Tanja Zimmermann: “Stiamo cercando di ‘materializzare’ l'energia"

La Direttrice dei Laboratori Federali per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali sul ticket con l’EAWAG nel progetto “Mining the Atmosphere”

Tanja Zimmermann: intervista alla Direttrice dell’EMPA sul progetto svizzero “Mining the Atmosphere” in collaborazione con l’EAWAG
Tanja Zimmermann è la Direttrice dei Laboratori Federali per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali in Svizzera (Foto EMPA ed EAWAG)

Un’idea semplice, ma estremamente impegnativa in termini tecnici, è alla base della nuova iniziativa di ricerca dell’EMPA denominata “Mining the Atmosphere”.

Anziché estrarre dal petrolio il carbonio per polimeri plastici, farmaci, fibre, carburanti e prodotti simili, si può infatti pensare di utilizzare la CO2 presente da tempo nell’atmosfera.

Una soluzione potrebbe essere quella di una sorta di “aspirapolvere atmosferico”, attraverso il quale rimuovere l’anidride carbonica in eccesso dalla pellicola di gas che avvolge il pianeta Terra.

Per limitare i cambiamenti climatici, dobbiamo infatti compensare non soltanto le emissioni inquinanti future, ma anche quelle storiche, eventualmente riciclando la CO2 in eccesso.

La persona ideale con la quale approfondire questo tema è Tanja Zimmermann, Direttrice dei Laboratori Federali per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali, con sedi distribuite a Thun, San Gallo e Dübendorf in Svizzera.

Nata ad Amburgo cinquantacinque anni or sono, ha assunto il nuovo incarico di CEO dell’EMPA il primo giugno 2022: è subentrata a Gian-Luca Bona, che è stato per quasi tredici anni alla guida dell’importante ente di ricerca elvetico.

Tanja Zimmermann ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università della città anseatica nel 2007 per i suoi studi specifici, che hanno fornito le basi per nuove applicazioni tecniche della cellulosa.

Tra il 2001 e il 2012 ha dato vita al primo settore di ricerca sui nanocompositi di cellulosa sia all’EMPA che in Svizzera. Dal 2011 al 2017 è stata altresì responsabile del laboratorio dell’EMPA per i materiali lignei applicati.

Dall’autunno 2017 è membro della direzione dell’istituto e responsabile del Dipartimento Functional Materials, che conta circa 200 dipendenti in sei unità di ricerca: essi si occupano di una moltitudine di materiali, da quelli a base di legno e cellulosa al cemento e all’asfalto, dalle ceramiche ad alte prestazioni alle fibre polimeriche, per arrivare ai componenti per applicazioni energetiche.

Allo stesso tempo, ha assunto la co-leadership della Research Focus Area Sustainable Built Environment, in cui temi come l’economia circolare, l’efficienza delle risorse e l’attuazione efficace della strategia energetica svizzera svolgono un ruolo centrale.

Negli ultimi tre anni, insieme ai propri colleghi, ha anche dato vita a un’area di studio per la scienza dei materiali basata sui computer e sui big data e, in collaborazione con l’Imperial College di Londra, ha fondato il Centro di Robotica per i Materiali e la Tecnologia dell’EMPA.

Tanja Zimmermann, al vertice dei Laboratori Federali Svizzeri per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali, spiega perché si tratta soprattutto di un problema “di acqua”, che cosa è indispensabile fare per fronteggiarlo e che cosa si può produrre dall’anidride carbonica, un tipico gas serra.

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La CO2 estratta dall’atmosfera può essere utilizzata per produrre polimeri plastici, carburanti sintetici e materiali edili: è la materia prima del futuro (Foto: Envato)

Trovare soluzioni alla crisi climatica e utilizzare l’atmosfera come una sorta di “miniera” per estrarre la CO2 e produrre da essa beni e materiali preziosi: non è un’impresa da poco. Non ha il timore di non riuscire ad ossequiare le aspettative?

“In effetti, si tratta di problemi urgenti. Anche se riusciamo a raggiungere lo ‘zero netto’ e a dominare la transizione energetica, c’è ancora troppa CO2 nell’atmosfera, con le relative conseguenze negative, come lo scioglimento dei ghiacciai e l’aumento dei fenomeni meteorologici estremi. È quindi estremamente importante agire ora e fare la nostra parte. Percepisco una grande motivazione, soprattutto tra i nostri ricercatori più giovani, a lavorare su questi temi significativi. Quindi rispetto per il compito che ci siamo dati, assolutamente sì; paura di non essere in grado di offrire soluzioni, no”.

E il Laboratorio Federale per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali e l’EAWAG sono in grado di gestire da soli questo compito erculeo?

“Assolutamente sì. Non posso che essere d’accordo con i miei partner e colleghi dell’EAWAG. È fantastico poter collaborare con l’Istituto Federale di Scienza e Tecnologia Acquatica in modo così semplice ed efficiente. Il problema è talmente complesso che possiamo risolverlo soltanto insieme, cioè con tutte le istituzioni del Settore dei Politecnici Federali, ma anche al di fuori di esso, anche a livello internazionale. Dopo tutto, il problema non si ferma ai confini. Dobbiamo anche coinvolgere precocemente i decisori dell’industria, della pubblica amministrazione e della politica, al fine di generare soluzioni con un impatto reale. Come ho detto all’inizio, non stiamo pensando in piccolo”.

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Il progetto dell’EMPA “Mining the Atmosphere”, al quale collabora l’EAWAG, va ben oltre il Carbon Capture and Storage: si tratta di creare una nuova economia globale (Illustrazione: EMPA ed EAWAG)

Per la sua natura di laboratorio per la tecnologia dei materiali, qual è il ruolo dell’EMPA in tutto questo?

“Per quanto riguarda l’energia sostenibile, si verificherà un paradosso e dobbiamo precisarlo: in futuro, con l’espansione del fotovoltaico e altre soluzioni simili, avremo energia in eccesso in estate, ma troppo poca in inverno. Per compensare questa situazione, stiamo cercando di ‘materializzare’ l’energia, cioè di convertirla in vettori energetici chimici immagazzinabili, come l’idrogeno o il metano, utilizzando la CO2 dell’atmosfera!”.

Il che ci porta all’estrazione dell’atmosfera…

“Esattamente. La nostra visione è quella di trasformarci da una società che emette CO2 in una società che vincola l’anidride carbonica attraverso lo sviluppo di materiali e tecnologie appropriati. E questa è una necessità, lo sottolineo ancora una volta, perché anche dopo la transizione energetica dovremo ancora ‘ripulire’ l’atmosfera dall’inquinamento da CO2 che abbiamo causato negli ultimi duecento anni per evitare un ulteriore innalzamento della temperatura terrestre”.

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Tanja Zimmermann: intervista alla Direttrice dell’EMPA sul progetto svizzero “Mining the Atmosphere” in collaborazione con l’EAWAG
L’azione mitigatrice di foreste e oceani non basta più a trattenere la CO2 in eccesso, è necessario catturarla (Foto: Envato)

Qual è approssimativamente il vostro ordine del giorno?

“Attualmente stiamo lavorando sui vari ‘pilastri’, sulle basi, del nostro concetto: l’estrazione della CO2, la sua conversione chimica e, infine, le tecnologie per produrre da essa materiali ad alto valore aggiunto, ai quali il carbonio sarà legato a lungo termine. All’EMPA sono già in corso i primi progetti per tecnologie a emissioni negative, come materiali isolanti a base di biochar (un materiale carbonioso ottenuto per degradazione termica, allo stesso tempo eterogeneo e ricco di sistemi aromatici e minerali, ndr) e tipi di cemento che assorbono la CO2 durante il processo di consolidamento anziché rilasciarla. Ulteriori iniziative dovrebbero prendere il via l’anno prossimo. Io stessa, ad esempio, vorrei lanciare il tema del legno, che si basa sul mio background di ricercatrice. Sono in corso le prime discussioni tra le varie parti interessate e tutto ciò è sicuramente molto emozionante”.

A quali domande specifiche intendete rispondere?

“L’attenzione dell’EMPA è rivolta allo sviluppo di materiali innovativi a base di carbonio e alle relative tecnologie, il tutto attraverso approcci sistemici. Per cominciare, ad esempio, ci sono nuovi materiali da costruzione con un’impronta negativa di CO2, innovative tecnologie di produzione per realizzare questi ultimi su scala industriale (ma anche altre materie prime, ad esempio per l’industria chimica), efficienti reattori di metanazione e catalizzatori per la conversione dell’anidride carbonica e dell’idrogeno in metano, nonché nuovi concetti per ‘aspirare’ la CO2 dall’atmosfera nel modo più efficiente possibile dal punto di vista energetico. Dobbiamo e dovremo sempre più considerare tutti i materiali e i processi nel loro intero ciclo di vita, che dovrà essere circolare anziché lineare, ove possibile…”.

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Occorre finanziare anche nuove iniziative di ricerca. Da dove provengono i fondi?

“Finanzieremo la nostra iniziativa con lo ‘Startup Grant che abbiamo ricevuto dal Consiglio dei Politecnici Federali e con i fondi delle nostre riserve, in totale circa cinque milioni di franchi. Naturalmente, desideriamo anche raccogliere ulteriori risorse da terzi, sia da parte di enti pubblici, che grazie ai nostri partner industriali”.

Attualmente si sta facendo molto in questo ambito, ad esempio attraverso la Coalizione per l’Energia Verde e lo Stoccaggio (CGES) e le iniziative comuni del Settore dei PF. Non stanno facendo tutti la stessa cosa?

“Tutte queste iniziative sono importanti! Il CGES, una grande attività dei due Politecnici Federali di Zurigo e di Losanna insieme all’Istituto Paul Scherrer e all’EMPA, si occupa di immagazzinare energia sostenibile o di convertire ad esempio l’energia solare in vettori energetici chimici come idrogeno, metano o metanolo, il cosiddetto processo Power-to-X. L’obiettivo qui sono i sistemi MegaWatt, cioè l’implementazione su larga scala o l’upscaling delle tecnologie esistenti con i partner industriali, come quelle sviluppate nell’approccio connesso al nostro dimostratore di mobilità o nella piattaforma ESI (Energy System Integration, ndr) dello stesso PSI. Sebbene esista una certa sovrapposizione con il progetto ‘Mining the Atmosphere’, stiamo già pensando oltre la transizione energetica e puntiamo a un sistema di economia circolare completamente nuovo, basato su materiali a emissioni negative di CO2”.

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Perché è importante che la Svizzera svolga un ruolo pionieristico in questo ambito?

“La Svizzera continua a essere un leader internazionale nell’innovazione, soprattutto grazie alle buone condizioni quadro. Siamo quindi in una posizione ideale per sviluppare tecnologie e concetti nell’ambito delle iniziative in corso, per poi applicarli e portarli sul mercato. E questo aumenterà ulteriormente la competitività internazionale dell’industria elvetica…”.

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