È la propensione al consumo l’atavico motore dell’innovazione

La lista degli animali "coscienti" si allunga, ma resistono una condotta e un’attitudine rivolte all’avvenire proprie della sola specie umana

Il continuo e vizioso circuito fra innovazione, produzione e consumo
Il continuo e vizioso circuito fra innovazione, produzione e consumo

Nel plurisecolare tentativo di distinguere l’umana dalle altre specie, molte sono state le differenze che si sono scoperte essere soltanto apparenti.
Ad esempio, si è attribuita soltanto agli umani la capacità di avere coscienza di sé, di essere in grado di avere nozione della propria singolarità di esemplare e, magari, di esemplare di quello specifico tipo di animale.
Soltanto di recente è stato dimostrato che tutte queste facoltà appartengono anche ad altri esseri e, man mano che si inventano nuove forme sperimentali, la lista degli animali autocoscienti si allunga.

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I primati fanno uso di strumenti e oggetti, ma non vanno oltre il consumo di cibo
I primati fanno uso di strumenti e oggetti, ma raramente consumano oltre le loro più strette esigenze

Così le scimmie non mangiano oltre le proprie necessità

In una certa forma di latente e confortante pauperismo predicato nella cosiddetta “cultura occidentale”, gli animali sono stati indicati anche come portatori ed espressione di presunti valori di morigeratezza dei consumi, interpretando in questo senso, ad esempio, la caratteristica delle scimmie di non mangiare oltre le proprie necessità quando abbiano comunque a disposizione sovrabbondanti quantità di cibo.
Ovviamente, di questo “valore” nessun scimpanzé intende vantarsi con i propri simili: è un attributo che gli viene assegnato dagli umani, definito nel loro mondo, con le loro esperienze, con il loro linguaggio, con la loro morale.
È un retaggio antico, quello della valutazione del consumare come azione positiva solo se attuata in maniera misurata, contenuta, minimale.
Questo concetto è così radicato che una forma di utilizzo di prodotti che possa acquisire tanto maggior valore quanto più è ripetuta soltanto con fatica si riesce a chiamarlo propriamente “consumo”.

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L'idea di una morigeratezza nei consumi non riguarda mai l'accesso a beni culturali
L’idea di una morigeratezza nei consumi non riguarda mai l’accesso a beni culturali

I consumi culturali di rado sono percepiti come “spreco”

Ad esempio, solitamente si apprezza chi ha molta cultura, ma chiamare “consumo” i tanti libri che ha letto non viene facile.
Nel tempo recente, sempre più “consumo” e “consumismo” sono andati sovrapponendosi nella percezione valoriale delle persone e così non si nota nemmeno più che è proprio l’estensione dei nostri consumi ad essere differenza tra umano e non umano.
I probi animali non hanno infatti quel comportamento definito deteriore che si chiama “consumismo” innanzitutto perché non hanno consumi superiori alle proprie necessità basilari.
Cioè, detto in altre parole, non utilizzano oggetti in grado di dare loro capacità che vadano oltre i limiti fisiologici di quella specie, come invece riesce alla nostra semplicemente indossando un paio di occhiali.
Sappiamo di scimmie che usano steli e rametti per cacciare termiti, di formiche che allevano afidi per trarre nutrimento da una certa sostanza zuccherina che essi producono o addirittura per macellarli e mangiarseli dopo averli fatti crescere, ma tutto questo resta eccezione e non conosciamo animali che usino spontaneamente bastoni per reggersi in piedi né libri per acculturarsi e nemmeno tempo per prevedere l’andamento dei loro averi.
Anche “innovazione” distingue umano e non umano.
Nella nostra specie, l’innovazione (in particolare nella creazione e uso degli strumenti) è continua, torrenziale, diffusa da sempre e in ogni minima tribù, e invece rarissima e straordinaria negli altri animali.
Sebbene non sia l’accezione più diffusa, in queste righe “innovazione” sta tanto per “scoperta” che per “invenzione”, come pure per “miglioramento di oggetti, metodi o conoscenze già noti”.
Il rapporto tra consumo e innovazione è davanti ai nostri occhi da sempre.

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Gli uomini realizzano oggetti sempre più belli e perfetti per sé e per gli altri
Gli uomini realizzano oggetti sempre più belli e perfetti per sé e per gli altri

Ogni minimo oggetto? Rivisto, migliorato, perfezionato

Ogni minimo oggetto sia stato utilizzato dall’uomo nel tempo è stato man mano rivisto, migliorato, perfezionato.
Sin dalla prima pietra volontariamente scheggiata affinché fosse tagliente, dal primo bastone raccolto per aiutarsi nel camminare e spezzato per diventare della giusta lunghezza, l’innovazione ha caratterizzato il consumo.
A sua volta, l’innovazione ha indotto nuovi consumi: se non ci fosse stata l’invenzione della stampa a caratteri mobili, non soltanto le persone in grado di diventare colte attraverso la lettura sarebbero ben meno di quante sono oggi, ma inoltre a nessuno verrebbe in mente di regalare ai bimbi libri di favole o fumetti.
Nel lungo scorrere di centinaia di migliaia di anni la relazione tra innovazione e consumo ha preso varie strade e oggi la prima, in particolare in quella forma che chiamiamo “automazione”, ha acquisito sempre più la finalità di ridurre il tempo lavorativo, così da poter tentare di convertirlo in quello che chiamiamo “tempo libero”, recente invenzione lessicale.

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L'automazione frutto dell'innovazione regala tempo libero per nuovo consumo e viceversa
L’automazione frutto dell’innovazione regala tempo libero per nuovo consumo e viceversa

Dall’automazione al tempo libero e da lì a nuovi consumi

E quel tempo libero, da bravi umani, lo impegniamo soprattutto in consumi: la pratica abituale dello sport da parte di miliardi di persone è oggi uno dei più evidenti prodotti dell’innovazione, visto che già soltanto ai nostri nonni era attività impossibile da conciliare con le pesanti e lunghe attività lavorative del tempo.
Del consumo noi umani facciamo uso personale e comunitario.
Possiamo ascoltare musica da soli o andare ad un concerto in compagnia, ad esempio, e la condivisione dei consumi genera avvicinamento tra le persone, costituendo una base dell’aggregazione sociale.
A ben guardare, anche lo sviluppo di nuove conoscenze, metodi e artefatti richiede socialità.
È stato detto che alcune centinaia di sconosciuti che salgono insieme e condividono il ristretto spazio di un aereo per un viaggio di ore e scendono tutti vivi è un fenomeno che non si può immaginare realizzarsi per alcun altro primate. Questo dimostra la capacità di stabilire automaticamente e aprioristicamente rapporti di fiducia, almeno sufficienti per non aggredirsi reciprocamente in una condizione di forzata convivenza in spazi minimi e pur senza condividere che basilari regole di comportamento e una stessa meta geografica.

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Il consumo, come gesto sociale, può essere motivato dall'umana propensione all'innovazione
Il consumo come gesto sociale (persino nella sua deriva che porta al consumismo) appare sempre legato all’umana propensione all’innovazione

Cerchiamo di consumare meglio, da soli e in compagnia

Questi automatismi fiduciari sono alla base del lavoro di gruppo e resistono persino alle distanze spaziali e culturali: tanto più se dispongono di una lingua in comune, gli umani riescono a collaborare tra sconosciuti a grande distanza, usando carta da lettera, telefoni e ora strumenti digitali in grado di simulare “mondi apparenti” in cui, grazie a riproduzioni elettroniche di ognuno di essi dette “avatar”, si percepiscono reciprocamente nello stesso spazio irreale.
Insomma, gli umani consumano e cercano di consumare sempre meglio, da soli e in compagnia; per farlo agiscono insieme per creare innovazione; grazie ad essa, ripianificano il proprio tempo personale per tornare a consumare (azione che include, per esempio, cose come leggere, studiare, imparare, capire) e innovare (che comprende, tra l’altro, inventare, scrivere, produrre e insegnare).
Ancorché non sia così spesso rappresentato in forma tanto lineare (e forzatamente semplificatoria), questo ciclo ha molto a che fare con il futuro perché niente pare interessare l’umano più della propria sorte.
Consumo, innovazione e collaborazione sono infatti i fattori tramite cui si crea, o si cerca di creare, ciò che viene cronologicamente dopo, e l’affezione al domani è così forte che si fa di tutto per predirlo.

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La predizione è sempre la base per continuare a innovare

La predizione è anch’esso fenomeno tipico della nostra specie. Se alcuni animali intuiscono anticipatamente determinati cambiamenti e si atteggiano a riguardo (le formiche pastorelle di afidi li mettono al riparo quando percepiscono l’arrivo della pioggia, per dire un caso), niente ci fa pensare che ve ne siano che dedicano tempo ed energie a prevedere quanto accadrà di lì a qualche giorno, mese, anno.
Pur nel completo disinteresse di qualsiasi castoro all’argomento, come predire il futuro sia passato da attività di oracoli e profeti ad agente economico che caratterizza la nostra epoca è un argomento affascinante, di cui sarà il caso di parlare ancora.

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