Il dovere dell’innovazione tra conoscenze teoriche e senso pratico
Maggiori e migliori frequentazioni fra tecnologia e pensiero classico e tra impresa e scuola potrebbero rianimare un’Italia svogliata e arretrata
Ho l’impressione che i cosiddetti “intellettuali” siano sopravvalutati dai media, forse perché, molto spesso, sono loro stessi a sopravvalutarsi.
Studiano molto e tendono a mettersi in cattedra, diventando in alcuni casi un tantino fastidiosi.
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Vera cultura e pensiero classico
Negli ultimi decenni la “cultura” ha trascurato scienza e tecnologia e privilegiato il pensiero classico fin dalla scuola.
Basta sfogliare i grandi quotidiani per rendersene conto. Sulle pagine culturali troviamo articoli di letteratura, arte e saggistica, poco attrattivi per la maggior parte di noi “gente comune”.
Nel nostro “sentire” la scuola superiore per eccellenza è il liceo classico, poi viene lo scientifico, ed a seguire tutti gli istituti tecnici e professionali.
La maggior parte degli “intellettuali”, o di quelli che si considerano tali, ha fatto studi classici e molto spesso, anche inconsciamente, ha mantenuto quel pizzico di fastidiosa supponenza acquisita nell’adolescenza nei confronti dei non liceali.
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Scarsa produttività e astensionismo
Scarsa produttività e astensionismo: sono due facce della stessa medaglia?
Forse anche questa situazione ha contribuito a farci arrivare a vivere oggi in un “sistema Paese”, intendendo l’Italia, con scarsissima produttività rispetto al resto del mondo.
Nel nostro frammentato sistema economico, la mediocrità purtroppo è molto diffusa e le poche eccellenze, di cui spesso leggiamo sui media, rappresentano le eccezioni dietro le quali si nasconde la zavorra di un Paese arretrato e svogliato.
È un problema soltanto economico? Personalmente non credo.
L’astensionismo elettorale è il principale sintomo di ignoranza e disinteresse per il bene comune.
È l’altra faccia della medaglia, insomma.
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Qualche proposta per cambiare…
Le cose possono cambiare? Certo, in peggio, se non si fa nulla, e quindi provo a lanciare qualche proposta.
In tutte le scuole superiori, materie come l’Educazione Civica, la Storia del Novecento ed il Diritto del Lavoro dovrebbero essere particolarmente curate, in modo da formare adeguatamente i giovani elettori in merito ai loro diritti e da dare loro altrettanta consapevolezza del fatto che hanno anche dei doveri.
Un buon investimento sul futuro potrebbe essere una maggior attenzione alla formazione tecnologica e scientifica, partendo dagli insegnanti, troppo spesso poco aggiornati.
In campo tecnologico non ha senso far studiare ai ragazzi il passato recente, oramai superato, senza arrivare almeno a far capire che cos’è l’intelligenza artificiale e quali rischi comporta.
A mio parere anche questa è cultura, importante come il pensiero classico. E siamo in molti a pensarla così.
Me ne rendo conto quando, parlando con altri “comuni mortali” come me, trovo che in molti siamo arrivati alle stesse conclusioni.
E allora perché le cose non cambiano?
Forse perché, come scrisse Piero Angela, la “lungimiranza”, che dovrebbe guidare le nostre azioni, è stata sostituita dalla “brevimiranza” di una gran parte della classe dirigente.
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La gallina domani, non l’uovo oggi
È la più mediocre della nostra storia, che vuole l’uovo oggi e rinuncia alla gallina di domani, che farebbe molte uova prima di finire nel brodo.
Ma non finisce qui perché le conoscenze, umanistiche, scientifiche e tecnologiche, sono la teoria che ha bisogno di essere applicata nella quotidianità, con il necessario senso pratico.
Che decidano o meno di continuare negli studi, avere dei giovani diplomati più preparati ad entrare nel mondo dell’impresa e del lavoro sarà molto importante per la produttività dell’Italia e dell’Europa.
Il “senso pratico” però non si studia sui libri, e quindi?
Se gli insegnanti iniziassero ad invitare in classe qualche piccolo imprenditore, magari accompagnato da collaboratori e consulenti, sarebbe un bell’inizio.
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Menti come paracadute per aprirsi
È gente che lavora con passione e che ha “mani intelligenti” perché è abituata a risolvere problemi.
Basterà il breve racconto delle loro esperienze quotidiane per contribuire ad aprire le menti dei ragazzi.
Questo perché, come diceva Albert Einstein, le nostre menti sono come i paracadute, servono se si aprono.
Da questi incontri potranno nascere anche collaborazioni stabili, sicuramente utili sia alla scuola che all’impresa.
Perché no? Che cosa ci costa?
È soltanto un’idea. Non richiede nessuna legge di riforma, ma soltanto un po’ di senso pratico e di coraggio, nelle scuole e nelle famiglie.
A volte basta davvero poco per fare innovazione.
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