Navi fantasma: quell’esplosione silenziosa della Blue Economy...

Per il Global Fishing Watch, il 75 per cento dei pescherecci al mondo non è tracciato: nell’oceano è in atto una rivoluzione industriale “nascosta”

Blue Economy: la prima mappa globale del traffico marittimo e dell’industria offshore
Quella appena pubblicata è la prima mappa globale del traffico marittimo e dell’industria offshore (Foto: 2023 Global Fishing Watch)

Oltre un miliardo di persone dipende dall’oceano come fonte primaria di cibo: il numero degli addetti alla pesca marittima supera ormai i 260 milioni di impiegati, mentre si moltiplicano gli impianti offshore per l’estrazione, l’acquacoltura e la produzione di energie rinnovabili.

La Blue Economy sta crescendo più rapidamente dell’economia globale, eppure non esistono mappe per le “strade dell’oceano”, e quello che succede nei mari del mondo resta inspiegabilmente un mistero.

Grazie alle immagini satellitari e al machine learning, i ricercatori del Global Fishing Watch sono riusciti a produrre il documento pubblico più completo esistente sulla pesca industriale nel mondo.

Lo studio, appena pubblicato su “Nature”, mostra con un dettaglio mai raggiunto prima lo stato del traffico marittimo globale e rivela un dato per certi versi inquietante: circa il 75 per cento dei pescherecci del mondo non è tracciato pubblicamente. ù

E gli impianti offshore si vanno moltiplicando. Nell’oceano, sostengono gli studiosi, è in atto una rivoluzione industriale che è rimasta nascosta fino ad oggi.

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Blue economy: il 75% dei pescherecci è "fantasma"
L’analisi rivela che tre quarti dei pescherecci industriali del mondo non sono monitorati pubblicamente. gran parte della pesca si svolge intorno all’Africa e all’Asia meridionale (Foto: 2023 Global Fishing Watch)

La Blue Economy sta esplodendo (e lo fa di nascosto)

Circa l’80 per cento delle merci scambiate a livello globale viaggia via mare, e quasi il 30 per cento del petrolio mondiale viene prodotto in giacimenti offshore.

In aggiunta a questi utilizzi “tradizionali” dell’oceano, stanno rapidamente emergendo nuovi settori industriali offshore legati alle energie rinnovabili, all’acquacoltura e all’estrazione mineraria.

La Blue Economy vale oggi oltre 1,5 trilioni di dollari: la sua rapida crescita, però, sta causando un altrettanto vertiginoso declino ambientale.

Come si legge nello studio “Satellite mapping reveals extensive industrial activity at sea” del Global Fishing Watch, “un terzo degli stock ittici mondiali viene sfruttato oltre i livelli biologicamente sostenibili, e si stima che il 30-50 per cento degli habitat marini critici siano andati perduti a causa dell’industrializzazione”.

Sulla terraferma, prosegue lo studio, le industrie estrattive vengono mappate a livello globale su scala inferiore al chilometro e aggiornate mensilmente: quello che succede sulle rotte oceaniche, però, resta ancora oggi un mistero.

Molte navi non trasmettono la propria posizione o non vengono rilevate dai sistemi di monitoraggio, e “le informazioni sullo sviluppo delle infrastrutture offshore e di altre attività industriali sono spesso tenute private”.

Il risultato è una strutturale carenza di dati, che non permette agli scienziati di comprendere come e dove si stia espandendo la Blue Economy e come stia influenzando le comunità costiere e i Paesi emergenti.

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Le "flotte oscure": non solo pescherecci
L’analisi mostra anche che circa il 25 per cento dell’attività delle navi da trasporto e di energia manca completamente dai sistemi di tracciamento pubblici (Foto: 2023 Global Fishing Watch)

La prima vera mappa globale del traffico negli oceani

Il nuovo studio offre una visuale inedita sullo sfruttamento dell’oceano e su come questo stia cambiando. Grazie al machine learning e alle immagini satellitari, i ricercatori hanno ricostruito la prima mappa globale del traffico marittimo industriale e delle infrastrutture offshore dislocate nei mari del mondo.

L’indagine rivela un’enorme tasso di attività che fino ad oggi si è sottratto al monitoraggio pubblico: l’analisi dimostra che circa il 75 per cento dei pescherecci industriali del mondo non è tracciato pubblicamente (soprattutto lungo le coste dell’Africa e dell’Asia Meridionale), e anche il 25 per cento delle navi mercantili per il trasporto e l’energia mancano completamente dai sistemi di tracciamento.

Una nuova rivoluzione industriale è emersa nei nostri mari, inosservata fino ad ora”, afferma David Kroodsma, direttore di Ricerca e Innovazione di Global Fishing Watch.

Sulla terraferma abbiamo mappe dettagliate di praticamente tutte le strade e gli edifici del mondo”, spiega, “al contrario, la crescita delle attività nell’oceano è stata a lungo nascosta alla vista del pubblico. Questo studio contribuisce ad eliminare gli angoli ciechi e gettare luce sulla vastità e sull’intensità dell’attività umana in mare”.

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Pesca e attività offshore: una rivoluzione industriale silenziosa
Mappa regionale delle infrastrutture offshore e delle relative attività navali nella Cina orientale durante il periodo di studio, 2017-2021 (Foto: 2023 Global Fishing Watch)

Le “flotte oscure” minaccia per la gestione delle risorse

I ricercatori di Global Fishing Watch, University of Wisconsin-Madison, Duke University, UC Santa Barbara e SkyTruth hanno analizzato due milioni di gigabyte di immagini satellitari catturate tra il 2017 e il 2021.

I dati GPS, insieme a 5 anni di rilevazioni radar e ottiche, hanno permesso di identificare diverse imbarcazioni che non avevano trasmesso la propria posizione. Usando il machine learning sono poi riusciti a identificare quali, tra quelle imbarcazioni, fossero destinate alla pesca industriale.

Storicamente l’attività mercantile in mare è scarsamente documentata”, afferma Fernando Paolo, senior machine learning engineer di Global Fishing Watch, “questo ha limitato la nostra possibilità di comprendere come stiamo usando la più vasta risorsa pubblica del pianeta, l’oceano”.

Combinando tecnologia spaziale con il machine learning di ultima generazione”, spiega lo scienziato, “abbiamo mappato l’attività industriale non dichiarata in mare su una scala mai indagata prima”.

In effetti, illustrano i ricercatori, non tutte le navi sono obbligate per legge a trasmettere la loro posizione. Resta il fatto che queste imbarcazioni nascoste al pubblico, spesso definite “flotte oscure”, rappresentano una minaccia concreta per la tutela e la gestione delle risorse naturali.

I ricercatori hanno individuato numerosi pescherecci “fantasma” all’interno di aree marine protette e un’alta concentrazione di navi nelle acque di Paesi che fino a oggi mostravano un’attività navale minima o nulla, almeno agli occhi dei sistemi di monitoraggio pubblici.

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Blue Economy, pescherecci e impianti offshore "fantasma"
L’analisi di 2 milioni di gigabyte di immagini satellitari ha permesso di individuare le infrastrutture offshore nelle acque costiere di sei continenti (Foto: 2023 Global Fishing Watch)

La mappa del mare: come cambierà la Blue Economy

I dati pubblici disponibili suggeriscono, sbagliando, che Asia ed Europa abbiano livelli paragonabili di pesca all’interno dei propri confini, ma la nostra mappa rivela numeri diversi: su 10 pescherecci individuati, 7 erano in Asia e soltanto uno in Europa”, spiega Jennifer Raynor, docente alla University of Wisconsin-Madison e co-autrice dello studio.

Rivelando le flotte oscure”, continua lei, “abbiamo creato la più dettagliata mappa pubblica dell’industria della pesca globale”.

Lo studio mostra anche come sta cambiando l’attività umana in mare: durante la pandemia da COVID-19, l’industria della pesca ha subito una battuta d’arresto (-12 per cento a livello globale), mentre l’attività delle navi nel settore trasporti ed energia è rimasta stabile.

Nel frattempo, gli impianti petroliferi offshore sono aumentati del 16 per cento, e le infrastrutture eoliche sono raddoppiate, superando il numero delle piattaforme petrolifere.

L’impronta dell’Antropocene non si limita più alla terraferma”, spiega Patrick Halpin, professore di ecologia geospaziale alla Duke University.

Il nostro studio rivela che l’oceano è diventato un ambiente di lavoro solerte, affollato e complesso nell’ambito della crescente Blue Economy”.

Gli open data e la tecnologia usati in questo studio possono aiutare i governi, i ricercatori e la società civile a identificare hotspot di potenziali attività illegali e a determinare eventuali conflitti tra pesca industriale e artigianale.

Questo tipo di dati, fin’o a oggi, era disponibile soltanto per chi poteva pagare. Oggi sono disponibili gratuitamente a tutte le nazioni”, conclude David Kroodsma, “questo studio segna l’inizio di una nuova era nella gestione trasparente degli oceani”.

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Blue Economy: la prima mappa del traffico marittimo globale
Blue Economy: il 75 per cento dei pescherecci al mondo non è tracciato e nell’oceano è in atto una rivoluzione industriale “silenziosa” (Foto: Envato)