La carne coltivata e la sfida dell'innovazione alimentare sostenibile

Ecco come produrre proteine senza allevare animali per sfamare una popolazione in crescita e mitigare gli effetti del cambiamento climatico

Carne coltivata: Mark Post, il “padre” della carne coltivata, svela al mondo il primo hamburger prodotto attraverso l'agricoltura cellulare
Mark Post, il “padre” della carne coltivata, svela al mondo il primo hamburger prodotto attraverso l'agricoltura cellulare (Foto: Mosa Meat)

C’è un mondo, quello dell’agricoltura cellulare, che sta cercando di portare avanti una rivoluzione tecnologica di portata enorme, trasformando il modo in cui viene prodotta la carne.
Il motivo? Ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti industriali, garantire la sicurezza alimentare e ridurre la dipendenza dalle importazioni promuovendo l’autosufficienza alimentare.
Nel 2020, Singapore è diventato il primo paese al mondo ad approvare la vendita di carne di pollo coltivata.
Nel 2023 due aziende americane hanno ottenuto il via libera dalla Food and Drug Administration per commercializzare i propri prodotti negli USA.
Pochi giorni fa, è toccato a Israele, dove la carne bovina coltivata di Aleph Farms ha ricevuto il benestare dal Ministero della Salute.
La startup israeliana ha presentato domanda di approvazione per la commercializzazione di carne coltivata all’Ufficio Federale Svizzero per la Sicurezza Alimentare e Veterinaria (USAV) nel luglio scorso.
La Confederazione Elvetica potrebbe diventare quindi il primo paese del continente europeo ad autorizzare la carne colturale. Approfondiamo.

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Carne coltivata: cellule staminali, acqua e sostanze nutritive come vitamine e aminoacidi danno corpo alla carne coltivata in un fermentatore (Illustrazione: The Good Food Institute Europe)
Cellule staminali, acqua e sostanze nutritive come vitamine e aminoacidi danno corpo alla carne coltivata in un fermentatore
(Illustrazione: The Good Food Institute Europe)

Il food tech sta plasmando l’alimentazione del futuro

Era il 2013 quando il primo hamburger di carne colturale fece il proprio debutto in società, grazie alla visione di Mark Post, professore di fisiologia vascolare all’Università di Maastricht.
Durante un evento dedicato a Londra, lui e il suo team hanno annunciato al mondo che produrre carne senza allevare animali era possibile, e immaginavano il futuro del cibo così: “Tra vent’anni, se al supermercato si potrà scegliere tra due prodotti identici, con lo stesso sapore e lo stesso prezzo, e uno dei due è prodotto in modo ecologico con molte meno risorse, garantisce sicurezza alimentare e non richiede la macellazione dell’animale, la scelta sarà relativamente facile”.
Da quel momento l’agricoltura cellulare ha fatto passi da gigante: nel 2015 sono state fondate le prime quattro aziende produttrici di carne coltivata.
Da allora l’industria è cresciuta fino a contare più di 150 aziende in 6 continenti alla fine del 2022, sostenute da investimenti per 2,8 miliardi di dollari, ognuna delle quali punta a produrre prodotti a base di carne coltivata.
Altre decine di imprese sono nate per creare soluzioni tecnologiche lungo la catena di produzione (infrastrutture, linee cellulari, medium di cultura).
In Europa le aziende sono oltre 50, in 13 paesi diversi e sono quasi tutte startup indipendenti.

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Carne coltivata: anche il bacon e i pancake, “must” della prima colazione americana, possono finire in tavola grazie alla coltura cellulare
Anche il bacon e i pancake, “must” della prima colazione americana, possono finire in tavola grazie alla coltura cellulare
(Foto: Higher Steaks and Tailored Brands)

Ma che cosa si intende davvero per carne coltivata?

Ma andiamo con ordine. Che cos’è la carne coltivata?
Si parte da un prelievo di cellule che servirà a creare una linea cellulare di partenza. Questo starter viene inserito in un fermentatore, ovvero in un ambiente controllato, insieme ad acqua e altre sostanze nutritive come vitamine e aminoacidi.
Con il passare del tempo le cellule fanno quello che fanno in natura: moltiplicarsi, differenziandosi nelle varie parti di carne come muscolo e grasso.
Carne, quindi, ma prodotta in modo diverso e utilizzando una frazione delle risorse naturali rispetto all’allevamento tradizionale.
La letteratura scientifica esistente suggerisce che la carne coltivata, se prodotta utilizzando energia rinnovabile, potrebbe ridurre le emissioni di gas serra fino al 92 per cento e l’uso del suolo fino al 90 per cento rispetto alla carne bovina convenzionale.
Inoltre, si prevede che la produzione commerciale avvenga interamente senza antibiotici e probabilmente comporterà una minore incidenza di malattie di origine alimentare, grazie all’assenza di rischio di esposizione da parte di patogeni enterici.
Un beneficio non da poco considerata l’emergenza sanitaria pubblica legata all’antibiotico resistenza, che in Europa causa circa 133.000 vittime all’anno.
Lo scenario non è del tutto roseo. La produzione su larga scala è ancora lontana, la ricerca ha ancora molta strada da fare, le infrastrutture e gli investimenti sia pubblici che privati sono al momento insufficienti per garantire competitività.
C’è poi l’incognita di come reagiranno i consumatori, nonostante i sondaggi indichino molta curiosità e interesse verso questa carne alternativa che promette di essere più ecologica.

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Carne coltivata: una infografica dell’associazione The Good Food Institute Europe sulle analogie fra la coltivazione di carni e di piante
Una infografica dell’associazione The Good Food Institute Europe sulle analogie fra la coltivazione di carni e di piante
(Illustrazione: The Good Food Institute Europe)

L’ipertecnologica Unione Europea sta restando indietro?

Stati Uniti, Singapore, Israele, prossimamente Malesia, Cina, Corea del Sud e Giappone: il food tech corre veloce, soprattutto a Oriente.
Al punto che molti temono che l’Europa possa essere il fanalino di coda di questo settore.
Da parte sua, l’Unione Europea ha investito 25 milioni di euro in finanziamenti per la ricerca sulle proteine sostenibili, compresa la carne coltivata, come parte dei suoi ambiziosi obiettivi di sostenibilità entro il 2050, come previsto nella strategia Farm to Fork.
La posizione della UE sulla carne coltivata però non è uniforme.
Anche se nessuna azienda ha ancora richiesto l’autorizzazione all’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), il settore è in fermento, e in parte perché dal Vecchio Continente arrivano messaggi contraddittori.
Paesi come la Germania, la Spagna, i Paesi Bassi e Regno Unito hanno già destinato investimenti sostanziosi al settore delle proteine alternative, di cui fanno parte la carne coltivata, le proteine vegetali e quelle derivate dalla fermentazione.
A novembre 2023, il Governo tedesco ha stanziato 38 milioni di euro per accelerare la transizione proteica e sostenere gli agricoltori che desiderano passare alla produzione di proteine alternative.
In Spagna, la Catalogna ha annunciato un finanziamento di 7 milioni di euro per la creazione del Center for Innovation in Alternative Proteins (CiPA), mentre il governo nazionale ha finanziato un progetto di ricerca volto a sviluppare una carne coltivata più sana di quella convenzionale per ridurre l’incidenza dei problemi di salute come il colesterolo alto e il cancro al colon.

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Carne coltivata: anche in Francia “si coltivano” alimenti del futuro: l'azienda Gourmey si è infatti specializzata nel foie gras colturale
Anche in Francia “si coltivano” alimenti del futuro: l’azienda Gourmey si è infatti specializzata nel foie gras colturale
(Foto: Gourmey)

La scelta dell’Italia è frutto di un’ipotesi antiscientifica?

Ma non tutti sono d’accordo. L’Italia pochi mesi fa ha deciso di vietare la produzione e commercializzazione di carne coltivata per tutelare il suo patrimonio agroalimentare.
Una mossa fortemente criticata dalla comunità scientifica e dalla società civile, che ha lamentato una mancanza di dibattito informato e diffusa disinformazione sul tema.
“Per costruire un sistema alimentare e un ecosistema commerciale più sostenibile e sano, le istituzioni dovrebbero incentivare la diversificazione proteica, coinvolgendo tutta la filiera e le parti interessate”, ha detto Francesca Gallelli, consulente per gli affari pubblici del Good Food Institute Europe, un’organizzazione noprofit e think tank che un promuove un sistema alimentare più sostenibile, focalizzandosi proprio sulle proteine alternative.
“Divieti non basati sulle evidenze, come quello italiano, chiudono le porte a un settore, quello della carne coltivata, che ha il potenziale di creare numerose e interessanti opportunità economiche”.
Come spiega Luciano Conti, professore associato di biologia applicata presso l’Università di Trento il divieto renderà più difficile per i ricercatori di carne coltivata ricevere finanziamenti, vista l’impossibilità di uno sbocco commerciale.
Proprio per questo motivo difficilmente troverà il consenso dell’Unione Europea, dal momento che metterebbe in discussione il principio della libera circolazione delle merci.

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Carne coltivata: un grafico dell’associazione The Good Food Institute Europe di Bruxelles che illustra i benefici ambientali della carne coltivata
Un grafico dell’associazione The Good Food Institute Europe di Bruxelles che illustra i benefici ambientali della carne coltivata
(Illustrazione: The Good Food Institute Europe)

Le proteine di domani, tra vere sfide e molte opportunità

Se da un lato, comprensibilmente, gli allevatori sollevano preoccupazioni sul futuro del settore e chiedono di non essere lasciati indietro, dall’altro è necessario fare due riflessioni.
La prima è che la domanda di carne globale, secondo la FAO, è destinata a raddoppiare entro il 2050.
Se consideriamo che attualmente quasi il 40 per cento della superficie europea è occupato da terreni destinati all’agricoltura, viene spontaneo chiedersi come riusciremo a produrre tutta questa carne in maniera sostenibile per l’ambiente e i consumatori.
La seconda riflessione riguarda la sostenibilità ambientale del nostro attuale sistema alimentare, finita sotto i riflettori della COP28 di Dubai.
In occasione della Giornata mondiale del Cibo, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ha presentato il suo ultimo rapporto, “What’s Cooking”, sottolineando l’importanza delle proteine alternative nel mitigare il cambiamento climatico e altre sfide legate alla sostenibilità e alla crescente popolazione globale.
Si parte da un dato: i sistemi alimentari sono responsabili di circa il 30 per cento delle attuali emissioni di gas serra di origine antropica e i prodotti di origine animale rappresentano quasi il 60 per cento di tali emissioni.
Il report sottolinea la necessità di un maggiore impegno da parte delle istituzioni nella produzione di proteine alternative, agendo attraverso investimenti chiave, finanziando la ricerca, in particolare quella open-access, e favorendo la commercializzazione.
Inoltre, si evidenzia l’importanza di sviluppare regolamenti trasparenti ed efficienti per facilitare l’ingresso dei prodotti sul mercato, lavorando inoltre per valutare gli impatti ambientali, sanitari e sociali delle proteine alternative.
Il Ministro del Clima degli Emirati Arabi Uniti e responsabile dei sistemi alimentari della COP28, Mariam bint Mohammed Almheiri, ha fatto notare che “anche se si riuscisse a risolvere la transizione energetica e a passare alle fonti completamente rinnovabili, non si riuscirebbe comunque a raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi centigradi se non si risolvesse la questione del sistema alimentare”.

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Carne coltivata: l'ecosistema cell-based si estende fino alla Repubblica Ceca, dove la startup Mewery lavora sulla carne di maiale coltivata
L’ecosistema cell-based si estende fino alla Repubblica Ceca, dove la startup Mewery lavora sulla carne di maiale coltivata
(Foto: Mewery)

Nel bene o nel male, tutto ciò è già una realtà sulle tavole

La carne coltivata rientra di diritto tra le innovazioni sostenibili, nonostante le incognite economiche, tecnologiche e sociali che si trova ancora ad affrontare.
Se e quando troverà spazio sulla tavola del futuro, dipende principalmente dalla lungimiranza dei governi e dall’avanzamento della ricerca.
Una cosa è certa: la carne coltivata è già una realtà.
Saremo in grado di utilizzarla nel modo giusto per affrontare le sfide alimentari e ambientali del futuro?

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Carne coltivata: non soltanto carne, numerose startup, come la tedesca Bluu Seafood, puntano a produrre anche pesce e frutti di mare coltivati
Non soltanto carne: numerose startup, come la tedesca Bluu Seafood, puntano a produrre anche pesce e frutti di mare coltivati (Foto: Bluu Seafood)