quelli che i dati li sanno produrre, leggere e interpretare, per trasformarli in brevetti, ponti e palazzi, attività industriali.
Sono proprio loro i più grandi difensori della collisione, e della contaminazione, tra i due mondi.
Sono proprio loro che possono aiutare i creativi di questo Nuovo Millennio a far coincidere le due ansie, quella espressiva ed estetica e quella della scienza e della ricerca.
Sono proprio loro, insomma, che possono creare le condizioni per un vero Millennio del Nuovo Rinascimento.

Quel permanente atto di fede nel cinema di Christopher Nolan

Verso il trionfo di scienza e umanesimo insieme

Abbiamo già citato la drammatica coincidenza tra l’apertura dello Science Gateway del CERN e l’inizio di combattimenti cruenti tra lo Stato di Israele e i terroristi di Hamas.
Immaginate ora che, all’interno dei panel interministeriali organizzati a contorno dell’inaugurazione, fosse presente David Harel, Presidente della Academy of Science and Humanities di Tel Aviv dal lontano 1980.
Davanti alle notizie dei morti nel suo Paese, alle bombe, ai prigionieri, sarebbe stato comprensibile rinunciare al convegno, prendere il primo aereo e tornare dalla famiglia in patria.
Invece il settantenne professore, con grande compostezza va sul palco, prende il microfono, cita i fatti drammatici, ma annuncia che proprio in un momento di guerra, di buio della ragione, è ancora più importante parlare di come promuovere lo studio, la cultura, la scienza.
E si lancia in uno splendido discorso sul fatto che le applicazioni scientifiche devono trovare posto nella vita delle persone, e che per raggiungere questo risultato è necessario che scienziati e comunicatori, fisici e filosofi, professori e allievi debbano sempre tenere presente questo stretto legame tra Scienza e Umanesimo.
Peraltro non possiamo non segnalare che tutta l’attività di computer Scientist di Harel è stata orientata alla costruzione di software che creano interazione con i fruitori, anche e soprattutto attraverso formati grafici non verbali, come l’UML Standard e le Live Sequence Chart.
Un Art Director nascosto in un programmatore, insomma.
Ma per tornare al suo intervento, il valore simbolico sta tutto nella dichiarazione che solamente lo studio e la cultura possono opporsi alla guerra e alla violenza.
E solo “nella valorizzazione, e nel trionfo, di entrambe le componenti, Scienza e Umanesimo, Tecnica ed Etica, ci sarà il futuro pacifico del pianeta”.

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Predisponiamoci tutti per scenari… incredibili

“Raggiungere i posti che la scienza non può raggiungere”.
Per andare dritti al punto, e comprendere l’importanza del CERN Science Gateway e della forza che Fabiola Gianotti vuole imprimere a questo processo di viaggio comune tra scienza ed arte, possiamo affidarci a alle parole di Benjiamin Labatut che recentemente ha pubblicato “Maniac”, un volume dedicato al grande fisico ungherese Jancsi von Neumann, uno dei protagonisti della squadra che a Los Alamos realizzò la prima bomba atomica.
“È la scienza che deve descrivere la realtà. Non è quello il compito della letteratura. Il ruolo della letteratura è raggiungere i posti che la scienza non può raggiungere”.
Sostituite a “letteratura” il termine “creatività” ed avrete compreso il rapporto tra immaginazione e scienza, che è una collisione cui dobbiamo lavorare tutti, uomini e donne della scienza assieme agli uomini e alle donne della creatività, dell’arte, della filosofia.
Ce lo ha ricordato recentemente anche Christopher Nolan (il cui cinema è stato splendidamente descritto proprio in questo giornale), un regista appassionato di scienza e di relazioni spazio temporali.

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Il dovere di tornare a studiare senza “se” né “ma”

Nel recente “Oppenheimer” ha raccontato il tormento di un grande fisico, capo di von Neumann, tra l’altro, che si trova a dover gestire un dilemma etico, prima che scientifico.
E se si tratta di una grande tragedia come della Bomba H, il Nolan grande cineasta racconta anche di come gestire la potenza della scienza assieme al divino che è in ogni umano.
E a chi pensa che questo processo, questo rapporto di polarizzazione, ci sia sempre stato nella storia della cultura umana, e non coglie i tratti di rivoluzione che un vero viaggio comune tra queste due componenti oggi potrà portare al Genere Umano, dedichiamo le parole del Professor Feynmann, un altro campione di questo nuovo genere.
Si tratta di un fisico con una completa cultura umanistica che sostiene che “se tu pensi di aver capito la Meccanica dei Quanti, vuol dire che tu non hai capito la Meccanica dei Quanti”.
Torniamo tutti a studiare, dunque.
Con curiosità a passione come predica Fabiola Gianotti con il CERN Science Getaway di Ginevra.
Torniamo tutti a lavorare.
Con serenità e senso di comunità, scienziati e artisti, senza pensare che qualcuno sia più fondamentale dell’altro.
Senza sperare che uno possa sostituire l’altro.

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