Una benda rilascerà il farmaco soltanto alle ferite infette

Una benda rilascerà il farmaco soltanto alle ferite infette

L’EMPA lavora su fibre polimeriche che si “ammorbidiscono” non appena l’ambiente si riscalda a causa di un’infezione, liberando il medicamento

Le nanofibre sviluppate a San Gallo, ingrandite 6.000 volte e composte da una miscela di polimeri, rilasciano un agente antimicrobico quando si scaldano oltre una determinata soglia (Foto: EMPA)
Le nanofibre sviluppate a San Gallo, ingrandite 6.000 volte e composte da una miscela di polimeri, rilasciano un agente antimicrobico quando si scaldano oltre una determinata soglia
(Foto: EMPA)

Una benda che rilascia medicamenti non appena si manifesta un’infezione all’interno di una ferita potrebbe concorrere a curare le lesioni del corpo umano in modo molto più efficiente.
I ricercatori dell’EMPA, lo Eidgenössische Materialprüfungs- und Forschungsanstalt, stanno attualmente lavorando su fibre polimeriche che si ammorbidiscono non appena l’ambiente circostante si riscalda a causa di un’infezione, rilasciando così farmaci antimicrobici.

Il lavoro da remoto, e quei troppi lati oscuri per la salute

Fei Pan, ricercatore dell'EMPA, sta lavorando su una membrana fatta di nanofibre che rilascia farmaci soltanto quando il materiale si riscalda: una tale membrana potrebbe, per esempio, attivarsi in un bendaggio non appena una ferita dovesse infiammarsi (Foto: EMPA)
Fei Pan, ricercatore dell’EMPA, sta lavorando su una membrana fatta di nanofibre che rilascia farmaci soltanto quando il materiale si riscalda: una tale membrana potrebbe, per esempio, attivarsi in un bendaggio non appena una ferita dovesse infiammarsi
(Foto: EMPA)

Lo spreco di antibiotici promuove l’emergere di germi multi-resistenti

Non è possibile dire dall’esterno o in astratto se una ferita guarirà senza problemi al di sotto di una medicazione o se i batteri penetreranno nel tessuto ferito e accenderanno un’infiammazione.
Per andare sul sicuro, si applicano pomate disinfettanti o antibiotici sulla lesione prima di applicare la medicazione. Tuttavia, queste misure preventive non sono sempre necessarie.
Così, i farmaci sono sprecati e le ferite vengono trattate esageratamente.
Una conseguenza ancora peggiore è che l’uso, anzi lo spreco, di antibiotici promuove l’emergere di germi multi-resistenti, che sono un problema immenso sanitario immenso a livello globale.
I ricercatori dell’EMPA dei laboratori Biointerfaces e Biomimetic Membranes and Textiles di San Gallo vogliono cambiare questa situazione.
Stanno infatti sviluppando una medicazione che somministra autonomamente farmaci antibatterici, e lo fa soltanto quando sono veramente necessari.
L’idea del team interdisciplinare, guidato da Qun Ren e Fei Pan, è il seguente: la medicazione dovrebbe essere “caricata” di farmaci e reagire soltanto agli stimoli ambientali.
“In questo modo, le ferite potrebbero essere trattate esattamente al momento giusto e quando necessario”, spiega Fei Pan. Come stimolo ambientale, il team di scienziati ha scelto un effetto ben noto: l’aumento della temperatura che si verifica in una ferita infetta e infiammata.

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La capsula di Petri prende il nome dal batteriologo Julius Richard Petri, assistente di Robert Koch, che la inventò nel 1877, ed è un recipiente piatto di vetro o plastica, solitamente di forma cilindrica, che ha un diametro tra i 50 e i 100 millimetri e un'altezza di 15 mm: è un importante strumento di lavoro in molti campi della biologia, per la crescita di colture cellulari e perché permette di osservare a occhio nudo colonie batteriche
La capsula di Petri prende il nome dal batteriologo Julius Richard Petri, assistente di Robert Koch, che la inventò nel 1877, ed è un recipiente piatto di vetro o plastica, solitamente di forma cilindrica, che ha un diametro tra i 50 e i 100 millimetri e un’altezza di 15 mm: è un importante strumento di lavoro in molti campi della biologia, per la crescita di colture cellulari e perché permette di osservare a occhio nudo colonie batteriche

Nanofibre di vetro acrilico ed Eudragit più l’octenidina: il mix perfetto

Di conseguenza, l’équipe svizzera doveva progettare un materiale che reagisse in modo appropriato a questi aumenti di temperatura.
A questo scopo, è stato sviluppato un materiale composito polimerico compatibile con la pelle, frutto della miscela di diversi componenti: vetro acrilico (polimetilmetacrilato, o PMMA), che è impiegato, per esempio, per le lenti degli occhiali e nell’industria tessile, ed Eudragit, una miscela polimerica biocompatibile che è usata, per esempio, per rivestire le pillole.
L’elettrofilatura è stata utilizzata per elaborare la miscela di polimeri in una sottile membrana di nanofibre.
Infine, l’octenidina è stata incapsulata nelle nanofibre come componente medico attivo.
L’octenidina è un disinfettante che agisce rapidamente contro batteri, funghi e alcuni virus. In ambito sanitario, può essere usata sulla pelle, sulle mucose e per la disinfezione delle ferite.

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Qun Ren è una ricercatrice dell'EMPA affascinata da sempre dai processi microbiologici che avvengono sulle superfici (Foto: EMPA)
Qun Ren è una ricercatrice dell’EMPA affascinata da sempre dai processi microbiologici che avvengono sulle superfici
(Foto: EMPA)

Un polimero indurito, ma “gommoso” e sensibile agli scarti termici…

“Affinché la membrana agisca come una ‘benda intelligente’ e rilasci effettivamente il disinfettante quando la ferita si riscalda a causa di un’infezione, abbiamo combinato la miscela di polimeri PMMA e di Eudragit in modo tale da poter regolare di conseguenza la temperatura di transizione vetrosa”, dice Fei Pan.
Quest’ultima è la temperatura alla quale un polimero passa da una consistenza solida a uno stato più “gommoso” e indurito.
In senso figurato, l’effetto è spesso descritto al contrario: se si mette un guanto di gomma nell’azoto liquido a -196 gradi Celsius, la sua consistenza cambia e diventa così duro che si può frantumare come il vetro con un colpo.
La temperatura di transizione vetrosa desiderata della membrana polimerica, d’altra parte, era nell’intervallo attorno ai 37 gradi.
Quando l’infiammazione entra in gioco e la pelle si riscalda oltre la sua normale temperatura di 32-34 gradi, il polimero passa dallo stato solido a uno più morbido.
In esperimenti di laboratorio, il team di studiosi ha osservato che il disinfettante viene rilasciato dal polimero a 37 gradi, ma non a 32.
Un altro vantaggio importante è che il processo è reversibile e può essere ripetuto fino a cinque volte, poiché il processo si “spegne” sempre quando si raffredda.
Dopo questi promettenti test iniziali, i ricercatori dell’EMPA vogliono ora mettere a punto l’effetto, calibrandolo in maniera più precisa.
Invece di un intervallo di temperatura di quattro o cinque gradi, la benda intelligente dovrebbe già “accendersi” e “spegnersi” in corrispondenza di gradienti termici molto più ridotti.

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La capsula di Petri prende il nome dal batteriologo Julius Richard Petri, assistente di Robert Koch, che la inventò nel 1877, ed è un recipiente piatto di vetro o plastica, solitamente di forma cilindrica, che ha un diametro tra i 50 e i 100 millimetri e un'altezza di 15 mm: è un importante strumento di lavoro in molti campi della biologia, per la crescita di colture cellulari e perché permette di osservare a occhio nudo colonie batteriche
La capsula di Petri prende il nome dal batteriologo Julius Richard Petri, assistente di Robert Koch, che la inventò nel 1877, ed è un recipiente piatto di vetro o plastica, solitamente di forma cilindrica, che ha un diametro tra i 50 e i 100 millimetri e un’altezza di 15 mm: è un importante strumento di lavoro in molti campi della biologia, per la crescita di colture cellulari e perché permette di osservare a occhio nudo colonie batteriche

Mille volte meno batteri Pseudomonas nei test della capsula di Petri

Per studiare l’efficacia delle membrane in nanofibra contro i germi delle ferite, sono ora in programma ulteriori esperimenti di laboratorio.
Il leader del team Qun Ren si è a lungo interessato a microrganismi, batteri, microbi e bacilli che si annidano nell’interfaccia tra le superfici e l’ambiente, come ad esempio su una ferita della pelle.
“In questo sistema biologico, una sorta di terra di nessuno tra il corpo umano e il materiale che serve alla medicazione, i batteri trovano una perfetta nicchia biologica”, dice il ricercatore dell’EMPA.
Agenti infettivi come gli stafilococchi o i batteri Pseudomonas possono causare gravi disturbi nella guarigione delle ferite.
Sono stati proprio questi germi della ferita che il team ha “sfruttato” per fare conoscenza con la medicazione intelligente nella capsula di Petri (quest’ultima, che prende il nome dal batteriologo Julius Richard Petri, assistente di Robert Koch, che la inventò nel 1877, è un recipiente piatto di vetro o plastica, solitamente di forma cilindrica, che ha un diametro tra i 50 e i 100 millimetri e un’altezza di 15 mm: è un importante strumento di lavoro in molti campi della biologia, per la crescita di colture cellulari e perché permette di osservare a occhio nudo colonie batteriche).
Infatti, il numero di batteri è ridotto di circa 1.000 volte quando l’octenidina è stata rilasciata dalla medicazione intelligente.
“Con l’octenidina, abbiamo raggiunto una valida prova di principio per il rilascio controllato del farmaco attraverso uno stimolo esterno”, ha detto Qun Ren.
In futuro, ha aggiunto, “la tecnologia potrebbe essere applicata ad altri tipi di farmaci, aumentando l’efficienza e la precisione nel loro dosaggio”.

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Le fasciature e i bendaggi consistono nell'applicazione sul corpo, in diversi modi e con diverse finalità, di strisce di tessuto chiamate bende.
Le fasciature e i bendaggi consistono nell’applicazione sul corpo, in diversi modi e con diverse finalità, di strisce di tessuto chiamate bende.