Verso l’Umanesimo Digitale: analisi di una rivoluzione con riscatto

Ecco come l'IA trasformerà il lavoro, liberando la creatività umana e creando un futuro occupazionale ricco di emozioni e opportunità

Umanesimo Digitale: i lavori del futuro saranno quelli che sapranno smuovere emozioni da condividere, le quali sono diventate il nuovo motore del mondo
I lavori del futuro saranno quelli che sapranno smuovere emozioni da condividere, le quali sono diventate il nuovo motore del mondo

È affascinante assistere a una rivoluzione in atto e immaginarne gli sviluppi futuri. Da decenni, ormai, viviamo questa trasformazione digitale che oggi sembra aver raggiunto una delle sue fasi più evolute con l’AI generativa a portata di tutti.

Allo stesso tempo, come ogni rivoluzione che si rispetti, può essere inquietante per chi ha paura dei cambiamenti e teme di non restare al passo, di perdere la tranquillità del “si è sempre fatto così”, di non essere più utile, soprattutto nel mondo del lavoro.

In un libro i mestieri di oggi fra digitale, media e social

Umanesimo Digitale: c’è chi ha paura dei cambiamenti e teme di non restare al passo, di perdere la tranquillità del “si è sempre fatto così”, di perdere utilità
C’è chi ha paura dei cambiamenti e teme di non restare al passo, di perdere la tranquillità del “si è sempre fatto così”, di perdere utilità

Domande errate: la vera sfida è come cambieranno i mestieri

Una delle domande che si pongono più spesso le persone in questo periodo è, infatti, “quali mestieri sono destinati a scomparire?”.

Io ho provato a chiederlo a Bing Copilot e mi ha fatto ridere che mi abbia citato uno studio dell’Università di Oxford di 10 anni fa. Preistoria. Se è questo il grado di raffinatezza e aggiornamento delle analisi dell’AI, stiamo a posto ancora per un po’.

ChatGPT, anche se Bing dovrebbe in teoria usare la stessa tecnologia, è un po’ più fantasiosa e prova a fare degli esempi più moderni e pertinenti.

In realtà, mi sembra una domanda inutile e mal posta. Piuttosto, mi chiederei come ogni mestiere sia destinato a cambiare grazie all’AI generativa.

Visto che sono un’inguaribile ottimista che ama profondamente sia l’essere umano in tutte le sue sfaccettature (non a caso, ho scelto di seguire la mia passione per occuparmi di risorse umane o, meglio, delle persone che determinano il destino di ogni azienda), sia l’innovazione e la creatività umana che si esprime al suo meglio in questa rivoluzione digitale, io ci vedo enormi meravigliose potenzialità per chiunque sappia coglierne le infinite opportunità.

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Umanesimo Digitale: che sia una foto sui social, una causa ecologista, un acquisto consapevole, un’esperienza di viaggio, tutti rifuggono l’isolamento
Che sia una foto sui social, una causa ecologista, un acquisto consapevole, un’esperienza di viaggio, tutti rifuggono l’isolamento

Non tutto ciò che facciamo ha un valore aggiunto umano

Se osserviamo un’azienda come un sistema unico, organico, in cui ogni compito dovrebbe servire a raggiungerne lo scopo e gli obiettivi prefissi, non tutto ciò che facciamo ha un effettivo valore aggiunto umano, diciamoci la verità.

E questo è uno dei principali motivi che portano le persone alla frustrazione sul lavoro e da qualche anno alle dimissioni in massa.

Ora, pensate a quanto tempo prezioso ed energia vengono sprecati nello svolgimento di compiti inutili, come la compilazione manuale dell’eterno foglio Excel, risalente alla notte dei tempi e immancabile in ogni azienda.

Tra l’altro, anche quando nacque Excel, si diceva che avrebbe eliminato tanti posti di lavoro e, invece, vediamo tutti quanti ne ha creati e come ciò abbia dato il la al prezioso mondo dell’Analytics.

Oppure, pensate a quante ore passate ad allineare le figure dell’ennesima presentazione in PowerPoint.

Quanti preziosi dati persi in un’archiviazione folle del vecchio gestionale “che guai se lo cambiamo, che si ferma l’azienda”.

Quali sono le figure professionali più richieste nel Metaverso?

Umanesimo Digitale: una delle domande che si pongono più spesso le persone in questo periodo storico è “quali mestieri sono destinati a scomparire?”
Una delle domande che si pongono più spesso le persone in questo periodo storico è “quali mestieri sono destinati a scomparire?”

L’Umanesimo Digitale: nuova era di dialogo con i computer

La rivoluzione digitale non è cominciata l’anno scorso con ChatGPT e con tutte le migliaia di applicazioni nate subito dopo e basate sull’AI, ma è in atto da tempo.

Peccato che le aziende, soprattutto medie e piccole, fatichino a sfruttarla al meglio e stare al passo con le novità, perché ogni nuovo programma ha un costo elevato, necessita di tecnici informatici per implementarlo, imparare a usarlo, nutrirlo di dati in modo ordinato, estrarne dati in modo esauriente e utile.

Ecco, io vedo questa come l’ultima straordinaria evoluzione che permette di mettere ordine, facilitare e accelerare questo processo di digitalizzazione aziendale, perché finalmente è utilizzabile con uno strumento tanto antico quanto alla portata di ogni essere umano: il dialogo.

La vera rivoluzione è proprio questa: grazie al NPL, oggi chiunque può parlare con un computer con un linguaggio semplice, avere un dialogo e ottenere delle risposte chiare anche a chi non ha competenze da programmatore informatico.

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Umanesimo Digitale: il mancato raggiungimento degli obiettivi aziendali è uno dei principali motivi che portano le persone alla frustrazione nel lavoro
Il mancato raggiungimento degli obiettivi aziendali è uno dei principali motivi che portano le persone alla frustrazione nel lavoro

La rivincita di logica, pensiero e razionalità sulla tecnologia

Si apre così l’era dell’Umanesimo Digitale, il riscatto del linguaggio, della logica, del pensiero, della razionalità sul computer con cui interagiamo.

Tanti pensano che i mestieri del futuro saranno tecnologici, informatici, ingegneristici e indubbiamente continueranno a essere utili per creare nuovi programmi, sviluppare quelli esistenti, ma il grosso del lavoro che un tempo era appannaggio dei tecnici ritengo sarà svolto direttamente dai computer, cui gli umanisti sapranno porre le giuste domande in un linguaggio noto a tutti noi da millenni, non più astruso.

Ognuno di noi oggi, quindi, dovrebbe porsi questa domanda nel suo lavoro quotidiano: esiste un programma, un’applicazione che sia in grado di svolgere questo specifico compito meglio e più in fretta di me?

Se la risposta è sì, allora è evidente che il valore aggiunto umano debba essere impiegato altrove.

Possiamo finalmente liberarci di tutti quei compiti noiosi, ripetitivi, che ci fanno soltanto perdere tempo, imparando a porre le giuste domande allo strumento che ci libera di quel compito ormai inutile per noi.

Sono programmi alla portata di tutti, spesso gratuiti, facili da imparare, su cui possiamo fare pratica per poi proporne l’introduzione in azienda.

Certo, qui si pone un problema di costi, di tutela della proprietà intellettuale aziendale, ma è un capitolo a parte, da tenere in considerazione per trovare il miglior strumento, e non è questa la sede, ma che nulla toglie alle potenzialità che si aprono per il lavoro di ognuno di noi.

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I lavoratori debbono poter esprimere tutta la loro potenzialità e creatività, creando un ambiente di vero benessere aziendale

Oltre il prompt engineer: l’emozione come elemento di valore

Perciò, la capacità di porre le giuste domande all’AI non sarà tanto un mestiere nuovo, quanto una nuova competenza che ognuno di noi dovrà possedere al più presto in ogni mestiere, esattamente come abbiamo imparato a usare il PC e i vari programmi informatici che ci sono utili nel nostro mestiere.

L’affascinante e oggi ricercatissimo Prompt Engineer è forse destinato ad avere vita lavorativa breve, quando l’AI diventerà uno strumento che ognuno di noi utilizzerà quotidianamente.

Potrà avere forse la stessa utilità di un esperto informatico a cui chiediamo di scriverci una e-mail.

Ecco perché parlo di Umanesimo Digitale, perché quel che tornerà a essere essenziale sarà il contenuto di quell’e-mail. Che cosa abbiamo da dire e perché lo diciamo?

Quali domande saremo in grado di porre alla macchina? Impareremo di nuovo a scrivere in modo corretto per farci capire?

Quale logica useremo per analizzare le risposte? Quali deduzioni ci porteranno a porre ulteriori domande?

Quali dubbi sorgeranno di fronte alle risposte per approfondire i ragionamenti basati sulla ripetitività degli algoritmi? Quale capacità di discernimento ci permetterà di valutare l’etica di una risposta statisticamente prevalente rispetto a un’alternativa più giusta?

Quale creatività sarà il nostro vero valore aggiunto mentre dialoghiamo con il computer? Quali intuizioni ci apriranno la strada per nuove idee e soluzioni?

Ma soprattutto, quali emozioni saremo in grado di trasmettere ad altri esseri umani con il nostro lavoro?

Questo è il mondo inattaccato, e presumo inattaccabile ancora per molto, dall’intelligenza artificiale: le emozioni naturali.

Quel dialogo inconscio e continuo tra i nostri sensi e la nostra mente che muove l’umanità,

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Sharing Capitalism: smuovere emozioni e creare connessioni

Abbiamo assistito, volenti o nolenti, a uno degli esperimenti sociali più unici che rari nella storia dell’umanità, due anni di isolamento forzato.

Forse non ne siamo usciti né migliori né peggiori, ma sicuramente ne siamo usciti diversi.

Oggi siamo più consapevoli del nostro essere animali sociali, della forza dei nostri desideri privati, dell’importanza delle interconnessioni a livello globale, della priorità del benessere quotidiano non rinunciabile e non rinviabile, della fatuità dell’individualismo con cui ci eravamo illusi di essere supereroi senza bisogno di nessuno.

Quel che accomuna tanti movimenti, di massa o di marketing, infatti, è il desiderio di condivisione, sempre e comunque.

Che sia una foto sui social, una causa ecologista, un acquisto consapevole, un’esperienza di viaggio, c’è un bisogno impellente di non sentirsi più isolati, quanto meno virtualmente.

Si cerca di dare uno scopo alla propria esistenza che vada al di là del compito che stiamo svolgendo, sentire che ogni nostra attività in qualche modo possa essere condivisa per uscire dall’isolamento in cui ci siamo sentiti persi.

Gli esperti di marketing ci vanno a nozze con questo Sharing Capitalism, ma quel che mi preme sottolineare è l’importanza di questa necessità nella nuova era dell’Umanesimo Digitale.

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Quindi, se mi si chiede quali mestieri vedo prosperare nel prossimo futuro, sono proprio quelli che sapranno smuovere quelle emozioni da condividere e che sono diventate il nuovo motore del mondo, perché nessuna intelligenza artificiale è ancora in grado di farlo, e forse non lo sarà mai.

Non a caso, la gestione delle risorse umane sta finalmente tornando a essere centrale per il business aziendale.

Non è più limitata alla mera amministrazione del personale, ma orientata a smuovere le passioni delle persone, ad attrarle, a motivarle, a coinvolgerle, a farle stare bene, a dare uno scopo alla propria quotidianità lavorativa per farle sentire parte di quell’unicità organica aziendale, che solo quando è coordinata e appassionata raggiunge il cuore dei clienti e fa crescere produttività e fatturato.

Se fossi un imprenditore, quindi, oggi investirei su tutti quegli strumenti di AI che possano sgravare i propri lavoratori da compiti noiosi e ripetitivi, punterei a metterli nelle condizioni di esprimere tutta la loro potenzialità e creatività creando un ambiente di vero benessere aziendale, a un profondo livello culturale non di facciata da employer branding.

Darei loro uno scopo che possa emozionarli e possa far emozionare i propri clienti nel modo più condiviso possibile e mi godrei i risultati di questa nuova meravigliosa era.

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