Un argine sperimentale per il monitoraggio continuo dei fiumi
Il progetto Fibra Dike: Italia e Svizzera allo studio di un sistema di sensori in fibra ottica per il controllo dei terrapieni, partendo da Po e Rodano
La costruzione dell’argine sperimentale si è conclusa alla fine dell’estate del 2023: non si tratta ancora di un argine vero e proprio, ma di una enorme vasca installata presso il Polo Scientifico e Tecnologico AIPo di Boretto, che simula le caratteristiche del corso del Po e del Rodano e che avrà il compito di testare un innovativo sistema di sensori.
Il progetto in questione si chiama Fibra Dike ed è frutto della collaborazione tra AIPo, l’Agenzia Interregionale per il Po e la OST, la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Orientale di Rapperswil-Jona, sul lago di Zurigo.
I corsi d’acqua di Italia e Svizzera, in un certo senso, sono infatti più ”vicini” di quanto si pensi.
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Il bacino artificiale che “unisce” due grandi fiumi
Il bacino artificiale costruito presso il Polo scientifico AIPo di Boretto, in provincia di Reggio Emilia, è una grande vasca rettangolare lunga 85 metri e larga 35, progettata per avere una pendenza 1:2 e un’altezza totale di 3,5 metri.
Gli argini di questo bacino, i quattro lati della vasca, sono dotati di una enorme quantità di sensori: tensiometri, estensimetri, piezometri e una fibra che corre lungo tutto il corso della vasca e che è in realtà un sofisticato sensore diffuso.
Il progetto Fibra Dike, che unisce le forze di AIPo (Agenzia Interregionale per il Po) e Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Orientale di Rapperswil, ha proprio questo obiettivo: testare le potenzialità di questo nuovo sistema di monitoraggio degli argini, che potrebbe essere applicato a lunghe tratte dei corsi d’acqua.
L’argine artificiale di Boretto è realizzato con limo e sabbia limosa per ricalcare la composizione degli argini di due fiumi europei, il Po e il Rodano.
“A Boretto abbiamo ricostruito un argine tipico per le condizioni del Po ma anche per quelle svizzere”, spiega il Professor Carlo Rabaiotti, a capo del progetto. L’argine sperimentale, spiega l’esperto professore di geotecnica, “consiste di due tratte: una tipica per le condizioni del Rodano e una più tipica della condizione padana”.
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La costruzione dell’argine sperimentale di Boretto
La costruzione del bacino artificiale, ufficialmente avviata nell’aprile del 2023, si è conclusa il 24 agosto dello stesso anno.
All’interno degli argini, su diversi livelli, si trovano installati: 24 sensori dielettrici che misurano l’umidità del terreno, della fibra ottica, 27 piezometri tradizionali, 6 tensiometri su cui ha lavorato il gruppo di ricerca dei Professori Guido Gottardi e Michela Marchi dell’Università di Bologna e, ovviamente, il nuovo sensore distribuito sviluppato dall’OST.
Il sistema di monitoraggio sperimentale nasce per poter essere utilizzato anche su argini già esistenti, perciò il bacino artificiale è stato diviso in due sezioni: una di tipo “ex novo” e una in cui i sensori sono stati installati dopo la costruzione, come se si trattasse di un argine esistente.
Su entrambi i fronti corrono circa 800 metri di fibra ottica, che nella sezione del già esistente (retrofit) sono stati installati senza utilizzare tecniche distruttive e monitorando i possibili rischi che possono derivare dalla stessa operazione.
Questo sofisticato sistema di sensori, spiega l’AIPo, “fornisce importanti indicazioni sulle pressioni che agiscono all’interno dell’argine e quindi sulla sua stabilità”.
Le prove sperimentali, “con diversi livelli di riempimento idrico dell’area interna delimitata dall’arginatura”, andranno avanti fino alla fine di quest’anno.
Dopodiché, dopo avere raccolto e classificato i dati pervenuti, “si potrà stabilire se e in che modo questo tipo di tecnologia possa essere applicata sugli argini che verranno realizzati in futuro, consentendo di monitorare in tempo reale la vulnerabilità e la stabilità degli argini”.
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Un sensore lungo chilometri per il monitoraggio dei fiumi
“La grande innovazione di questo sistema”, spiega il Direttore Vicario di AIPo, Gianluca Zanichelli, “è la possibilità di misurare con continuità i moti di filtrazione al di sotto dell’arginatura: questo ci consente di passare da un tipo di sensori puntuali a un sensore diffuso, che potrebbe essere installato su lunghe tratte del corso del fiume Po e anche degli affluenti, soprattutto nelle zone che hanno negli anni manifestato questo tipo di problematica”.
La fibra, infatti, è un sensore complesso sviluppato e brevettato presso l’Università di Scienze Applicate della Svizzera Orientale. Come spiega Carlo Rabaiotti, docente all’OST e capo del progetto, “consiste in un tubo di plastica soffice attorno al quale è avvolta una fibra che misura la compressione di questo tubicino causata della pressione dell’acqua”.
Come si legge nell’articolo pubblicato lo scorso dicembre su “IEEE Sensors Journal”, l’uso di sensori distribuiti a fibra ottica (o DFO, Distributed Fiber Optic) è tra le tecnologie più promettenti per il monitoraggio delle dighe e degli argini.
Il sistema sviluppato dai ricercatori dell’OST è “un sensore distribuito di pressione (DPS) che si basa sulla tecnologia DFO per il rilevamento precoce della formazione di canali d’acqua attraverso la misurazione diretta della pressione interstiziale”.
Il sensore DPS è progettato per monitorare argini su profondità comprese tra 1 e 20 metri e per rispondere a un prerequisito fondamentale relativo alla dimensione del dispositivo, “che nel caso degli argini dei fiumi dovrebbe essere nell’ordine di diversi chilometri”.
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Fibra Dike: presto le prime applicazioni sul campo
Questo progetto di monitoraggio sperimentale nasce per fornire una soluzione di ultima generazione per la gestione del rischio idraulico nei territori più soggetti a piene ed esondazioni.
A differenza dei tradizionali sistemi di controllo, che richiedono operazioni manuali e non forniscono dati sufficienti per predizioni accurate, i nuovi sensori permettono di misurare direttamente, in maniera automatica e continua, diversi parametri del suolo.
Oltre alla pressione interstiziale, il sensore DPS sviluppato dai ricercatori dell’OST permette di monitorare la pressione totale, la deformazione del suolo, la temperatura e l’umidità del terreno.
I dati elaborati dal nuovo sistema di monitoraggio, inoltre, possono essere utilizzati per istruire un modello IA in grado di fare previsioni sempre più accurate.
I ricercatori sono ora impegnati nella lunga e complessa fase dell’analisi dei dati: le prime applicazioni sul campo potrebbero vedere la luce già entro la fine dell’anno.
Intanto, il primo fiume a sperimentare l’argine “a fibra ottica” è il Rodano: come si legge sul sito del progetto Fibra Dike, il nuovo sistema di monitoraggio DFO è già implementato all’interno di un vero argine in costruzione lungo il corso del fiume.
Il sistema si occuperà in particolare di monitorare i fenomeni di erosione e dilavamento dell’alveo e l’interscambio dei flussi fluviali e sotterranei.
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