Pronto un cemento più sostenibile per l’edilizia del futuro

Un nuovo materiale sviluppato dall’EPFL potrebbe rivoluzionare la produzione di calcestruzzo e risparmiare 500 milioni di tonnellate di CO2

Cemento, dall'EPFL una soluzione concreta e sostenibile
I ricercatori dell'EPFL hanno trovato una soluzione per abbattere le emissioni durante la produzione di calcestruzzo (Foto: Stefan Wermuth/LC3 Project/EPFL)

Ogni anno, per ciascuna persona vivente sulla Terra, vengono prodotte circa 4 tonnellate di calcestruzzo. Il cemento, che viene usato come componente legante per la sua produzione, rappresenta così da solo l’8 per cento delle emissioni globali di CO2.

L’impatto del calcestruzzo, in termini di emissioni e consumo delle risorse, è abbastanza significativo da rappresentare una sfida cruciale per la salute del pianeta. Si tratta di un compito particolarmente difficile, poiché la necessità di ridurre l’impatto climatico del calcestruzzo deve fare i conti con le esigenze delle economie in crescita, che richiedono nuove costruzioni e infrastrutture.

Così, il Laboratorio di materiali da costruzione del Politecnico Federale di Losanna (EPFL) ha studiato un’alternativa sostenibile coerente con la sempre maggiore richiesta di materiali da costruzione a livello globale: si chiama LC3 (“Limestone Calcined Clay Cement”) viene già prodotto in diversi stabilimenti e permette di ridurre le emissioni del 40 per cento rispetto al cemento tradizionale.

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Un cemento più sostenibile con meno clinker
La professoressa Karen Scrivener, a capo del Laboratorio di Materiali da Costruzione della Facoltà di Ingegneria del Politecnico Federale di Losanna che ha sviluppato LC3 (Foto: EPFL)

Cemento, la lunga ricerca di Karen Scrivener al Politecnico di Losanna

Karen Scrivener, a capo del Laboratorio di Materiali da Costruzione della Facoltà di Ingegneria dell’EPFL, studia il calcestruzzo da quarant’anni. Costruiamo moltissimo con il calcestruzzo, eppure ne sappiamo ancora troppo poco. “Sembra così semplice: mescoliamo una polvere grigia con acqua ed ecco pronto un materiale da costruzione stabile”, ha spiegato la scienziata britannica in un’intervista rilasciata lo scorso anno. Nella produzione del calcestruzzo, pero, “avvengono reazioni chimiche complesse”, che vanno indagate più a fondo.

Nella sua lunga carriera accademica, la ricercatrice ha fatto molto per colmare queste lacune, concentrandosi sul miglioramento delle proprietà meccaniche e ambientali del calcestruzzo: nell’ambito degli sforzi globali per la riduzione delle emissioni di gas serra, un lavoro sistematico sul calcestruzzo è più importante che mai.

La Scrivener e il suo team multidisciplinare dell’EPFL, insieme a partner industriali e legati al mondo della ricerca, hanno infine trovato un brillante sostituto per il calcestruzzo “tradizionale”: è il Limestone Calcined Clay Cement, abbreviato LC3, un’argilla calcinata che non emette CO2 e cuoce a soli 800 gradi centigradi (contro i 1.450° C del procedimento classico).

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Calcestruzzo sostenibile: la ricetta dell'EPFL
Usiamo il calcestruzzo da secoli, ma ne sappiamo ancora poco: quello che sembra molto semplice nasconde reazioni chimiche assai complesse (Foto: Envato)

Cemento ed emissioni di CO2: la vera soluzione è contenere il clinker

Il cemento, il componente legante del calcestruzzo, è responsabile dell’8 per cento delle emissioni globali di gas serra, ed è la seconda commodity più sfruttata al mondo dopo l’acqua. Il cemento è tutt’altro che sostenibile: per produrne una tonnellata, si emette circa una tonnellata di CO2. Il processo di produzione e gli ingredienti sono rimasti quelli di duecento anni fa.

Indagando più a fondo si scopre che il clinker (componente di base per il cemento Portland, il più utilizzato) costituisce da solo il 90 per cento delle emissioni complessive dovute alla produzione di calcestruzzo: la generazione di questo materiale ha infatti un’altissima intensità di carbonio, il che significa che, mentre da un lato richiede combustibili ad alto contenuto energetico (fossili), dall’altro emette una gran quantità di carbonio a fronte dell’energia consumata.

La reazione chimica della calcinazione, che conferisce al clinker le sue proprietà di legante, è responsabile da sola del 60 per cento delle emissioni legate alla produzione del calcestruzzo: eliminare il clinker dal cemento permetterebbe di azzerare queste emissioni, ma questa via è tecnicamente quasi impossibile, spiega ancora Karen Scrivener.

Esiste però una soluzione efficace per ridurre in maniera significativa le emissioni di CO2: limitare la percentuale di clinker nel cemento, sostituendolo con altri materiali come l’argilla cotta, permette di abbattere le emissioni su entrambi i fronti, limitando la CO2 prodotta dalla reazione chimica e minimizzando la quantità di carburante necessaria alla lavorazione del cemento.

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Il cemento sostenibile ed economico per l'edilizia del futuro
Il cemento d’argilla calcinata realizzato all’EPFL è meno permeabile all’acqua e al sale, quindi più durevole del cemento Portland, e può essere prodotto a un costo inferiore (Foto: Envato)

Nasce LC3, il cemento sostenibile ed economico che farà la differenza

Nella lunga ricerca di sostituti ideali al clinker, la Scrivener e il suo team hanno raggiunto importanti risultati con il Limestone Calcined Clay Cement, un’argilla calcinata che può essere cotta a soli 800 gradi Celsius e che, a differenza del calcare usato per il clinker, non emette CO2 quando riscaldata.

Il Limestone Calcined Clay Cement, o LC3, cuoce a temperature molto più basse del cemento tradizionale, il che riduce la quantità di carburante necessaria e permette di ipotizzare l’uso di fonti energetiche più pulite come l’elettricità, un’opzione non percorribile per il clinker.

Sostituendo la metà del clinker, LC3 può ridurre le emissioni di CO2 di circa il 40 per cento rispetto al cemento convenzionale. Il cemento d’argilla calcinata è anche molto funzionale: è meno permeabile all’acqua e al sale, quindi più durevole del cemento Portland, e può essere prodotto a un costo inferiore. Poiché richiede meno energia e utilizza un’argilla ampiamente disponibile, la produzione di LC3 può costare fino al 25 per cento in meno rispetto al cemento convenzionale.

Non si tratta di demonizzare il calcestruzzo, al contrario. Di per sé il calcestruzzo ha un’impronta di CO2 più bassa di tutti gli altri materiali da costruzione: è molto durevole e quindi ha un ciclo di vita positivo. Il problema, semmai, è che ne produciamo una quantità impressionante. E non possiamo smettere di farlo.

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Un cemento sostenibile per lo sviluppo del Sud del mondo
Una veduta della città di Lagos, in Nigeria: la maggior parte delle costruzioni dei prossimi anni si concentreranno nelle economie emergenti come quelle dei Paesi africani (Foto: Envato)

LC3: una soluzione sostenibile anche (soprattutto) per il Sud del mondo

Ogni anno produciamo 30 miliardi di tonnellate di materiale a base di cemento, “una cifra enorme e significativamente superiore a tutti gli altri materiali che gli esseri umani utilizzano insieme”, ricorda la Scrivener.

D’altro canto, “fermare la costruzione in cemento non è un’opzione per le economie emergenti”: il legno può soddisfare al massimo il 10 per cento della domanda e non rappresenta una soluzione per il Sud del mondo. “Non c’è abbastanza spazio per la foresta che sarebbe necessaria”, spiega la ricercatrice, “e non abbiamo nemmeno 30 anni per far crescere abbastanza alberi”.

Quello che serve è una soluzione pratica e concreta, che permetta di ridurre le emissioni derivanti dalla produzione di cemento, senza rinunciare alle qualità che lo hanno reso nei secoli il materiale da costruzione più usato al mondo. Per esempio utilizzando un materiale, l’argilla, ampiamente disponibile in tutto il mondo (inclusi Paesi, come quelli africani, che non possono contare su significative risorse di calcare).

La produzione di LC3, più economica e meno dispendiosa di quella del clinker, è già iniziata in numerosi stabilimenti in tutto il mondo: La Argos Cementos in Colombia produce 2,3 milioni di tonnellate di cemento LC3 all’anno, e la Holcim del Canton Zugo ha annunciato che ne produrrà 500.000 tonnellate ogni anno.

Per ogni tonnellata di argilla calcinata prodotta, si risparmiano 600 chili di CO2. Entro la fine del 2023, LC3 avrà già risparmiato 15 milioni di tonnellate di CO2. Se l’industria del cemento adottasse ampiamente l’uso del Limestone Calcined Clay Cement, da qui al 2030 riusciremmo ad evitare 500 milioni di tonnellate di emissioni di CO2.

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Un'introduzione al calcestruzzo sostenibile Limestone Calcined Clay Cement o LC3 (in lingua inglese)

LC3, il cemento sostenibile realizzato dall'EPFL
Il cemento non può essere sostituito. Ma può essere più sostenibile? La soluzione dei ricercatori dell'EPFL (Foto: Envato)