Proteggere le acque dell’Antartico e il futuro: le ricerche sul Krill

L’avvenire della vita negli Oceani si può salvaguardare partendo da un minuscolo crostaceo simile ai gamberetti che popola i mari glaciali

Il Krill nelle acque dell'Antartico
Una immagine del Krill
(Foto: pilipenkoD)

Proteggere il Krill per proteggere il futuro dell’Antartico e del nostro Pianeta. Come spesso accade è dalle piccole cose che si originano grandi cambiamenti e nel caso del Krill parliamo di qualcosa di infinitesimali rispetto all’immensità degli Oceani da salvare.

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Krill: il ruolo del Krill antartico è molto importante nei cicli biogeochimici degli Oceani
Il ruolo del Krill antartico è molto importante nei cicli biogeochimici degli Oceani. I Krill (come sciami e individui) si nutrono di fitoplancton in superficie (1), lasciando che soltanto una parte affondi come aggregati fitodetritici (2), che si disgregano facilmente e non possono affondare sotto il termoclino permanente. I Krill rilasciano anche pellet fecali (3) mentre si nutrono, che possono affondare nelle profondità marine, ma possono essere consumati (coprofagia) e degradati durante la discesa (4) da Krill, batteri e zooplancton. Nella zona marginale del ghiaccio, il flusso di pellet fecali può raggiungere profondità maggiori (5). I Krill rilasciano anche mute, che affondano e contribuiscono al flusso di carbonio (6). I Krill rilasciano sostanze nutritive durante l’alimentazione, l’escrezione e l’espulsione, come il ferro e l’ammonio (7), e se vengono rilasciati vicino alla superficie possono stimolare la produzione di fitoplancton e un ulteriore abbassamento della CO2 atmosferica. Alcuni Krill adulti risiedono permanentemente più in profondità nella colonna d’acqua, consumando materiale organico in prossimità dei fondali (8). Il carbonio (sotto forma di materia organica o di CO2) che affonda al di sotto del termoclino permanente viene sottratto al mescolamento stagionale e rimane immagazzinato nell’oceano profondo per almeno un anno (9). I movimenti di nuoto dei Krill adulti che migrano possono mescolare l’acqua ricca di nutrienti proveniente dalle profondità (10), stimolando ulteriormente la produzione primaria. Altri Krill adulti si foraggiano sul fondo marino, rilasciando CO2 respirata in profondità e possono essere consumati da predatori demersali (11). I Krill larvali, che nell’Oceano Meridionale risiedono sotto il ghiaccio marino, compiono un’ampia migrazione verticale diurna (12), trasferendo potenzialmente la CO2 al di sotto del termoclino permanente. Il Krill viene consumato da molti predatori, tra cui le balene (13), il che porta all’immagazzinamento di parte del carbonio del Krill sotto forma di biomassa per decenni prima che la balena muoia, affondi sul fondo marino e venga consumata dagli organismi di acque profonde.
(Fonte: Nature)

Che cos’è il Krill e perché è così importante

Quando si parla di salvaguardia dell’ambiente spesso sentiamo pronunciare il termine Krill. Di cosa si tratta? Il Krill non è altro che un minuscolo crostaceo con un aspetto molto simile a quello di un gamberetto.

Vive principalmente nelle zone glaciali, è lungo appena 2 centimetri ed è alla base della dieta di balene e pinguini. Il Krill, per via delle sue caratteristiche, ha da sempre attirato l’attenzione dell’industria della pesca, dando vita a una competizione con le specie animali che si nutrono di questo alimento e popolano le aree più incontaminate del Pianeta.

Per quanto sia piccolo infatti questo crostaceo è un elemento chiave nella protezione delle acque e, secondo gli scienziati, potrebbe aiutarci a salvaguardare il nostro futuro.

Il Krill compone lo zooplancton, nutrimento di numerosi animali, ed è benefico per la salute umana. Non a caso l’olio di Krill è considerato uno fra i migliori integratori a base di Omega 3, ideale per proteggere il sistema cardiocircolatorio.

Secondo gli ultimi report sull’industria mondiale, nel prossimo triennio il commercio del Krill aumenterà del 12 per cento.

Un fenomeno a cui si andrà a sommare la riduzione delle alghe glaciali che costituiscono il nutrimento del crostaceo.

L’insieme di questi fattori ambientali e una pesca irresponsabile dunque stanno conducendo verso un disastro di fronte al quale è essenziale intervenire.

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Pinguini nell'Antartico

Pinguini in un paesaggio antartico
(Foto: mike_matas)

Lo studio compiuto da “Greenpeace” sul Krill

La pesca industriale del Krill è finalizzata in particolare alla produzione di mangimi per l’acquacoltura e alla produzione degli integratori di Omega 3.

Questa attività, protratta nel tempo, ha portato a una diminuzione delle riserve di questo gamberetto nell’Antartico, andando a incidere negativamente sulle reti alimentari. Il Krill infatti rappresenta la principale fonte di alimentazione per i pinguini di Adelia e le balene azzurre.

Uno studio di Greenpeace, intitolato License to Krill, ha evidenziato le criticità legate all’attività di pesca svolta in una fra le aree più incontaminate del nostro Pianeta.

Il tracciamento dei pescherecci infatti ha sottolineato non solo un impatto negativo sui fondali e sulla fauna, ma anche un’attività di pesca altamente rischiosa con il transhipment (trasbordo delle catture) e lo sversamento di oli.

Non solo: lo studio rivela che la pesca al krill avviene in Antartide vicino alle aree di alimentazione di pinguini e balene. A ciò si aggiungono mutamenti climatici che stanno portando a una diminuzione del krill, originando una sorta di lotta per la sopravvivenza.

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Foca fra i ghiacci dell'Antartide
Foca in Antartide
(Foto: Frank Günther)

Le specie in pericolo e il futuro delle acque

Lo studio di Greepeace è solo l’ultimo a mettere in evidenza l’importanza di proteggere il Krill per contribuire alla biodiversità marina.

Una ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista Scientific Reports, ad esempio, ha portato gli scienziati dell’Università di Barcellona e dell’associazione per la salvaguardia della foca Submon, a conclusioni allarmanti.

Il team di esperti ha infatti rilevato un aumento della predazione dei cuccioli di foca a causa di una diminuzione dei pinguini. Un fenomeno legato, ovviamente, alla scarsità di Krill.

Le otarie orsine antartiche all’inizio del XIX secolo sono state predate dagli uomini per le loro preziose pellicce. La specie, che si nutre soprattutto di pesce e Krill, dopo un periodo di ripopolamento, oggi è nuovamente in diminuzione.

Monitoraggi e studi sul posto hanno evidenziato come i cambiamenti climatici abbiamo portato a una mancata disponibilità di Krill e, di conseguenza, a una riduzione della fonte principale di cibo per le otarie.

Costrette a nutrirsi di pesce, anziché del loro alimento base, questi animali hanno subito negli ultimi anni una diminuzione drastica del successo riproduttivo.

Una situazione che, come sottolineano gli esperti, nei prossimi anni comporterà il peggioramento di una situazione già compromessa, mettendo a rischio, ancora di più, la sopravvivenza della specie.

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Krill nelle acque dell'Antartico
Esemplare di Krill nell'Antartico (Foto: pilipenkoD)