Oltre 27.000 km: è la migrazione da record dello squalo seta
Il lunghissimo viaggio di un Carcharhinus Falciformis nell’Oceano Pacifico mostra tutta l’urgenza di un’azione a tutela delle acque internazionali
![Il viaggio di uno squalo seta nell'Oceano Pacifico](https://innovando.it/wp-content/uploads/2024/05/squalo-seta-migrazione-record.jpg)
Quella appena documentata dai ricercatori è la migrazione più lunga mai registrata per un esemplare della specie Carcharhinus ffalciformis, e anche una delle più lunghe mai osservate in qualunque squalo pelagico utilizzando la telemetria satellitare. L’esemplare di squalo seta che è stato monitorato ha percorso oltre 27.000 chilometri nelle acque del Pacifico meridionale, nuotando quasi sempre al di fuori della zona economica esclusiva dell’Ecuador.
Il lungo viaggio dello squalo ha rivelato intuizioni cruciali sul comportamento di questa specie poco conosciuta e molto vulnerabile, ma serve anche da monito: come spiegano gli scienziati della Charles Darwin Foundation, la migrazione dello squalo battezzato “Genie” sottolinea l’urgente necessità di tutelare le acque internazionali per prevenire un ulteriore declino nelle popolazioni di questi animali, gravemente minacciati dalle attività umane.
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La lunga migrazione di uno squalo seta nel grande Oceano Pacifico
In un recente studio, i ricercatori della Charles Darwin Foundation, in collaborazione con il Guy Harvey Research Institute, la Save Our Seas Foundation Shark Research Center e la Direzione del Parco Nazionale delle Galápagos, hanno documentato la migrazione più estesa mai registrata per uno squalo seta.
Il resoconto appena pubblicato sul “Journal of Fish Biology” ha seguito il lunghissimo viaggio di un piccolo esemplare di Carcharhinus Falciformis, una femmina adulta lunga appena un metro e mezzo, che ha percorso oltre 27.000 chilometri nell’Oceano Pacifico.
Lo squalo seta, chiamato “Genie” in memoria della dottoressa Eugenie Clark, è stato taggato con un trasmettitore satellitare montato su una pinna vicino a Wolf Island, a nord della Riserva Marina delle Galápagos, nel luglio 2021, e si è presto avventurato in un viaggio come non se ne erano mai visti in questa specie: 27.666 chilometri in 546 giorni, più o meno come attraversare gli Stati Uniti da costa a costa quattro volte.
“Ottenere tracce di squali con una buona risoluzione della posizione per oltre un anno è, nella migliore delle ipotesi, difficile”, spiega il Dottor Mahmood Shivji del Save Our Seas Foundation Shark Research Center. “In questo caso siamo stati in grado di monitorare ‘Genie’ per un anno e mezzo”, aggiunge il co-autore dello studio, “rivelando percorsi di viaggio ripetuti e inaspettatamente coerenti su enormi distanze che vanno molto al largo, ben oltre la gestione nazionale e attuali aree marine protette”.
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Un lunghissimo e pericoloso viaggio tutto in acque internazionali
Nel corso del suo viaggio, “Genie” ha compiuto due migrazioni significative verso ovest, in direzione delle Hawaii, che si estendono per 4.755 chilometri all’interno di acque internazionali, in zone che gli scienziati definiscono “aree ad alta pressione di pesca e regolamentazione minima”.
Appena dopo essere stato taggato, lo squalo seta ha intrapreso una decisa migrazione di due mesi verso ovest, appena al di sopra dell’equatore: partito il 17 luglio del 2021 da Wolf Island, lo squalo ha raggiunto la massima distanza dal punto di partenza il 13 settembre dello stesso anno. Poi, si legge nello studio, ha stazionato per qualche settimana in quell’area e, alla fine di ottobre, si è spinto verso sud, oltrepassando l’equatore, per dirigersi nuovamente verso le Galápagos.
Dopo aver passato circa un mese nel punto più orientale toccato dal suo viaggio, “Genie” ha raggiunto la tappa più meridionale il 1 giugno 2022, e poi si è nuovamente diretta verso ovest. La seconda migrazione stagionale ha seguito un pattern simile. L’ultima tappa registrata dagli scienziati è quella del 14 gennaio del 2023, quando lo squalo seta si trovava a circa 535 km a sud ovest di Darwin Island.
Lo studio della migrazione di “Genie” ha infranto di quasi sei volte i precedenti record di movimento, illustrando l’ampio utilizzo da parte dello squalo dell’oceano aperto, ben oltre le giurisdizioni nazionali, dimostrando l’urgente necessità di stabilire regolamenti per conservare la biodiversità oceanica oltre le aree di giurisdizione nazionale.
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Il viaggio di “Genie” mostra l’urgenza di una tutela globale degli oceani
“Gli squali vagano per gli oceani del mondo da centinaia di milioni di anni e i confini della mappa che noi esseri umani abbiamo stabilito su carta non significano nulla per loro”, spiega il dottor Pelayo Salinas de León, autore principale dello studio e co-investigatore principale del progetto sull’ecologia degli squali presso la Fondazione Charles Darwin.
“Le loro lunghe migrazioni attraversano acque internazionali fortemente pescose, cosa che li espone a rischi significativi”, ha aggiunto Salinas de León, “ciò evidenzia la necessità di una risposta globale coordinata per garantire la sopravvivenza di questo gruppo di specie altamente minacciato”.
Se c’è un dato sorprendente, in questo resoconto, è proprio quello che riguarda il transito dello squalo seta in acque internazionali: oltre il 99 per cento dei monitoraggi hanno individuato “Genie” molto al di fuori della zona esclusiva dell’Ecuador, in aree sottoposte a un’intensa attività di pesca non regolamentata.
Gli squali seta sono particolarmente vulnerabili alla pesca eccessiva a causa della loro crescita lenta, della maturità tardiva e dell’elevata domanda nel commercio globale di pinne di squalo. Classificati come vulnerabili nella Lista Rossa delle Specie Minacciate dell’IUCN, sono tra gli squali più frequentemente catturati sia nella pesca artigianale che in quella industriale.
La scoperta di questa lunghissima migrazione in una specie minacciata come lo squalo seta, conclude il Dottor Shivji, “è un invito all’azione per tutti i soggetti coinvolti nella conservazione marina e nella gestione della pesca affinché lavorino insieme per proteggere queste specie iconiche e gli ecosistemi oceanici in cui vivono”.
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