È svizzero il chip medico che rimpiazzerà presto i test sugli animali

Studio di EMPA, Ospedale di San Gallo e Politecnico di Zurigo sugli effetti dei composti chimici nei fanciulli e nei feti nel grembo materno

Il chip medico studiato da EMPA, Ospedale Cantonale di San Gallo e Politecnico di Zurigo
A testa in giù: nel chip placenta-embrione, una barriera placentare su una membrana porosa e un tessuto embrionale in una goccia (indicata dal colore verde) sono coltivati insieme, consentendo un’interazione immediata dei due modelli di cellule
(Foto: Julia Boos/Politecnico Federale di Zurigo)

In collaborazione con il Politecnico Federale di Zurigo e l’Ospedale Cantonale di San Gallo, gli scienziati dei Laboratori Federali Svizzeri di Scienza e Tecnologia dei Materiali stanno sviluppando un chip medico che consentirà di valutare l’effetto delle sostanze chimiche sui bambini come nel grembo materno.
La zurighese Fondazione ProCare finanzia il progetto, che è stato lanciato di recente e che è stato ritenuto meritevole di sostegno.

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Tina Bürki è ricercatrice dell'EMPA presso il Laboratorio Particles-Biology Interactions di San Gallo
Tina Bürki, ricercatrice dell’EMPA presso il Laboratorio Particles-Biology Interactions di San Gallo, vede nel chip placenta-embrione il futuro dei test di tossicità per lo sviluppo umano
(Foto: EMPA)

Va determinata in modo preciso, semplice e affidabile la embriotossicità dei farmaci

I nuovi farmaci realizzati con nanoparticelle che possono facilmente penetrare qualsiasi diaframma o interfaccia all’interno del nostro organismo sono una grande speranza per la medicina.
Affinché tali auspici arrivino concretamente sul mercato, è tuttavia necessario garantirne la sicurezza.
In questo contesto, occorre anche chiarire che cosa succede se una sostanza riesce a penetrare la barriera naturale tra il bambino e la madre, cioè la placenta, nel corpo delle donne in gravidanza.
“Le tossine ambientali possono rappresentare una grave minaccia anche per il feto, se penetrano nella barriera placentare o disturbano lo sviluppo e la funzione della placenta, danneggiando così indirettamente il feto”, spiega Tina Bürki, ricercatrice dell’EMPA presso il Laboratorio Particles-Biology Interactions di San Gallo.
Un’équipe congiunta dei Laboratori Federali Svizzeri di Scienza e Tecnologia dei Materiali e del Politecnico di Zurigo lavora da tempo sulla questione di come determinare in modo preciso, semplice e affidabile la cosiddetta embriotossicità delle sostanze.
Attualmente il team sta sviluppando un nuovo sistema in grado di rilevare le sostanze che danneggiano l’embrione senza dover ricorrere alla sperimentazione animale.

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Le cellule isolate da una placenta formano uno strato denso
Le cellule isolate da una placenta formano uno strato denso: nel chip polimerico, i nuclei cellulari appaiono blu in questo preparato colorato, mentre l’impalcatura cellulare è di colore verde
(Foto: EMPA)

Un universo in una scatola polimerica per riprodurre cellule placentari e staminali

Il cuore del processo è un chip polimerico, della lunghezza di un dito umano, che ospita un piccolo… universo: sul chip crescono cellule umane che devono modellare la barriera placentare e l’embrione in condizioni il più possibile simili alla realtà.
A questo scopo, le cellule della placenta sono coltivate su una membrana porosa per formare una barriera densa e le cellule staminali embrionali sono formate in una minuscola sfera di tessuto in una goccia di soluzione nutritiva.
Per simulare la circolazione sanguigna, un agitatore inclina continuamente il chip avanti e indietro.
È possibile aggiungere sostanze di prova al lato materno della placenta. In questo modo, i ricercatori possono studiare il trasporto della sostanza in esame e gli effetti su entrambi i tessuti.
“Sappiamo già che questo sistema di test può funzionare, poiché un prototipo semplificato è stato sviluppato durante uno studio preliminare insieme con il Laboratorio di Bioingegneria del Politecnico di Zurigo”, spiega la Bürki.

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Il chip medico studiato da EMPA, Ospedale Cantonale di San Gallo e Politecnico di Zurigo
A testa in giù: nel chip placenta-embrione, una barriera placentare su una membrana porosa e un tessuto embrionale in una goccia (indicata dal colore verde) sono coltivati insieme, consentendo un’interazione immediata dei due modelli di cellule
(Foto: Julia Boos/Politecnico Federale di Zurigo)

Il modello embrio-placentare consente di riprodurre l’interazione madre-nascituro

La particolarità di questo nuovo chip è che i ricercatori vogliono migliorare i modelli della cellula sostituendo le linee cellulari di laboratorio o le cellule di topo precedentemente utilizzate con le cosiddette cellule umane primarie e con una linea di cellule staminali umane.
“Stiamo lavorando a stretto contatto con la clinica ginecologica dell’Ospedale Cantonale di San Gallo e possiamo isolare le cellule che cerchiamo dal tessuto placentare che altrimenti verrebbe scartato dopo la nascita”, aggiunge Tina.
Le cellule saranno utilizzate per sviluppare un modello tridimensionale di placenta migliorato.
In definitiva, il chip embrio-placentare consentirà di riprodurre l’interazione tra placenta ed embrione e di studiare i processi di trasporto a livello della placenta, nonché le conseguenze nocive dirette e indirette di una sostanza sullo sviluppo embrionale.

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Manon Murdeu è ricercatrice dell'EMPA presso il Laboratorio Particles-Biology Interactions di San Gallo
Manon Murdeu, ricercatrice dell’EMPA presso il Laboratorio Particles-Biology Interactions di San Gallo, vuole rendere possibili i test di embriotossicità senza test sui topi gravidi e altri animali
(Foto: EMPA)

Un modello alternativo rispetto agli 840.000 topi gravidi usati ogni anno nella UE

Gli studi sulla tossicità per lo sviluppo di farmaci e tossine ambientali si basano attualmente su esperimenti su animali con topi gravidi.
Nell’UE, ad esempio, nel 2017 sono stati utilizzati 840.000 animali per la ricerca sulla tossicità e la sicurezza, di cui quasi 100.000 per la tossicità sullo sviluppo.
Grazie al nuovo chip, il numero di questi esperimenti sugli animali potrebbe essere ridotto in modo significativo.
Questo non è soltanto un obiettivo importante dal punto di vista etico, perché il significato di un test con topi gravidi non è ottimale per valutare la sicurezza dei farmaci nell’uomo.
“La placenta ha una struttura molto specifica in ogni specie, e nei topi è corrispondentemente diversa da quella degli esseri umani”, dice ancora la Bürki, ricercatrice dell’EMPA.
Il modello alternativo in vitro, cioè il nuovo sistema “in provetta”, consente di ottenere migliori conoscenze, perché la nuova tecnologia a chip con cellule umane primarie può mappare in modo più affidabile ciò che accade all’interfaccia tra madre e figlio.

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Il chip medico studiato da EMPA, Ospedale Cantonale di San Gallo e Politecnico di Zurigo
A testa in giù: nel chip placenta-embrione, una barriera placentare su una membrana porosa e un tessuto embrionale in una goccia (indicata dal colore verde) sono coltivati insieme, consentendo un’interazione immediata dei due modelli di cellule
(Foto: Julia Boos/Politecnico Federale di Zurigo)

Accelerazione delle nuove terapie grazie a una verifica molto rapida dei medicamenti

Il nuovo sistema di test è inteso come un modo semplice e preciso per verificare la sicurezza di una sostanza nelle prime fasi dello sviluppo di nuovi farmaci e quindi accelerare l’applicazione di nuove terapie.
In questo modo, il chip supporta il principio “safe-by-design”, che prevede l’integrazione precoce degli aspetti di sicurezza nel processo di innovazione.
La necessità di studi di tossicità dello sviluppo nell’industria è in aumento anche per un altro motivo: la sicurezza delle sostanze chimiche e delle particelle nell’ambiente deve essere chiarita, come richiesto dall’attuale regolamento REACH sulle sostanze chimiche.
“Il chip embrionale della placenta dovrebbe essere un kit di prova di facile utilizzo, in grado di fornire dati importanti sui potenziali rischi per la salute durante la gravidanza”, ha affermato l’esperta.
I risultati del progetto dovrebbero anche contribuire a colmare le lacune nella comprensione della barriera placentare.
“Il chip sarà un modello che riunisce i processi nella placenta e nell’embrione. In questo modo, speriamo di comprendere meglio le complesse interazioni che avvengono per mezzo di sostanze di segnalazione in futuro”, afferma Tina Bürki.

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La sede dell'EMPA a San Gallo in Svizzera
La sede dei Laboratori Federali Svizzeri per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali (EMPA) a San Gallo nell’omonimo Cantone

Un’indagine finanziate tramite gli Zukunftsfonds o “fondi per il fututo” dell’ente stesso

Lo “Zukunftsfonds” dell’EMPA sostiene progetti di ricerca eccellenti che non sono (ancora) finanziati altrove.
Per il progetto di un chip cellulare, la Fondazione ProCare di Zurigo coprirà l’intero costo del progetto.
La fondazione sostiene progetti che possono far progredire in modo particolare la ricerca applicata nel campo del benessere degli animali e della protezione dell’ambiente.
Nel campo del benessere degli animali, ProCare sostiene i principi delle “3R” (“Replace, Reduce, Refine”) per la sperimentazione animale, con particolare attenzione all’uso di metodi alternativi che non coinvolgano animali o prodotti di origine animale.
Gerhard Gstraunthaler, presidente del comitato di progetto ProCare, ha sottolineato che il progetto “Human-based placenta-embryo chip model” è stato valutato con un punteggio massimo e quindi ritenuto eccezionale e altamente meritevole di finanziamento.

Dal PSI un inedito efficace trattamento combinato del cancro

Il “Fondo per il futuro” spiegato da Tanja Zimmermann dell'EMPA (in lingua tedesca)

Tina Bürki e Manon Murdeu sono ricercatrici dell'EMPA presso il Laboratorio Particles-Biology Interactions di San Gallo
Tina Bürki e Manon Murdeu sono ricercatrici dell'EMPA presso il Laboratorio Particles-Biology Interactions di San Gallo (Foto: EMPA)