Plastica e oceani, così la luce del sole la rende... “invisibile”

I nostri mari sono sempre più inquinati, ma un'ottima soluzione potrebbe arrivare dai Paesi Bassi grazie ai raggi solari e alla loro azione

plastica: Plastica accumulata nel fondale marino

Plastica accumulata nel fondale marino (Foto: iStock Photos)La luce del sole rende invisibile la plastica che si trova negli Oceani, garantendo un contributo nella lotta contro l’inquinamento delle acque. La notizia arriva dal Royal Netherlands Institute for Sea Research ed è stata pubblicata sulla rivista “Marine Pollution Bulletin”, regalandoci una nuova prospettiva riguardo le tonnellate di plastica che galleggiano sulle superfici dei mari.

Lo studio ha infatti dimostrato che ogni anno grazie alla luce del Sole spariscono l’1.7 per cento dei rifiuti di plastica, tutto grazie alla fotodegradazione. Gran parte delle nanoparticelle invisibili vengono degradate dai batteri, mentre il resto rimane sui fondali, contaminando irrimediabilmente l’ecosistema marino. Si tratta dunque di una buona notizia a metà, ma di un passo avanti fondamentale per studiare nuove tecniche in grado di contrastare l’inquinamento.

Secondo gli ultimi dati negli oceani si trovano più di 150 milioni di tonnellate di plastica a cui si aggiungono, annualmente, da 5 a 13 milioni di tonnellate. Si tratta di un’emergenza vera e propria, che nel tempo sta provocano danni non solo alla vita marina, ma anche al clima e alla salute umana, per non parlare delle implicazioni economiche. Un motivo in più per aumentare gli studi al riguardo nel tentativo di comprendere quale strada sia giusto intraprendere.

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plastica: Raccolta della plastica in spiaggia
Raccolta della plastica in spiaggia (Foto: iStock Photos)

La ricerca sulla plastica negli Oceani

La ricerca è partita dall’ormai celebre “Paradosso della Plastica Mancante” (“Missing Plastic Paradox”). Oggi infatti nelle acque troviamo soltanto una piccolissima percentuale rispetto al quantitativo di  plastica gettato in acqua negli Anni Cinquanta. Gli studiosi hanno dunque tentato di spiegare tale fenomeno, effettuando numerosi esperimenti. Hanno dunque simulato l’ambiente marino in un contenitore, inserendoci dei pezzi di plastica, poi hanno sottoposto i frammenti all’azione di una lampada con luce UV.

Hanno così scoperto che la parte ultravioletta della radiazione solare riesce a sminuzzare la plastica e la microplastica, creando dei piccoli frammenti, denominati nanoplastica che spariscono dalla superficie marina.

“In parte, la plastica si scompone in sostanze che possono essere completamente decomposte dai batteri”, ha spiegato Helge Niemann, docente dell’Università di Utrecht.

“Ma per un’altra parte, la plastica rimane nell’acqua sotto forma di nanoparticelle invisibili. Gli effetti precisi di queste particelle su alghe, pesci e altre forme di vita negli oceani sono ancora poco chiari. Con questi esperimenti alla luce UV, possiamo spiegare un’altra parte del paradosso della plastica ma dobbiamo continuare a indagare sul destino della plastica rimanente”.

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plastica: Plastica nel mare
Plastica nel mare (Foto: iStock Photos)

Le microplastiche e l’equilibrio naturale

Le misurazioni degli scienziati dunque hanno permesso di scoprire che ogni anno circa l’1,7 per cento della microplastica visibile viene degradata grazie alla luce solare. Le nanoplastiche, dopo aver abbandonato la superficie, vengono attaccate dai batteri che le riducono ancora di più, producendo anidride carbonica.

“Circa il 2 per cento della plastica visibile, quella che galleggia”, ha spiegato Annalisa Delre, fra gli autori della ricerca, “sparisce dalla superficie del mare ogni anno per effetto della luce del Sole. Potrebbe sembrare poco, ma con il passare degli anni la quantità comincia a diventare consistente. I dati che abbiamo esaminato mostrano che la luce solare potrebbe aver degradato una quantità considerevole di tutta la plastica galleggiante che è stata riversata negli oceani a partire dagli anni Cinquanta”.

Ma dove finiscono le microplastiche? Una risposta arriva da uno studio effettuato nel 2016.

Un gruppo di scienziati a bordo della nave RRS James Clark, ha infatti perlustrato a fondo la profondità dell’Oceano Atlantico, scoprendo che questi minuscoli pezzettini di plastica tendono ad affondare, diversamente dai detriti di dimensioni maggiori che restano in superficie, popolando alcune aree delimitate. Le microplastiche, al contrario, si distribuiscono sul tutto il fondale, nelle profondità marine, creando un “tappeto di plastica” che sarà difficile rimuovere.

Il tema è più che mai essenziale, soprattutto per quanto riguarda la salute umana. L’inquinamento marino provocato da nanoplastiche e microplastiche infatti non risulta solo più insidioso, ma anche molto più pericoloso. I pesci abissali infatti tendono ad entrare in contatto con queste micro particelle di plastica e, scambiandole per cibo, le ingeriscono.

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plastica: Bottiglia di plastica su una spiaggia
Bottiglia di plastica su una spiaggia (Foto: iStock Photos)