A pesca di DNA nei fiumi della Svizzera per studiare la biodiversità

La conferma arriva da uno studio su 89 corsi d'acqua elvetici: la raccolta di campioni genetici dà risultati più accurati rispetto agli elettrostorditori

DNA: studiare la biodiversità con i campioni genetici ambientali
L'analisi del DNA ambientale permette di identificare le specie che lo abitano: lo studio in Svizzera (Foto: Altermatt Lab/EAWAG)

Il campionamento del DNA ambientale permette di determinare quali specie sono presenti nell’ambiente: applicato ai corsi d’acqua dolce, questo metodo risulta preciso, più semplice e meno dannoso delle tecniche attualmente utilizzate, che includono la discussa pratica dell’elettropesca.

È quello che emerge da uno studio su vasta scala finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica (FNS) e dall’Ufficio Federale dell’Ambiente (UFAM).

I risultati della ricerca, che analizza i dati storici raccolti in 89 siti fluviali della Svizzera e li confronta con i risultati di una singola campagna di raccolta di eDNA, sono al centro di uno studio recentemente pubblicato sul “Canadian Journal of Fisheries and Aquatic Sciences”.

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La raccolta di DNA ambientale anche nei fiumi
Le specie che popolano i corsi d’acqua dolce possono essere identificate tramite cattura, ma esiste un metodo meno invasivo e più efficace (Foto: Envato)

Biodiversità nei corsi d’acqua: un’alternativa all’elettropesca

In un’epoca in cui i cambiamenti ambientali si fanno sempre più rapidi e incontrollati, avere dei dati di base sulla biodiversità è fondamentale anche soltanto per pensare di gestire le azioni di gestione e tutela delle specie. Vale per le specie terrestri e per quelle acquatiche, e i metodi utilizzati per la raccolta dei dati sono diversi.

Gli inventari ittici dei corsi d’acqua dolce, ad oggi, si basano comunemente sulla cattura e sull’identificazione morfologica degli esemplari. Gli animali da inserire nel database sono attirati e storditi grazie all’applicazione di un campo elettrico in acqua, in una tecnica molto discussa chiamata elettropesca o pesca elettrica. Nonostante non provochi ferite visibili, questo metodo di cattura dei pesci può causare gravi danni.

Secondo un report pubblicato nel 2003 dallo “U.S. Fish and Wildlife Service”, l’elettropesca è decisamente dannosa per le specie animali coinvolte: “In alcuni casi, lesioni spinali ed emorragie associate sono documentate in oltre il 50 per cento dei pesci esaminati internamente”, si legge nel rapporto.

Tali lesioni, secondo gli scienziati, sono l’effetto delle potenti convulsioni che si scatenano negli animali acquatici a causa degli improvvisi cambi di tensione che avvengono durante la pratica.

Trovare un metodo meno invasivo per individuare le specie che si muovono negli ecosistemi di laghi e fiumi, alla luce di tutto questo, sarebbe quantomeno auspicabile.

Ma c’è di più: a quanto pare, esiste una tecnica che non soltanto è innocua per gli animali, ma permette di ottenere informazioni più accurate rispetto a una campagna di elettropesca.

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Uno studio su 89 fiumi in Svizzera
Il fiume Inn in Svizzera: lo studio condotto da Florian Altermatt su 89 corsi d’acqua copre tutti i bacini idrici del Paese (Foto: Envato)

La raccolta di DNA ambientale per studiare la biodiversità

Mentre nuotano, i pesci lasciano dietro di sé frammenti di DNA, per esempio attraverso la pelle e gli escrementi. Una volta raccolti e analizzati, questi microscopici indicatori permettono agli scienziati di determinare tutte le specie presenti nell’ambiente: si chiama raccolta di eDNA, ed è una tecnica sempre più utilizzata per acquisire informazioni sull’ambiente in maniera efficiente e priva di effetti collaterali.

Secondo il nuovo studio, finanziato congiuntamente dal Fondo Nazionale Svizzero per la Ricerca Scientifica (FNS) e dall’Ufficio Federale dell’Ambiente (UFAM), questo metodo non è soltanto più sicuro e meno invasivo dell’elettropesca, ma permette di valutare la biodiversità complessiva “in modo più accurato rispetto a una campagna di elettropesca simultanea”.

La ricerca è stata condotta da Florian Altermatt, professore di ecologia acquatica all’Università di Zurigo e direttore di laboratorio all’EAWAG, che ha spiegato: “In passato l’inventario della biodiversità nei fiumi veniva spesso fatto solo sporadicamente, ogni cinque anni, il che non è sufficiente per monitorare adeguatamente la biodiversità”.

Inoltre, il fatto che venisse portato avanti quasi esclusivamente tramite elettropesca limitava molto la possibilità di acquisire dati complessivi sulle popolazioni.

Gli scienziati sono quindi alla ricerca di nuovi metodi per misurare la biodiversità acquatica che siano più facili da usare, più efficienti e in linea con determinate istanze etiche. La raccolta di DNA ambientale, in questo senso, è uno dei metodi più promettenti, ed è anche al centro della ricerca del team del professor Altermatt.

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La raccolta del DNA può sostituire l'elettropesca
Il metodo dell’elettropesca può provocare gravi danni ai pesci: in alcuni casi gli effetti sono evidenti in oltre il 50 per cento degli esemplari analizzati (Foto: Envato)

A pesca di codici genetici in 89 fiumi della Confederazione

I frammenti di eDNA dispersi in acqua, spiega Altermatt, “rivelano la presenza di determinate specie in una particolare area – o vicino ad essa, ad esempio a monte del sito esaminato. Funziona un po’ come per il DNA che si trova sulla scena di un crimine”.

La tecnica del DNA ambientale è stata applicata a 89 siti di campionamento su altrettanti fiumi, in modo da coprire tutti i bacini idrografici della Svizzera.

In ognuno di questi siti, gli scienziati hanno raccolto due litri di acqua di fiume e ne hanno estratto il DNA ambientale. I ricercatori hanno quindi confrontato i risultati delle analisi genetiche con un grande volume di dati sulle sequenze di DNA dei pesci, e individuato le specie a cui appartenevano le singole sequenze individuate nell’acqua.

Per valutare l’accuratezza del metodo, gli scienziati hanno poi confrontato l’elenco delle specie identificate con l’elenco completo di quelle presenti nel sito sulla base di dati raccolti negli ultimi 30 anni. Gli scienziati hanno anche confrontato il ​​metodo dell’eDNA con la tecnica dell’elettropesca.

La conclusione dello studio è che il DNA ambientale è un metodo affidabile per stimare la biodiversità nei fiumi. Questa tecnica, si legge nello studio, ha permesso di rilevare una maggiore diversità di specie rispetto a un singolo evento di elettropesca.

Con il DNA ambientale”, spiega Altermatt, “potremmo anche identificare specie che vivono a monte del sito di campionamento o specie difficili da catturare con l’elettropesca”, arrivando a costruire un quadro più completo e accurato delle specie che popolano le acque dolci svizzere.

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