Quel permanente atto di fede nel cinema di Christopher Nolan

Una riflessione in libertà su scienza, filosofia e umanità nell’innovativa settima arte del regista, sceneggiatore e produttore londinese

Christopher Nolan: le impronte delle mani e delle scarpe
Le impronte delle mani e delle scarpe di Christopher Nolan dinanzi al Grauman's Chinese Theatre di Hollywood in California

In un’intervista del 2017, Christopher Nolan ha dichiarato che tutti i suoi film parlano di “esperienze individuali, potenziali contraddizioni con la realtà oggettiva”.
Il caleidoscopio di prospettive, la loro negoziazione, il consenso come mediazione e compromesso, viene prima di ogni narrativa dominante.
“Dunkirk” è prima di tutto la rappresentazione immersiva della lotta per la sopravvivenza di singoli soldati, “Oppenheimer“ il dramma di un uomo e del peso di cui la sua coscienza si grava.
Lo sfondo storico è lì, in entrambi i casi, ma è un costrutto derivato, a posteriori: possiamo leggerlo nei libri, ma nessun singolo uomo ha mai vissuto la Storia, quella con la S maiuscola.
La Storia non è il tempo, ma il farsi memoria collettiva del tempo, il precipitato culturale, appiattito e normalizzato, di forze vive e caotiche.

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Christopher Nolan: il film "Matrix" di Larry e Andy Wachowski
I due personaggi principali del film “Matrix” uscito nel 1999, questo non diretto da Christopher Nolan, bensì dai fratelli (ora sorelle) Andy e Larry Wachowski: un’opera che ha profondamente influenzato tutta la cinematografia e l’immaginario degli anni successivi

Il tempo come un limite da superare

Anche l’ossessione per la manipolazione del tempo, altro leit motiv dei suoi film, non riguarda né la fisica né la fantascienza.
È semplicemente un modo, forse il più efficace, per rappresentare l’inconciliabilità fra soggettività e realtà esteriore.
È un tema che ha segnato profondamente gli Anni 90: “Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se da un sogno così non ti dovessi più svegliare? Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?”, chiede Morpheus a Neo in Matrix, capostipite del genere.
Si può scomodare molta filosofia, il mito platonico della caverna, il dubbio cartesiano, il velo di Maya, Schopenhauer e Baudrillard, ma a Nolan, nonostante le apparenze, non sembrano interessare le speculazioni cervellotiche.
Il punto non è trovare una soluzione razionale, un’esegesi, una riconciliazione degli effetti: “Non tentare di comprenderlo. Sentilo”, consiglia la scienziata al protagonista di “Tenet”, alle prese con gli effetti della paradossale inversione della freccia del tempo.
Christopher Nolan sconta fin dall’inizio l’inevitabile incapacità umana di venire a capo della realtà in cui si trova, spostando pragmaticamente l’attenzione su un’altra domanda, più fondamentale: con che atteggiamento dovremmo vivere la nostra vita, in questa condizione di perenne ignoranza e incertezza?

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L’importanza della scelta individuale…

“Memento” e “Inception” sembrano dare la medesima risposta: la realtà è quella che scegliamo noi per noi stessi. Ad un certo punto il dubbio deve cadere. Prima la fiamma brucia la candela, ma alla fine brucia se stessa.
Non importa se siamo incatenati ad un eterno presente, continuamente privati di memoria e quindi contesto, come il protagonista di “Memento”, affetto da amnesia anterograda a seguito di un’aggressione.
Non importa se abbiamo perso la capacità di distinguere la realtà da un sogno (o un sogno dentro al sogno), come il protagonista di “Inception”, ladro professionista di segreti nella dimensione onirica, che nel happy handing, in cui finalmente si riunisce ai figli, sceglie di non guardare il suo totem (l’iconica trottola che funge da “reality check”), condannando lo spettatore alla stessa sospensione del giudizio.

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Christopher Nolan: Bruno De Finetti
Matematico e statistico austriaco e italiano, Bruno De Finetti (1906-1985) ha formulato la concezione soggettiva operazionale della probabilità, attestante l’importanza del fattore fiducia che un soggetto, in possesso di determinate informazioni non complete, attribuisce a un evento

Dopo tanto affannarsi, che cosa resta?

La consapevolezza, faticosamente conquistata, che non possiamo mai veramente sapere, solo scegliere in cosa credere.
“È disposto a fare un atto di fede?” è la frase che ritorna più volte in “Inception”, come unico modo per ritrovare la via d’uscita da un eterno quanto illusorio limbo, ma ciò che c’è dall’altra parte non è un ingenuo e malriposto concetto di “realtà”, quanto il recupero di un senso, qualcosa per cui valga la pena vivere.

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La fede anche come forma di sanità mentale

Il protagonista di “Memento” non può fidarsi di niente e nessuno, ma il film si conclude con queste sue parole: “Devo credere in un mondo fuori dalla mia mente, devo convincermi che le mie azioni hanno ancora un senso, anche se non riesco a ricordarle. Devo convincermi che, anche se chiudo gli occhi, il mondo continua ad esserci”.
La vera distinzione non è fra sanità e follia, ma fra follia costruttiva, quella di chi sa fermarsi, arrendersi, credere, e follia distruttiva, come quella del protagonista di “The Prestige”, un prestigiatore logorato dall’ossessione di scoprire il trucco del rivale (frutto di una vita di dedizione assoluta e sacrificio estremo) e di non poter sapere che cosa ha provato in punto di morte la sua ragazza (affogata durante un numero conclusosi in tragedia), che arriva a piegare le leggi della natura e a perdersi in una spirale di doppi di se stesso che finisce per frammentarne sempre più il senso di identità.

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Christopher Nolan: Alan Turing
Vissuto fra il 1912 e il 1954, Alan Turing è stato un matematico, logico, crittografo e filosofo britannico, ed è considerato a tutti gli effetti il padre dell’informatica moderna, tanto che si calcola che il suo lavoro di decodifica dei messaggi segreti nazisti abbia accorciato la Seconda Guerra Mondiale di almeno due anni: egli ipotizzò la nascita dell’Intelligenza Artificiale e immaginò un test divenuto molto famoso, l’omonimo “Test di Turing”, per comprendere se un computer abbia o meno acquisito consapevolezza di sé

L’umanissima necessità di un certo solipsismo

Una qualche forma di solipsismo è inevitabile, come riconoscimento dei limiti del nostro stare nel mondo, ma trasformarlo in istanza ontologica ci muta in mostri insensibili, come il Sator di “Tenet”, che preferisce distruggere il mondo piuttosto che immaginarne un futuro cui lui non potrà assistere, o come il Joker del “Cavaliere Oscuro”, che vuole imporre la sua personale visione distorta delle cose a chiunque e si stupisce infine che gli “altri” non si conformino alla sua idea dell’animo umano.
“Un’idea è come un virus”, altra citazione famosa di “Inception”.
Se mette radici, può completamente alterare la nostra capacità di percepire “l’altro da sé”.
L’antidoto è, di nuovo, un atto di fede, che non si configura però come credenza cieca, contrappunto irrazionale ma senza soluzione di continuità rispetto al suo antipodo mentale, ma come sano scetticismo, umiltà agnostica.

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Un legame che trascende lo spazio-tempo

“Interstellar” e “Tenet” sono la naturale prosecuzione di queste riflessioni.
In entrambi, il tempo si piega e richiude su se stesso, vuoi per fenomeni di gravità quantistica nei recessi del cosmo, vuoi per effetti di inversione entropica nell’altrimenti familiare contesto terrestre.
Anziché offrire più libertà d’azione ai personaggi, impegnati a comunicare col loro stesso futuro, ciò sembra tuttavia negarne del tutto il libero arbitrio, chiudendoli in una “tenaglia temporale” in cui tutto sembra scritto, predeterminato, vincolato all’autoconsistenza.
I personaggi si interrogano più volte sul senso dei loro sforzi, alla luce di questo dubbio di predestinazione.
In “Interstellar”, il senso delle proprie azioni viene ritrovato nell’emergere dei costrutti umani (l’amore, in primis), che spezzano la linearità delle leggi fisiche e la circolarità del tempo, ricordandoci che ogni buona spiegazione di un fenomeno richiede più livelli (altrimenti abbiamo solo una catena monodimensionale di cause ed effetti).
In “Tenet”, il senso deriva dall’assunzione di responsabilità, volontà, scelta.
Di nuovo, occorre un salto di fede, in entrambi i casi. È un vero e proprio salto – nel buco nero Gargantua – quello che compie il protagonista di “Interstellar”, per ricongiungersi attraverso gli oceani del tempo alla figlia, stabilendo una connessione fisica, sì, ma che non avrebbe potuto esistere senza il loro legame.
“L’amore è l’unica cosa che riusciamo a percepire che trascenda le dimensioni di tempo e spazio. Forse di questo dovremmo fidarci, anche se non riusciamo a capirlo ancora”, e nel finale la figlia, ormai sul letto di morte, ritrovando il padre gli confessa che “Nessuno voleva credermi, ma sapevo che saresti tornato, perché il mio papà me lo aveva promesso”.

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Christopher Nolan: Ignazio Licata
Ignazio Licata, fisico teorico ed epistemologo italiano nato nel 1958, ha studiato fra gli altri con David Bohm, è redattore capo della rivista “Electronic Journal of Theoretical Physics” nonché direttore scientifico dell’Istituto Interdisciplinare per la Metodologia Scientifica (ISEM): nel suo ultimo libro, “Arcipelago (maggio 2023, editore Nutrimenti), presenta un’analisi del nostro presente e futuro, individuando nuovi strumenti sociali e politici in grado di liberarci dalle gabbie delle attuali dinamiche

I limiti di algoritmo e AI in Nolan cineasta

“L’ignoranza è la nostra arma”, si ripete più volte in “Tenet”: se la libertà è un’illusione, vale comunque la pena abbracciarla, vivere come se fosse vera, pena il cadere nel fatalismo.
“’È andata com’è andata’, il che è un’espressione di fiducia nella meccanica del mondo, non una scusa per non far niente”, è la frase che conclude l’intera operazione per salvare il mondo è che dà un significato al consapevole sacrificio del coprotagonista.
E il famigerato “algoritmo” che minaccia il futuro (o il passato) dell’umanità, per quanto rappresentato in forma fisica, altro non è che il simbolo degli onnipresenti algoritmi di intelligenza artificiale che ormai dominano le nostre vite, eredi del riduzionismo e minacce concrete all’idea stessa di creatività e libertà umane, ridotte a complicati schemi numerici.

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L’allergia del mondo alla compressione algoritmica

Ma la maggior parte dei sistemi nell’universo non si prestano a “compressione algoritmica” (cioè a formalizzazione astratta, un atto i cui limiti sono noti grazie ai lavori di Kurt Gödel, Alan Turing e Gregory Chaitin), altrimenti gli “esseri pentadimensionali” di “Interstellar” non avrebbero bisogno del protagonista, per chiudere il loop temporale.
In entrambi i film, salvare l’umanità passa per salvare prima di tutto se stessi: è una battaglia per la propria anima, in un universo ostile, ma non cattivo; la crudeltà è prerogativa umana, proprio come la salvezza.
Come in “Matrix”, se insistiamo a vedere la realtà come una “simulazione” – un mero calcolo basato su regole e leggi – allora il punto sta nel credere nella nostra natura di “oracoli”.

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Christopher Nolan: Kurt Gödel
Kurt Friedrich Gödel è un matematico austriaco, naturalizzato statunitense, vissuto fra il 1906 e il 1978: fondamentali sono stati i suoi lavori sul concetto di incompletezza delle teorie matematiche, che hanno influenzato significativamente le ricerche in tale materia nonché in informatica, oltre al pensiero filosofico del XX secolo

Non si presuppone uno spirito antiscientifico

Anzi, pochi registi hanno portato la fisica sullo schermo con la stessa maniacale dedizione di Christopher Nolan.
Semmai, priva la scienza del suo ruolo puramente computazionale e predittivo, liberandola dal pregiudizio ben delineato dal matematico austriaco e italiano Bruno De Finetti.
“Sapere come le cose andranno… come se andassero da sole!”, il che ricorda un’altra scena di “Tenet”, in cui il protagonista, in attesa passiva che un proiettile invertito balzi da solo dal tavolo nella sua mano, viene redarguito dalla scienziata: “Devi prima averlo lanciato” (ancora una volta negando che la legge causa-effetto, in qualsiasi verso la si guardi, sia la fine della storia).
Se ogni conoscenza è parziale, se l’incertezza è inevitabile, la fiducia non è più un lusso, ma una necessità per andare avanti: una scommessa lucida, razionale, ma che cela sempre anche un contenuto emotivo.
C’è sempre un limite alla conoscenza umana, che solo la libera indagine empirica può spostare.
Nel suo ultimo film, “Oppenheimer” dice frasi come “la teoria può arrivare solo fino a un certo punto” e “che cosa ti aspetti dalla sola teoria?”.
Per questo costruire la bomba e vederne gli effetti è l’unico modo per “crederci”.

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Aprirsi al mondo in una prospettiva innovativa

Nel bene e nel male, l’uomo è un esploratore, creatore e scopritore del suo futuro e costantemente alle prese con le conseguenze delle proprie scelte.
La fede è il vento che gonfia le vele, anche quando rotta e meta sono in gran parte ignote, ma è anche l’ancora cui ci aggrappiamo quando ogni riferimento salta.
È una contraddizione che risuona nello stile stesso del cinema di Christopher Nolan, tanto spregiudicato nei temi quanto attaccato alla tangibilità, col suo rifiuto del digitale e della CGI.

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Christopher Nolan: Gregory Chaitin
Nato nel 1947, Gregory Chaitin è un matematico e informatico argentino, noto per i suoi contributi alla metamatematica, cioè la disciplina che studia i principi generali della matematica

Il senso di realtà come “resistenza del mondo”

Per usare la felice espressione del fisico Ignazio Licata, il senso di realtà è legato alla “resistenza del mondo”, allo sforzo attivo e concreto per forgiarne la materia.
Ma è la stessa contraddizione che alberga in ciascuno di noi, tanto più in un periodo, come quello attuale, che vede un livello di virtualizzazione sempre più spinto, e che alimenta quella predisposizione alla virtualità (intesa come anticipazione, immaginazione) che è la cifra distintiva del genere umano.
Quindi fede come negazione di ogni verità assoluta, il che però non equivale al relativismo ingenuo, indifferente alla dialettica di punti dei vista, in nome di una banale moltiplicazione (politically correct) del concetto di verità.
La migliore approssimazione accessibile della verità è l’aderenza consapevole ma critica alla soggettività, la scommessa sul valore delle proprie scelte, ma questo valore può misurarsi solo in un contesto collettivo (di cui non si può negare le acquisizioni condivise), nell’apertura al mondo e nel confronto con l’altro.

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Il trailer del film “Following” (1998) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Memento” (2000) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Insomnia” (2002) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Batman Begins” (2005) di Christopher Nolan

Il trailer del film “The Prestige” (2006) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Il Cavaliere Oscuro” (2008) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Inception” (2010) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno” (2012) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Interstellar” (2014) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Dunkirk” (2017) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Tenet” (2020) di Christopher Nolan

Il trailer del film “Oppenheimer” (2023) di Christopher Nolan

Christopher Nolan: il riconoscimento della Libreria del Congresso degli Stati Uniti
Due dei film di Christopher Nolan (“Memento” e “Il Cavaliere Oscuro”) sono stati selezionati dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti per essere conservati nel National Film Registry