The Ocean Race, missione in Antartide su una... barca a vela
Sospinti dal vento nell’Oceano Antartico: la prima missione scientifica extra-regata del giro intorno al mondo ricaverà dati sulle microplastiche
In barca a vela nell’Oceano Antartico: la prima missione scientifica extra-regata di The Ocean Race raccoglierà dati sulle microplastiche (Foto: Ocean Race / Photo by henrique setim on Unsplash)
The Ocean Race celebra il suo 50esimo anniversario con una missione speciale nelle aree più remote dell’Antartide. Guidato dal marinaio veterano Stephen Wilkins, l’equipaggio raccoglierà dati vitali sulla salute dell’Oceano più isolato e meno conosciuto del pianeta.
Non è la prima volta che The Ocean Race partecipa alla raccolta di dati scientifici. Quella appena salpata dalle Isole Falkland alla volta del Mare di Bellingshausen, però, è una spedizione unica nel suo genere: la prima missione scientifica fuori regata di The Ocean Race durerà quattro mesi e si svolgerà quasi interamente a bordo di una barca a vela appositamente progettato per la navigazione nei ghiacci polari.
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La missione in Antartide della regata mondiale The Ocean Race
La barca a vela di The Ocean Race è salpata dalle Isole Falkland, diretta verso il Mare di Bellingshausen in Antartide, dove rimarrà in mezzo al ghiaccio per due mesi: passerà la maggior parte del tempo oltre il 70esimo parallelo Sud, poi tornerà a dirigersi a nord verso il Cile.
La spedizione, guidata dal veterano e marinaio antartico Stephen Wilkins, che ha visitato la regione 22 volte, ha il compito di raccogliere 60 campioni d‘acqua per verificare la presenza di microplastiche. Ad analizzarli ci penserà il National Oceanography Centre (NOC) di Southampton in Inghilterra, che si occuperà di determinare numero, dimensioni e composizione chimica delle microplastiche raccolte.
Gli scienziati intendono confrontare i dati raccolti durante il viaggio in Antartide di The Ocean Race con quelli già esistenti, per comprendere come stanno cambiando i livelli di inquinamento da plastica e come si muovono le microplastiche negli oceani.
L’attrezzatura di bordo, sviluppata e utilizzata nella Ocean Race 2022-23 per rilevare oltre 4 milioni di dati sulla salute degli oceani, verrà utilizzata per catturare microplastiche fino a 30 micron, permettendo agli scienziati di accedere a un livello di analisi mai sperimentato prima in Antartide.
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Lo studio delle microplastiche nelle aree più remote dell’Antartide
La missione nasce per rivelare l’impatto delle attività umane nelle aree più remote del pianeta: l’inaccessibilità di quelle terre ai confini del mondo non è bastata a proteggere l’ecosistema dagli effetti dell’Antropocene. Microplastiche, metalli, idrocarburi e addirittura accumuli di forever chemicals come gli PFAS sono ormai una presenza conclamata in Antartide, a ricordarci che l’impatto delle nostre azioni si consuma sempre su scala globale.
I campioni raccolti da The Ocean Race “aiuteranno a comprendere meglio l’abbondanza, le caratteristiche, le fonti, il destino e gli impatti delle microplastiche nella remota regione antartica”, ha spiegato la Dottoressa Katsiaryna Pabortsava, biogeochimica marina presso il National Oceanography Center (NOC).
“Gli scienziati avranno un’opportunità unica di studiare come le microplastiche vengono trasportate in Antartide, come si disperdono nelle profondità oceaniche e si accumulano sul fondo del mare”. Ciò permetterà di comprendere finalmente quali sono i rischi concreti per il prezioso ecosistema antartico.
La barca a vela capitanata da Stephen Wilkins trasporterà anche un OceanPack, uno strumento usato durante le regate di The Ocean Race per raccogliere dati sull’oceano, a cominciare da quelli relativi a temperatura, pressione e salinità dell’acqua.
Questo tipo di dati, raramente catturati a latitudini così remote, saranno analizzati da diverse istituzioni, tra cui il Centro GEOMAR Helmholtz per la ricerca oceanica, l’IFREMER e il CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique).
Lo scopo della ricerca è quello di fornire delle possibili previsioni su come l’oceano risponderà ai cambiamenti climatici nei prossimi anni e nel futuro più remoto.
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L’Oceano Antartico è una vecchia conoscenza per i navigatori della regata transoceanica: qui i migliori velisti offshore del mondo si mettono alla prova nelle condizioni più estreme, guidando i loro scafi letteralmente in capo al mondo.
Quest’anno, la terza monumentale tappa dell’ultima Ocean Race, oltre 12mila miglia nautiche tra Cape Town e Itajaí, sulla costa brasiliana – è arrivata a lambire Point Nemo, il punto più remoto della Terra.
La regata, che si è conclusa a Genova il primo luglio, ha dato un eccezionale contributo alla ricerca scientifica: nell’ambito del The Ocean Race Scientific Programme, che mira a favorire la comprensione dello stato dei mari, l’11th Hour Racing Team, vincitore della regata, ha prelevato 27 campioni d’acqua contenenti materiale genetico disperso in acqua.
Per la prima volta al mondo delle barche da regata hanno preso parte alla raccolta di DNA ambientale, permettendo di misurare la salute e la biodiversità dei mari e fornendo un quadro completo delle specie presenti nell’Oceano.
Il programma scientifico di The Ocean Race ha mosso i primi passi nel 2015, quando i team hanno iniziato ad acquisire dati sull’oceano tramite dei galleggianti Argo. Nell’edizione 2017-18, poi, le barche usate in competizione hanno guadagnato delle strumentazioni scientifiche per misurare ancora più nel dettaglio gli indicatori di salute del mare.
Quest’anno, oltre a fornire dati essenziali per studiare i livelli di inquinamento da microplastiche (presenti nel 93 per cento dei campioni prelevati dall’11th Hour Racing Team), The Ocean Race ha anche lanciato una piattaforma di visualizzazione dei dati dedicata all’esplorazione della scienza dell’oceano.
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Un contributo fondamentale alle nuove scienze dell’oceano
La spedizione in Antartide guidata da Stephen Wilkins è la prima a condurre le strumentazioni scientifiche di The Ocean Race in acqua al di fuori della competizione.
“La scienza è l’arma più potente che abbiamo per combattere il declino della salute degli oceani, ed è per questo che stiamo sfruttando opportunità, come questa spedizione in Antartide, per rivelare l’impatto dell’attività umana sulle parti più remote del pianeta”, ha spiegato Stefan Raimund, responsabile scientifico di The Ocean Race.
Quanto più sappiamo sulla salute di questa regione del pianeta, che è fondamentale per il clima globale, tanto meglio potremmo proteggerla.
“Sebbene l’oceano sia considerato vasto e in gran parte inaccessibile, ciò non lo ha protetto dall’impatto delle attività umane”, ha spiegato Raimund, “con i suoi livelli record di ghiaccio marino e il catastrofico fallimento riproduttivo dei pinguini imperatori quest’anno, l’Antartide ne è un chiaro esempio”.
Il programma scientifico di The Ocean Race sta già dando un contributo fondamentale alle scienze dell’oceano: il presidente, Richard Brisius, è stato inserito tra i relatori della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP28).
Le attività scientifiche che accompagnano, ormai da anni, la regata più avvincente del mondo sono statw trattate in una sessione dedicata alle soluzioni innovative della scienza del clima oceanico organizzata dalla Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO e OceanX.
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