Efficienza digitale, innovazione e inclusività i "rimedi" d’ordine

UE e FMI concordi per evitare la “tempesta perfetta “della stagflazione, frutto della guerra, della debole crescita USA e del COVID in Cina

La stagflazione è uno dei peggiori scenari macroeconomici
La stagflazione indica l’aumento generale dei prezzi e la mancanza di crescita dell’economia in termini reali nello stesso mercato (Illustrazione: Treccani)

Il clima di instabilità internazionale sviluppatosi negli ultimi mesi ora inizia a presentare il conto. Lo ricordano due differenti report, pubblicati contemporaneamente nei giorni scorsi.

Il primo, “Previsioni economiche per il terzo trimestre 2022”, è stato redatto dalla Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Unione Europea.

Il secondo, “La reazione del G20 alle prossime difficoltà economiche”, porta invece la firma di Kristalina Georgieva, Managing Director a Washington del Fondo Monetario Internazionale.

Riconosciamolo subito: invertendo l’ordine dei fattori, e pur considerando la differente prospettiva geografica delle analisi ed il pericolo latente ancora rappresentato dal COVID-19, il risultato preconizzato da entrambi i rapporti non cambia ed anticipa la realtà socio-economica che vivremo nei prossimi mesi.

Gli aiuti all’Ucraina? Sarà l’innovazione la conditio sine qua non

Esaminando l’area continentale, la Direzione Finanziaria della UE esordisce segnalando che la guerra ucraina si presenta come fonte di pressioni inflazionistiche e decrescita economica.

Sinora gli aumenti delle fatture energetiche ed alimentari si sono tradotti in inflazione, riduzione del potere di acquisto delle famiglie e la necessità di un aumento dei tassi di interesse oltre le previsioni iniziali.

A questo scenario si aggiungono due fattori interdipendenti: una debole crescita economica americana, ma anche cinese, provocata dalle restrizioni anti-Coronavirus imposte dal Governo di Pechino.

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La sede del Fondo Monetario Internazionale a Washington negli Stati Uniti d'America
La sede del Fondo Monetario Internazionale a Washington negli Stati Uniti d’America

Pensionati, impiegati e il settore del commercio sono già nel mirino della recessione

Queste problematiche in autunno colpiranno le famiglie con reddito fisso, in particolare pensionati, impiegati, ed il settore del commercio.

Sarà allora che una riduzione dei consumi si tradurrà in un’altrettanta riduzione della produzione, cui l’industria dovrà replicare aumentando i prezzi per sostenere i costi fissi, mentre i consumatori a loro volta risponderanno comprando meno: eccovi servita la ricetta della stagflazione.

Ed ora, traduciamo il tutto in cifre.

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La sede della Commissione Europea a Bruxelles in Belgio
La sede della Commissione Europea a Bruxelles in Belgio

PIL europeo in crescita dell’1,5 per cento nel 2023, e il PNRR potrebbe non bastare…

Le previsioni di sviluppo economico, il GDP o PIL che dir si voglia, il tradizionale indice della ricchezza prodotta dalla industria, per gli Stati UE è previsto aumentare del 2,7 per cento nel 2022, e ridursi ad un modesto 1,5 per cento l’anno seguente, con stime pressoché invariate anche per l’Eurozona, il gruppo degli Stati che gravita sull’euro pur non avendolo come moneta nazionale.

Veniamo alla inflazione.

Nel terzo trimestre 2022, sarà l’8,4 per cento nella euro-area, con previsione di riduzione al 3 per cento a fine 2023, salvo le complicazioni dovute alla stagflazione che prima abbiamo velocemente riassunto.

Non facciamoci illusioni, ricorda il “governo di Bruxelles”: l’apparente prosperità economica per l’anno in corso è figlia di un ritorno alla normalità vissuto da fine 2021 e durato sino all’inizio della guerra ucraina.

Per il 2023 le previsioni UE pronosticano un aumento dei consumi dovuto all’arrivo dei sussidi comunitari che, per esempio, in Italia sono noti come Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza o PNRR.

Tuttavia va osservato che questi prestiti servivano, ed ancora servono, a superare le difficoltà della pandemia e non del conflitto ucraino.

In ultima analisi, osservano gli analisti comunitari, non resta che sperare in una conclusione della pandemia e della guerra provocata dalla Russia, e parimenti attendersi che le famiglie superino le difficoltà ricorrendo ai loro risparmi, anche se, e lo si può intuire interpretando la prosa diplomatica, questo aumenterà il divario sociale, cioè l’eterna distanza tra “chi ha” e “chi spera di avere”.

Cambia la prospettiva di analisi, ma non cambiano le conclusioni del report del FMI, che così esordisce: “Nel 2023 troveranno conferma le attuali difficoltà, aggravate da ipotesi di recessione”.

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La placca collocata a ricordo dei cosiddetti "Accordi di Bretton Woods" a Washington
La placca collocata a ricordo dei cosiddetti “Accordi di Bretton Woods” a Washington nella sede del Fondo Monetario Internazionale

Nella roadmap del Fondo Monetario Internazionale tutto è lecito contro l’inflazione

La roadmap, la tabella di marcia prevista dal Fondo Monetario Internazionale, si articola in tre punti.

Per cominciare, tutto è lecito pur di combattere la inflazione.

Ed i motivi ci sono tutti perché, ricordano gli esperti di Washington, l’inflazione penalizza oltremisura soprattutto le economie dei Paesi meno industrializzati.

Ad esempio, 75 delle 100 maggiori banche centrali monitorate dall’IMF hanno aumentato i tassi negli ultimi 12 mesi, e per un totale di +1,7 punti percentuali.

Questo incremento è tuttavia percepito come un +3 per cento, cioè il doppio, nelle economie delle Nazioni del Terzo Mondo.

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La bandiera dell'Unione Europea più in evidenza rispetto ad altre
La bandiera dell’Unione Europea più in evidenza rispetto ad altre

“Se gli Stati ricchi prendono il raffreddore, quelli poveri si ammalano d’influenza…”

Tanto per capirci, anche in questo caso trova conferma la vecchia regola che, se gli Stati ricchi prendono il raffreddore, quelli poveri si ammalano di influenza.

Ma ancora: l’aumento dei tassi deve essere coordinato, prevedibile e coerente, per evitare fughe di capitali destabilizzanti ed incontrollate a danno dei Paesi emergenti.

In questi casi, osserva l’IMF, più che sui tassi sarebbe meglio intervenire sul mercato dei cambi, che consente maggiori spazi di manovra.

Il masterplan degli esperti di Washington inoltre prevede che i Paesi a forte debito pubblico combattano la inflazione con un inasprimento delle misure fiscali, da intendersi come provvedimenti per ridurre i consumi e dunque equilibrare domanda ed offerta.

Allo stesso tempo, andrebbero concessi aiuti mirati agli strati sociali più deboli e adottando iniziative strutturali, come incrementare la efficienza digitale, la innovazione, e la inclusività nei processi lavorativi.

Il tutto sempre in un’ottica budget-neutral, cioè rifuggendo da pericolosi aumenti di un debito nazionale che si somma ad una inflazione interna fuori controllo.

Economia circolare e uso efficace delle risorse in Svizzera

Per semplificare, sono proprio queste le patologie che affliggono quei debitori sovrani che, pur di attirare gli investitori, si rivolgono ai mercati internazionali emettendo prestiti in valute forti, come dollari americani, ma che poi non riescono a pagare, originando default che penalizzano gli investitori internazionali, compresi quelli delle Nazioni benestanti.

Questi problemi, avverte l’IMF, già oggi interessano il 30 per cento degli emerging markets ed il 60 per cento dei Paesi a basso reddito.

La terza delle soluzioni proposte dagli economisti di Washington prevede infine che le Nazioni più industrializzate, il cosiddetto G20, intervengano per sostenere la cooperazione economica internazionale.

Non è una missione impossibile, ricorda l’IMF: “Ispiriamoci ai progressi che si sono ottenuti coordinandosi in materia di tassazione, commercio, lotta alle pandemie e sostenibilità ambientale”.

Digital Twin: tutti i vantaggi di un’innovazione senza fine

La città di Berna (Svizzera) vista attraverso il simbolo dell'Agenda 20230 delle Nazioni Unite
La città di Berna (Svizzera) vista attraverso il simbolo dell’Agenda 20230 delle Nazioni Unite

Sussidi per 45 miliardi di dollari a beneficio di chi per l’ONU vive in totale indigenza

Ne beneficeranno innanzitutto i 71 milioni di persone che, secondo le rilevazioni dell’United Nations Development Programme, già vivono in totale indigenza.

In questo ambito, l’IMF ricorda di avere già pronto un piano di sussidi da 45 miliardi di dollari.

In conclusione, la storia recente sembra ripetersi, e ricordarci che, come avvenuto durante la pandemia, anche le difficoltà socio-economiche causate dalla guerra russo-ucraina devono convincerci che a problemi globali si deve reagire con iniziative altrettanto coordinate.

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