Strisce colorate per visualizzare l’acidificazione degli Oceani
Dai climatologi dell’ETH uno strumento che permette di rappresentare tramite vari cromatismi il processo che rende più acide le acque dei mari
L’acidificazione degli Oceani è un fenomeno estremamente complesso che riguarda un mondo ancora misterioso, oltre che poco familiare.
Eppure è un processo che può avere conseguenze imponenti sugli ecosistemi marini e anche sulla vita degli umani, di un fenomeno che è importante riuscire a comprendere e visualizzare.
I climatologi del Politecnico Federale di Zurigo, ETH nella sigla che lo rende noto in campo internazionale, hanno quindi messo a punto un tool grafico disponibile online che mostra l’acidificazione in diverse regioni oceaniche dal 1982 ad oggi, utilizzando delle strisce colorate.
Le “acidification stripes”, le strisce dell’acidificazione, sono apertamente ispirate alle “strisce del clima” ideate nel 2018 dallo scienziato britannico Ed Hawkins per comunicare i trend sul riscaldamento globale in maniera intuitiva a un pubblico più vasto della comunità scientifica.
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Acidificazione degli Oceani, un fenomeno complesso dalle conseguenze catastrofiche
Gli Oceani ricoprono oltre il 70 per cento della superficie terrestre e ospitano quasi un milione di specie conosciute – su un totale di circa 1.700.000, secondo recenti calcoli del CNR. Pensare che gli effetti del cambiamento climatico si esauriscano con il riscaldamento dell’atmosfera e lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe essere, per quanto drammatica, una prospettiva ancora ingenua.
Anche la vita degli Oceani sta subendo gli effetti del riscaldamento globale dovuto alle emissioni di CO2: le distese d’acqua che danno al nostro pianeta l’inconfondibile aspetto di una Blue Marble assorbono quantità di CO2 sempre maggiori dall’atmosfera, e l’acidificazione cui stiamo assistendo è una diretta conseguenza dell’aumento esponenziale di emissioni sperimentato dalla Terra a partire dalla prima rivoluzione industriale.
Gli Oceani assorbono circa un terzo delle emissioni di CO2 di origine antropica: secondo i dati dell’IPCC, tra il 1751 e il 1994, il pH superficiale delle acque è passato da 8,25 a 8,14, mentre la concentrazione degli ioni H+ è aumentata del 26 per cento.
Quando la CO2 assorbita dall’oceano viene disciolta, si verifica una reazione chimica che porta alla formazione di acido carbonico, un composto instabile che tende a sua volta a dissociarsi in ioni bicarbonato e ioni carbonati. Il pH misura proprio la concentrazione di protoni idrogeno, fornendo una scala per cui tanti più protoni liberi ci sono in una soluzione tanto più basso è il suo pH. Più acido carbonico si libera nell’oceano, più le acque diventano acide.
Il pH degli Oceani si abbassa a una velocità di −0,0166 ± 0,0010 ogni dieci anni: valori che sulla carta possono sembrare infinitesimali, ma che possono mettere a repentaglio la sopravvivenza di interi ecosistemi.
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Perché è importante comprendere quello che sta succedendo agli Oceani
L’acidificazione degli Oceani avrà massicce conseguenze sugli ecosistemi marini, e anche sulla catena alimentare per come la conosciamo. Può infatti influire sul lisoclino (la profondità a cui la calcite inizia a sciogliersi più velocemente) e sulla profondità di compensazione dei carbonati, quella a cui le varie forme del carbonato di calcio si dissolvono in acqua.
Tra le forme più note del carbonato di calcio c’è l’aragonite, che è alla base della formazione dei coralli, ma questi processi di dissoluzione sono pericolosi anche e soprattutto per gli organismi che dipendono da gusci calcarei, come conchiglie, molluschi e plancton.
“Questi organismi sono spesso alla base della catena alimentare”, spiega Nicolas Gruber, Professore di fisica ambientale al Politecnico Federale di Zurigo, “perciò sono di importanza critica per diversi ecosistemi marini ma anche per noi umani”.
Ma si tratta pur sempre di numeri infinitesimali applicati a un ragionamento astratto che ha come oggetto una parte di mondo che ancora non abbiamo finito neanche di esplorare. Serve un metodo che ci permetta di capire e visualizzare, in maniera il più possibile intuitiva, quello che sta succedendo ai nostri preziosissimi Oceani d’acqua liquida.
Il progetto delle acidification stripes, sviluppato dal team del Professor Gruber all’ETH prendendo come ispirazione le celebri “strisce del clima” di Ed Hawkins, nasce proprio per rispondere a questa esigenza.
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Ocean Acidification Stripes: visualizzare lo stato di mari e Oceani online
I climatologi del Politecnico di Zurigo hanno sviluppato uno strumento web, accessibile gratuitamente, che permette di visualizzare “a colori” i cambiamenti dell’acidità (pH) e della saturazione di aragonite negli Oceani di oltre 60 regioni del mondo.
Collegandosi al portale Ocean Acidification Stripes è possibile selezionare un oceano, un bacino o un habitat esteso e visualizzare, in strisce colorate, l’andamento del pH o della saturazione di aragonite dal 1982 a oggi.
I grafici utilizzano i dati di OceanSODA-ETHZ, un dataset sviluppato dal cattedratico Gruber e dal suo studente Luke Gregor grazie alla combinazione (tramite machine learning) di numeri reali acquisiti dalle misurazioni delle navi e dai dati satellitari.
Le strisce del pH virano dal blu al rosso, mentre quelle della saturazione dell’aragonite vanno dal viola all’arancio-marrone (sempre da leggersi “a rovescio”, perché è quando la saturazione scende sotto lo zero che la soluzione si fa corrosiva e pericolosa).
Sperimentando con diverse località, si può comprendere in maniera intuitiva la situazione del Mar Mediterraneo, la cui acidità è aumentata del 18 per cento in 40 anni, del Mar Caraibico (+15 per cento) o del Mare di Kara, nel Mar Glaciale Artico (+25 per cento).
Parlando di aragonite, cioè della salute dello scheletro dei coralli, i grafici elaborati dall’ETH permettono di visualizzare il rapido aggravarsi della situazione nel Mar dei Caraibi e la lenta ripresa nel mare intorno alle Faroer e a nord dell’Australia.
“Il nostro scopo è rendere l’acidificazione degli Oceani più visibile”, spiega Gruber, “e accrescere la consapevolezza sul fatto che questi cambiamenti sono un ulteriore effetto delle emissioni di CO2 di origine antropica”.
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OceanSODA-ETHZ, i primi dati reali sugli Oceani a disposizione della scienza
Il dataset OceanSODA-ETHZ, basato su dati reali raccolti negli ultimi quarant’anni in tutte le regioni Oceaniche del pianeta, è stato utilizzato dal team del Professor Gruber anche per la stesura del primo studio scientifico che dimostra l’evoluzione del fenomeno dell’acidificazione in epoca recente.
La ricerca, pubblicata nel luglio 2023 sulla rivista “Global Biogeochemical Cycles”, è una prima chiara testimonianza scientifica del collegamento tra l’aumento delle emissioni di CO2 in epoca moderna e l’acidificazione degli Oceani.
Come spiega Danling Ma, primo autore dello studio, “è ben noto che gli Oceani assorbano CO2 dall’atmosfera e subiscano un abbassamento del pH. Ma ad oggi l’aumento dell’acidità a livello globale non era stato sufficientemente confermato dalle osservazioni”.
“I nostri risultati confermano che il pH e la saturazione dell’aragonite si siano abbassati in tutti gli Oceani del mondo e che questi trend sono dovuti principalmente all’aumento di carbonio inorganico disciolto prelevato dall’atmosfera”, conclude Ma.
La ricerca del team dell’ETH può quindi dimostrare, per la prima volta in maniera inoppugnabile, che l’acidificazione degli Oceani dipende dalle emissioni di CO2 prodotte dalle attività umane.
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