La pesca uccide sempre più squali: l'esito dello studio shock...

La pescagione causa la morte di troppi pescecani: secondo una ricerca appena pubblicata, oggi ne muoiono ancora di più rispetto a 10 anni fa

Squali: la mortalità dovuta alla pesca è sempre più alta
Secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista "Science", oggi la pesca uccide più squali rispetto a 10 anni fa, nonostante i divieti (Foto: Envato)

Le norme internazionali non hanno fermato la mattanza di squali che si consuma a livello globale da decenni: al contrario, oggi la pesca provoca la morte di un maggior numero di esemplari rispetto a quanto avveniva dieci anni fa.

Lo rivela uno studio appena pubblicato sulla rivista internazionale “Science”: la mortalità totale, si legge nella ricerca, è passata dai 76 milioni di esemplari del 2012 agli 80 milioni del 2019. E tra questi c’erano circa 25 milioni di squali appartenenti a specie minacciate o a rischio estinzione.

Attualmente circa un quarto delle specie presenti al mondo rischia di estinguersi, e a quanto pare il divieto del “finning”, applicato nel 70 per cento dei Paesi e dei territori d’oltremare, non è stato sufficiente a tutelare i pesci cartilaginei dei nostri Oceani.

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Pesca: la mattanza degli squali continua
La mortalità degli squali è passata dai 76 milioni di esemplari del 2012 agli 80 milioni del 2019, e tra questi c’erano circa 25 milioni di pescecani appartenenti a specie minacciate o a rischio estinzione (Foto: Envato)

Gli antichi predatori dei mari e la sfida dell’Antropocene

Gli squali sono comparsi sulla Terra molto prima dei dinosauri: gli affilati predatori degli oceani esistevano prima ancora che le piante che conosciamo colonizzassero le terre emerse del pianeta.

Esistono prove scientifiche dell’esistenza di squali che risalgono a circa 450-420 milioni di anni fa, cioè a quando i continenti meridionali della Terra erano uniti in un singolo super-continente chiamato Gondwana.

I Condroitti hanno dominato incontrastati i mari nel Carbonifero e sono sopravvissuti a quattro estinzioni di massa, inclusa quella del Permiano-Triassico, considerata la più catastrofica di tutti i tempi.

Quella di resistere alle pressioni dell’Antropocene, però, si sta rivelando una sfida decisiva per la sopravvivenza degli squali: negli ultimi decenni, centinaia di milioni di esemplari sono stati uccisi soltanto per essere privati delle preziose pinne (che in alcuni mercati asiatici hanno un enorme valore), altri sono finiti nelle reti dei pescatori di tonni, altri ancora sono scomparsi con la degradazione del proprio habitat.

Negli ultimi vent’anni è diventato chiaro a tutti che gli squali fossero tra le specie più minacciate del pianeta, così si sono moltiplicati regolamenti e normative a tutela degli antichissimi predatori del mare.

Secondo un team internazionali di scienziati, però, i divieti non hanno funzionato: tra il 2012 e il 2019, si legge nello studio appena pubblicato su “Science”, la mortalità degli squali a causa della pesca è aumentata.

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Negli anni, la pesca al tonno ha ucciso un gran numero di squali, finiti nelle reti come “catture accessorie”: poi è arrivato il boom della richiesta delle pinne di squalo (Foto: Envato)

Lo studio: la pesca intensiva uccide sempre più squali

La scoperta, a dir poco inattesa, è frutto di uno studio internazionale che ha coinvolto ricercatori provenienti da diverse università nordamericane, tra cui la Dalhousie University (nella Nuova Scozia canadese) e la University of California.

Abbiamo scoperto che, nonostante una miriade di regolamenti volti a frenare la pesca eccessiva degli squali, il numero totale di squali uccisi ogni anno a causa della pesca non diminuisce”, spiega il dottor Darcy Bradley della University of California, ”semmai è in lieve aumento”.

Gli scienziati hanno analizzato le tendenze nella mortalità degli squali in 150 Paesi, territori e aree d’alto mare in cui si pratica la pesca, tra il 2012 e il 2019, tracciando il destino di circa 1,1 miliardi di squali catturati in mare.

Nel 2019 sono stati pescati circa 80 milioni di squali, almeno 25 milioni dei quali appartenevano a specie a rischio, numeri che sono rimasti costanti o che sono addirittura aumentati nell’ultimo decennio. Se consideriamo anche gli esemplari non adeguatamente identificati per specie, le catture del 2019 ammontano a 101 milioni di squali.

La mortalità, si legge nello studio, è aumentata del 4 per cento nelle acque costiere, ma è diminuita del 7 per cento nella pesca pelagica, soprattutto nell’Atlantico e nel Pacifico occidentale.

Le normative per prevenire la pratica dello spinnamento degli squali (finning) sembrano non aver avuto l’effetto sperato. D’altro canto, come spiega il dottor Boris Worm della Dalhousie University, “i divieti regionali di pesca o di trattenimento degli squali hanno avuto un certo successo”.

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La silenziosa strage di squali in uno studio shock
Come si legge nello studio appena pubblicato, il divieto di finning coinvolge oltre il 70 per cento dei Paesi dediti alla pesca (Grafica: Boris Worm et al., Science 383, 225, 2024)

Tutela dei Selachimorpha: vietare il finning non basta

Storicamente, si legge nella ricerca, un’enorme quantità di squali è finita accidentalmente nelle reti della pesca al tonno, e l’elevata mortalità è stata collegata alla crescente domanda delle loro pinne, che in alcuni mercati asiatici sono un bene molto prezioso.

In risposta, i governi nazionali e le organizzazioni regionali di gestione della pesca (RFMO) hanno introdotto diverse norme di protezione, che negli ultimi due decenni sono andate moltiplicandosi.

Oggi la pratica del finning è vietata in circa il 70 per cento dei Paesi e dei territori d’oltremare: “Non si tratta solo di uno o due Paesi”, spiega Laurenne Schiller, ricercatrice post-dottorato presso la Dalhousie, “molti governi e alcune delle più grandi aziende di pesca del mondo si sono impegnati ad eliminare lo spinnamento, spesso in risposta alla pressione pubblica”.

Governi e associazioni hanno fatto degli sforzi notevoli per contrastare il commercio di specie minacciate e sensibilizzare il pubblico sul consumo di pinne di squalo.

Nessuno però aveva indagato i possibili effetti di tali regolamenti sulla mortalità effettiva degli squali: i divieti di finning hanno probabilmente ridotto lo spinnamento degli animali in mare aperto, eppure si uccidono sempre più squali.

Secondo i ricercatori, tali divieti potrebbero aver addirittura aumentato le catture, incentivando il pieno “utilizzo” degli squali e creando ulteriori mercati per la carne di squalo e altri prodotti, come la cartilagine e l’olio di fegato, molto usati in cosmesi.

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Squali in via di estinzione nelle reti dei pescatori
Lo Sphyrna lewini, a grave rischio estinzione, sul banco di un mercato del pesce: in molti Paesi viene usato per l’alimentazione e per produrre farina di pesce (Foto: Envato)

Mislabeling di carne di squalo: un fenomeno allarmante

Invece di scoraggiare le catture, il divieto di finning sembra aver ampliato la portata del fenomeno. Come spiega Leonardo Manir Feitosa, biologo degli squali brasiliano e co-autore dello studio: “Abbiamo visto diminuire la domanda di pinne di squalo e aumentare la domanda di carne di squalo, con Brasile e Italia come principali consumatori”.

La carne di squalo”, continua lo studioso, “è un sostituto relativamente economico di altri tipi di pesce e le etichette sono spesso fuorvianti, il che conduce molti consumatori a mangiare carne di squalo senza saperlo“.

Carne di squalo si trova molto spesso nel fish-and-chips e nel ceviche, mentre un perfetto esempio di “mislabeling”, tristemente diffuso in Italia, consiste nello spacciare il “piccolo” squalo verdesca per pesce spada.

Dalla nostra analisi risulta chiaro che reprimere lo spinnamento degli squali non è sufficiente”, argomenta Echelle Burns, scienziata dei dati presso l’UC Santa Barbara, “servono misure più specifiche che affrontino la mortalità degli squali, come vietare la pesca in determinate aree o richiedere ai pescatori di rilasciare le specie vulnerabili catturate accidentalmente”.

La tutela deve inoltre essere accompagnata da progetti di sensibilizzazione e gestione a livello comunitario, un aspetto cruciale soprattutto nei Paesi in cui la pesca artigianale su piccola scala è tra i principali fattori di mortalità degli squali.

Il divieto totale della pesca degli squali, attraverso misure protettive come i santuari degli squali, può avere successo”, conclude Bradley, “ciò evidenzia l’opportunità di dare priorità a queste e ad altre misure di conservazione basate sulle singole aree geografiche“.

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Pesca agli squali, un fenomeno ancora vivo di cattura e uccisioni
Le tendenze nella mortalità degli squali in 150 Paesi, territori e aree d’alto mare in cui si pratica la pesca, tra il 2012 e il 2019, tracciando il destino di circa 1,1 miliardi di pescecani catturati in mare (Foto: Envato)