Rinunciare al profitto per difendere il pianeta: cosa ci insegna il caso Patagonia
Yvon Chouinard ha ceduto l’azienda per proteggere l’ambiente, regalando un’importante lezione sul tema della responsabilità sociale e di impresa
In un mondo in cui tante aziende si danno una leggera pennellata di verde per cavalcare una sostenibilità solo di facciata, c’è chi fa davvero sul serio in termini di responsabilità sociale e di impresa. Stiamo parlando di Patagonia: Yvon Chouinard, founder dello storico brand dedicato all’abbigliamento sportivo, ha ceduto interamente l’azienda a una no profit che sarà impegnata nella lotta al cambiamento climatico e nella protezione delle terre vergini.
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Patagonia, il simbolo di un capitalismo poco convenzionale
Yvon Chouinard è sempre stato un businessman atipico e attento all’impatto ambientale della propria azienda. Oltre a un’uso attento delle materie prime, ha infatti donato per decenni l’1 per cento delle sue vendite a diverse no profit. A partire dal 1985, infatti, l’azienda si è auto imposta una Earth Tax, devoluta alle organizzazioni impegnate nell’attivismo ambientale in difesa dell’aria, della terra e dell’acqua del nostro Pianeta. La completa cessione di Patagonia apre oggi un nuovo capitolo nel mondo della Corporate Social Responsability. Sul sito ufficiale di Patagonia Yvon Chouinard scrive: “Stiamo facendo del nostro meglio per affrontare la crisi ambientale, ma non è abbastanza”.
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I ricavi dell’azienda di Yvon Chouinard andranno a una no profit
Ed è sempre dal sito ufficiale del brand che il founder di Patagonia spiega come funzionerà, d’ora in poi, l’azienda.
“Il 100 per cento delle azioni con di diritto di voto dell’azienda è stato trasferito al Patagonia Purpose Trust, creato per proteggere i valori dell’azienda; il 100% delle azioni senza diritto di voto è stato ceduto alla Holdfast Collective, un’organizzazione no profit impegnata a combattere contro la crisi ambientale e a difesa della natura. Ogni anno il denaro guadagnato da Patagonia, dopo essere stato reinvestito nell’azienda, sarà destinato come dividendo alla no profit, che lo utilizzerà per contribuire alla lotta contro la crisi climatica”.
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Una Corporate Social Responsability che diventa aspirazionale
In un mondo in cui la sostenibilità è mero marketing e la tutela dell’ambiente diventa semplice greenwashing, la scelta di Patagonia crea un precedente aspirazionale di grande valore. Grazie a Yvon Chouinard e alla sua famiglia, infatti, muta completamente la definizione di Corporate Social Responsibility: la politica aziendale, in questo caso, non armonizza semplicemente gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali, ma li fa coincidere e sovrapporre perfettamente. Una scelta del genere è certamente anticonvenzionale, ma può allo stesso tempo diventare un’ottima strategia che alimenta un circolo virtuoso che fa bene a tutti: profitto, ambiente e cittadini.
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I consumatori sono sempre più attenti all’impatto dell’industria
L’attenzione dei consumatori è infatti sempre più rivolta alla sostenibilità e, soprattutto, alla difesa dell’ambiente da parte delle aziende. A confermarlo sono anche i dati dell’ultima edizione dell’EY Future Consumer Index: la priorità assegnata a temi legati alla tutela dell’ambiente sale al 35% rispetto al 17% di due anni fa. L’80% degli intervistati, poi, ha dichiarato di aspettarsi che le imprese siano sempre più impegnate nel generare un impatto positivo e capace di rispettare l’ambiente e la società. Insomma, se un prodotto è sostenibile, ha più possibilità di essere acquistato dal consumatore finale. A questi dati fa eco anche la sesta ricerca dell’Osservatorio nazionale sullo stile di vita sostenibile, condotto da Lifegate. Il 26% del panel, infatti, afferma di essere disposto a spendere di più per ma maggior parte dei prodotti, a patto che siano sostenibili e attenti alla tutela dell’ambiente. Fra questi, ad essere più consapevoli dei propri acquisti sono gli esponenti della generazione Z, ovvero gli adulti di domani.
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Dai profitti aziendali all’attenzione all’ambiente
Quello di Patagonia diventa un modello aspirazionale che può essere applicato a ogni comparto produttivo. E se la creazione di società benefit non è più una novità, quella di destinare parte (o la totalità) dei propri ricavi a una causa ambientale non è certamente una pratica ancora così diffusa. Per generare il giusto cambiamento Patagonia stessa ha creato un programma ad hoc che ricalca la già menzionata Earth Tax, ovvero quell’1 per cento delle vendite che l’azienda di abbigliamento sportivo destina da decenni a organizzazioni impegnate nella difesa dell’ambiente. Yvon Chouinard e Craig Mathews, proprietario della Blue Ribbon Flies, hanno infatti creato il programma 1% for the Planet, una no profit impegnata a incoraggiare imprese e ambiente a destinare parte dei propri ricavi alla salvaguardia della natura. Come si legge sul sito dell’iniziativa:
“1% for the Planet è un’alleanza di aziende che hanno compreso la necessità di proteggere l’ambiente naturale. Si tratta di aziende consapevoli, che hanno compreso che i profitti e le perdite sono direttamente collegati alla salute del Pianeta e, per questo, si preoccupano dell’impatto sociale e ambientale dell’industria”.
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La sostenibilità non è solo di facciata
La lezione di Yvon Chouinard è però anche un’altra. Contribuire attivamente alla protezione dell’ambiente attraverso un deciso impegno economico è lodevole, ma fare della propria azienda un modello di sostenibilità diventa oggi un obbligo necessario a salvare l’umanità dalla vicina apocalisse climatica. Economia circolare e reale responsabilità sociale e d’impresa sono le chiavi dello sviluppo sostenibile. Moda, agricoltura, edilizia, trasporti, infrastrutture. Ogni comparto produttivo può diventare più green e impattare meno sull’ambiente. La moda può ad esempio puntare sui tessuti rigenerati, l’agricoltura può virare sul biologico e sulla diminuzione del settore zootecnico, i trasporti possono decarbonizzarsi grazie alla e-mobility, il settore delle costruzioni può puntare sulla bioedilizia e quello delle infrastrutture può utilizzare materiali amici dell’ambiente.
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Il futuro è verde, e potrebbero esserlo anche le strade per percorrerlo
Le strade su cui ci muoviamo tutti i giorni, ad esempio, potrebbero impattare meno sull’ambiente anche grazie ai materiali con le quali sono realizzate. Pensiamo ai percorsi nella natura o alle cosiddette greenways, che attraversano siti dall’alto valore ambientale e paesaggistico: qui, anziché il classico asfalto, potrebbero prendere piede le pavimentazioni naturali e riciclabili che, alla elevata resistenza meccanica, uniscono un ottimo livello di permeabilità grazie ai materiali di realizzazione, ecocompatibili e amici dell’ambiente. Insomma, grazie all‘innovazione tecnologica e alla ricerca sui materiali, si può far molto in ogni settore. Yvon Chouinard ci ha insegnato come fare, ora sta a noi far tesoro della sua lezione.
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