Sull’ISS gocce incandescenti di un eccezionale vetro svizzero

Leghe di palladio, nichel, rame e fosforo a uso medico e orologiero, durissime e resistenti alla corrosione, saranno studiate a gravità zero

Una vista iconica della Stazione Spaziale Internazionale dallo Shuttle Atlantis durante la missione STS-132 il 23 maggio 2010
Una vista iconica della Stazione Spaziale Internazionale dallo Shuttle Atlantis durante la missione STS-132 il 23 maggio 2010

Insieme a ricercatori di Ulm e di Neuchâtel, l’EMPA studierà presto campioni di un eccezionale materiale all’interno della Stazione Spaziale Internazionale in orbita.
Si tratta di leghe di palladio, nichel, rame e fosforo, durissime e resistenti alla corrosione, note anche come “vetri metallici”.
Ed è coinvolta anche un’azienda high-tech di La Chaux-de-Fonds, che produce materiali per l’industria orologiera.

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L’astronauta Robert Thirsk alle prese con campioni di materiale destinato ad esperimenti presso il congelatore del laboratorio della Stazione Spaziale Internazionale a meno ottanta gradi
L’astronauta Robert Thirsk alle prese con campioni di materiale destinato ad esperimenti presso il congelatore del laboratorio della Stazione Spaziale Internazionale a meno ottanta gradi

Il colore dell’oro bianco, la durezza del quarzo e l’elasticità della gomma

Ha il colore dell’oro bianco, ma è duro come il vetro di quarzo e allo stesso tempo presenta un’elevata elasticità, quasi come la gomma.
La superficie liscia è priva di strutture cristalline e rende il materiale resistente a sali e acidi.
Singoli oggetti di questo elemento, ad esempio per gli impianti a uso medicale, possono essere prodotti con la stampa 3D, mentre porzioni più grandi, ad esempio per le casse degli orologi, sono realizzate con lo stampaggio a iniezione.
Questo è più o meno il modo in cui viene descritto il “materiale dei sogni” che gli scienziati stanno attualmente studiando, in particolar modo in Svizzera: si parla di un “vetro metallico sfuso”.

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Antonia Neels, responsabile del Centro EMPA per l'analisi dei raggi X a Neuchâtel, è un'esperta di vetri metallici e analizzerà i campioni provenienti dalla Stazione Spaziale Internazionale (Foto: EMPA)
Antonia Neels, responsabile del Centro EMPA per l’analisi dei raggi X a Neuchâtel, è un’esperta di vetri metallici e analizzerà i campioni provenienti dalla Stazione Spaziale Internazionale
(Foto: EMPA)

Antonia Neels: “Più guardiamo da vicino i campioni, più sorgono domande”

Antonia Neels, responsabile del Center for X-Ray Analytics dell’EMPA, lavora su questo misterioso elemento da circa 15 anni.
Il suo team studia la struttura interna del vetro metallico utilizzando vari metodi a raggi X, scoprendo così correlazioni con proprietà quali la deformabilità o il comportamento alla frattura.
Anche per i professionisti della scienza dei materiali, i vetri metallici sono un osso duro.
“Più guardiamo da vicino i campioni, più sorgono domande”, dice Antonia Neels. E questo stimola ancora di più l’ambizione e il lavoro dei ricercatori.

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Attività di manutenzione della Stazione Spaziale Internazionale sulla verticale della Nuova Zelanda

Nello spazio un esperimento dell’azienda PX Group di La Chaux-de-Fonds

Tra qualche mese, un campione di vetro metallico sarà studiato nella microgravità della Stazione Spaziale Internazionale.
Un gruppo di ricercatori, con la partecipazione dell’EMPA, ha preparato i campioni e li ha registrati presso l’Agenzia Spaziale Europea per prenotare un esperimento scientifico nel corso di un volo nello spazio.
La lega speciale è stata fornita dall’azienda PX Group di La Chaux-de-Fonds, che produce materiali per l’industria orologiera e la tecnologia dentale.
Il team comprende anche i ricercatori Markus Mohr e Hans-Jörg Fecht dell’Istituto di Nanosistemi Funzionali dell’Università di Ulm e Roland Logé del Laboratorio di Metallurgia Termomeccanica della sede di Neuchâtel del Politecnico Federale di Losanna.

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Antonia Neels, responsabile del Centro EMPA per l'analisi dei raggi X a Neuchâtel, è un'esperta di vetri metallici e analizzerà i campioni provenienti dalla Stazione Spaziale Internazionale (Foto: EMPA)
Antonia Neels, responsabile del Centro EMPA per l’analisi dei raggi X a Neuchâtel, è un’esperta di vetri metallici e analizzerà i campioni provenienti dalla Stazione Spaziale Internazionale
(Foto: EMPA)

Raffreddamento fino a 100 volte più rapido per evitare strutture cristalline

La produzione di vetro metallico non è così semplice.
Rispetto al vetro per finestre, le leghe metalliche appositamente selezionate devono essere raffreddate fino a cento volte più velocemente, in modo che gli atomi di metallo non formino strutture cristalline.
Soltanto quando la fusione si solidifica in modo estremamente rapido, è in grado di formare un vetro.
Nell’industria, le sottili lastre di vetro metallico vengono prodotte premendo la fusione tra tamburi di rame in rapida rotazione.
I ricercatori a volte fondono i loro campioni in stampi fatti di rame solido, che dissipa particolarmente bene il calore.
Ma pezzi più grandi e solidi in vetro metallico non sono realizzabili con queste metodologie.

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Pezzi di una lega metallica amorfa o di vetro metallico Vitreloy 4 di composizione chimica Zr47Ti8Cu7.5Ni10Be27.5 il diametro del cilindro è di un centimetro
Pezzi di una lega metallica amorfa o di vetro metallico Vitreloy 4 di composizione chimica Zr47Ti8Cu7.5Ni10Be27.5 il diametro del cilindro è di un centimetro

La stampa 3D aiuta attraverso un processo laser detto “a letto di polvere”

Una possibile via d’uscita dal dilemma è la stampa 3D, che utilizza un metodo noto come processo a letto di polvere.
Un fine pulviscolo della lega desiderata viene riscaldata per alcuni millisecondi con un laser.
I grani di metallo si fondono con i loro vicini per formare una sorta di lamina.
A questo punto si sovrappone un sottile strato di polvere, il laser fonde la polvere appena applicata con la lamina sottostante e per conseguenza si genera gradualmente un elemento tridimensionale costituito da molti grani di polvere, riscaldati brevemente.
Questo metodo richiede una fine regolazione dell’impulso laser.
Se il laser brucia troppo debolmente sulla polvere, le particelle non si fondono e il pezzo rimane poroso.
Se il laser brucia in maniera troppo violenta, esso fonde nuovamente anche gli strati inferiori.
La fusione multipla permette agli atomi di riorganizzarsi, formando cristalli, e questo è l’esito del vetro metallico.

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Antonia Neels, responsabile del Centro EMPA per l'analisi dei raggi X a Neuchâtel, è un'esperta di vetri metallici e analizzerà i campioni provenienti dalla Stazione Spaziale Internazionale (Foto: EMPA)
Antonia Neels, responsabile del Centro EMPA per l’analisi dei raggi X a Neuchâtel, è un’esperta di vetri metallici e analizzerà i campioni provenienti dalla Stazione Spaziale Internazionale
(Foto: EMPA)

I metodi a raggi X e la loro incredibile varietà per trovare i legami chimici

Presso il Center for X-Ray Analytics dell’EMPA, il team di Antonia Neels ha già analizzato diversi campioni di questo tipo provenienti da esperimenti di stampa 3D.
Nel frattempo, i risultati sollevano sempre nuove domande.
“Alcune prove suggeriscono che le proprietà meccaniche dei vetri non si deteriorano, ma al contrario migliorano, se il campione contiene piccole frazioni cristalline”, afferma la Neels.
“Ora stiamo cercando di capire quanto deve essere grande questa frazione cristallina nel vetro e che tipo di cristalli devono formarsi per aumentare, ad esempio, la duttilità o la resistenza agli urti del vetro a temperatura ambiente”.
Per seguire la crescita dei cristalli in un ambiente altrimenti amorfo, gli esperti dei Laboratori Federali Svizzeri per la Scienza e la Tecnologia dei Materiali utilizzano una serie di metodi a raggi X.
“Con radiazioni di diverse lunghezze d’onda, possiamo conoscere la struttura delle porzioni cristalline, ma anche determinare i fenomeni di ordine più stretto che riguardano gli atomi nel campione: in altre parole, determinare le proprietà dei legami chimici”, spiega Antonia Neels.
Inoltre, l’analisi delle immagini a raggi X, nota come Micro-CT, rivela dettagli sulle fluttuazioni di densità nel campione.
Ciò indica la segregazione di fase e la formazione di cristalli.
Tuttavia, le differenze di densità tra le regioni vetrose e cristalline sono estremamente piccole.
È quindi necessaria un’elaborazione dettagliata delle immagini per visualizzare la distribuzione tridimensionale delle porzioni cristalline.

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Scienziati dell'Università di Ulm in assenza di gravità durante un test di fusione nello Zero-G Airbus 310 della società Novespace (Foto: Airbus Defense and Space)
Scienziati dell’Università di Ulm in assenza di gravità durante un test di fusione nello Zero-G Airbus 310 della società Novespace
(Foto: Airbus Defense and Space)

Un campo magnetico scaldato a 1500 gradi su un Airbus A310-Novespace

Ma i campioni di materiale ottenuti dalla stampante laser a tre dimensioni da soli non possono risolvere completamente l’enigma dei vetri metallici.
“Dobbiamo sapere a quali temperature si formano questi cristalli e come crescono, per poterli utilizzare per definire processi di produzione stabili”, spiega la Neels, una nota specialista dei raggi X.
Informazioni importanti sono fornite dai parametri termofisici della fusione, come la viscosità e la tensione superficiale.
Gli esperimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale offrono le condizioni ideali per queste analisi. Gli esperimenti preliminari si svolgono in voli parabolici.
Già nel 2019, le prime gocce di vetro metallico “galleggiarono” nel contesto di un esperimento scientifico.
Un Airbus A310, appositamente convertito dalla società Novespace, effettuò un volo a gravità zero con un campione di materiale.
A bordo c’erano scienziati dell’Università di Ulm e una piccola goccia di vetro metallico proveniente dall’azienda PX Group di La Chaux-de-Fonds.
Il vetro metallico studiato dal gruppo di ricerca è composto da palladio, rame, nichel e fosforo.
Nell’esperimento chiamato TEMPUS (“Crucible-Free Electromagnetic Processing Under Zero Gravity”), la gocciolina di vetro è stata tenuta in sospensione per mezzo di un campo magnetico e riscaldata fino a 1500 gradi Celsius per induzione.
Durante la fase di raffreddamento, due brevi impulsi di corrente di induzione hanno fatto oscillare la goccia incandescente.
Una telecamera ha registrato l’esperimento. Dopo l’atterraggio dell’aeroplano, il campione di materiale è stato analizzato presso il Center for X-Ray Analytics dell’EMPA.

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Gli astronauti hanno installato un levitatore o “forno” elettromagnetico (EML) all’interno della Stazione Spaziale Internazionale: qui, le gocce di vetro metallico dell’esperimento della sede neocastellana dell’EMPA e dell’Università di Ulm fluttueranno più a lungo per consentire inedite rilevazioni (Foto: ESA)
Gli astronauti hanno installato un levitatore o “forno” elettromagnetico (EML) all’interno della Stazione Spaziale Internazionale: qui, le gocce di vetro metallico dell’esperimento della sede neocastellana dell’EMPA e dell’Università di Ulm fluttueranno più a lungo per consentire inedite rilevazioni
(Foto: ESA)

Sulla Stazione Spaziale Internazionale dal 2015 un forno elettromagnetico

L’analisi del video del volo parabolico consente di trarre conclusioni sulla viscosità e sulla tensione superficiale delle goccioline: dati importanti per controllare meglio la produzione di vetri metallici con proprietà specifiche.
Ma il tempo della microgravità durante un volo sul pianeta Terra dura soltanto 20 secondi, troppo poco per un’analisi dettagliata.
Ciò può essere fatto soltanto nello spazio all’interno della ISS.
Adesso un campione dello stesso materiale è stato registrato per un volo nel modulo europeo Colmbus della Stazione Spaziale Internazionale.
Il forno a levitazione elettromagnetica ISS-EML è lì installato dal 2014.
In ogni caso, 18 campioni di materiale possono volare ed essere lavorati scientificamente insieme sull’ISS, venire scambiati automaticamente fra di loro ed essere osservati dai ricercatori sulla Terra tramite un flusso video.

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La Stazione Spaziale Internazionale dopo l’approdo nel cosmo
La Stazione Spaziale Internazionale dopo l’approdo nel cosmo

Un modello per riuscire a produrre l’ambito materiale in una forma definita

I ricercatori intendono generare una simulazione al computer della fusione del vetro metallico a partire dai dati molto più dettagliati ottenuti durante il volo spaziale.
Ciò consentirà di riunire tutte le risposte in un unico modello attraverso una combinazione di esperimenti sulla Terra e nello spazio.
A quale temperatura c’è quale viscosità? E quale tensione superficiale? Quando si formano i cristalli di quale composizione, dimensione e orientamento?
In che modo la struttura interna del materiale influenza le proprietà del vetro metallico?
Partendo da tutti questi parametri, i ricercatori vogliono sviluppare un metodo di produzione insieme al partner industriale neocastellano PX Group, per poter produrre l’ambito materiale in una forma definita.
Per i ricercatori di materiali c’è ancora molto da fare nei prossimi anni…

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Antonia Neels, responsabile del Centro EMPA per l'analisi dei raggi X a Neuchâtel, è un'esperta di vetri metallici e analizzerà i campioni provenienti dalla Stazione Spaziale Internazionale (Foto: EMPA)
Antonia Neels, responsabile del Centro EMPA per l'analisi dei raggi X a Neuchâtel, è un'esperta di vetri metallici e analizzerà i campioni provenienti dalla Stazione Spaziale Internazionale (Foto: EMPA)