Reti acchiappa-nebbia: il sistema che raccoglie e purifica l’acqua

I ricercatori del Politecnico di Zurigo hanno sviluppato un inedito metodo di cattura e decantazione della H20 prelevata dalle foschie

Purificazione dell'acqua raccolta dalla nebbia: lo studio in Svizzera
I ricercatori dell'ETH hanno sviluppato un innovativo sistema che raccoglie e purifica le acque estratte dalla nebbia (Foto: ETH Zurich/Adobe Stock/Montage)

In alcune aree del mondo naturalmente nebbiose e lontane da fonti d’acqua, come l’entroterra di Perù, Bolivia, Cile e Marocco, non è raro che le persone appendano reti all’aperto per catturare le piccole goccioline d’acqua che formano la foschia.

Il problema di questa tecnica è che l’acqua raccolta dalla nebbia in tal modo può inglobare molte delle sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera: la conseguenza è che in alcune aree, nonostante se ne raccolgano centinaia di litri al giorno, l’acqua estratta dalla nebbia non è abbastanza pulita per essere bevuta o usata in cucina.

I ricercatori del Politecnico Federale di Zurigo hanno quindi sviluppato un metodo che consente di produrre acqua pulita, addirittura potabile, a partire dalla tecnica delle reti acchiappa-nebbia: il nuovo sistema unisce in un’unica tecnologia la raccolta e la purificazione dell’acqua catturata dalle reti.

Conferenza ONU per l’adozione di un’agenda d’azione sull’acqua
L’impronta chimica del cacao: una grande scoperta per il cioccolato

Raccolta e purificazione dell'acqua estratta dalla nebbia
La tecnologia delle reti cattura-nebbia, che sfrutta la naturale condensazione dell’acqua, è molto antica: i primi sistemi raccoglievano acqua dalle piante (Foto: Envato)

Reti cattura nebbia: una tecnologia antichissima, ma rinnovata

I primi sistemi per catturare le goccioline d’acqua dalla nebbia risalgono all’età precolombiana: il primo metodo conosciuto per raccogliere acqua dalla caligine sfruttando la condensazione consisteva nel posizionare dei contenitori sotto i rami di alcuni alberi. Le prime tracce di questo sistema di raccolta risalgono agli anni dell’Impero Inca.

Nel 1969, la tecnologia era già evoluta in reti da 100 metri quadrati in grado di fornire acqua a un’intera base militare: avveniva in Sud Africa, e il sistema di reticoli permetteva di produrre circa 11 litri di acqua al giorno.

Oggi i progetti di raccolta delle acque tramite reti (metalliche, di bambù o di altri materiali) sono diffusi in tutto il mondo, e contribuiscono notevolmente a soddisfare il fabbisogno idrico di città e insediamenti che non hanno accesso a fonti d’acqua d’altro tipo.

In Paesi come Perù, Bolivia e Cile non è raro che le persone appendano delle reti per catturare le goccioline d’acqua, e lo stesso avviene nell’entroterra del Marocco e di altri Paesi caldi: in formato casalingo o più strutturato, la tecnologia è ben nota e apprezzata un po’ ovunque.

Utilizzando una rete acchiappa-nebbia di pochi metri quadrati, si possono raccogliere fino a centinaia di litri di acqua al giorno, che possono essere usate per lavarsi e, quando le condizioni lo consentono, per cucinare.

Il problema di questo sistema, infatti, è che non sempre l’acqua raccolta è abbastanza pulita da essere considerata potabile.

Pensare all’acqua è pensare al futuro: da custodire e gestire meglio
I 100 Big della chimica e le sfide dell’economia globale

Acqua potabile dalla nebbia, il progetto il Svizzera
Uno scenario molto nebbioso vicino alla città di Xingping, in Cina: secondo i ricercatori dell’ETH, nebbia e vapore sono risorse d’acqua molto sottoutilizzate (Foto: Envato)

La purificazione dell’acqua catturata dalla meteora lattiginosa

Uno svantaggio fondamentale di questo metodo di raccolta acque è l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulle qualità dell’acqua: le sostanze pericolose disperse nell’ambiente finiscono anche nelle goccioline intrappolate dalle reti.

In molte delle principali città del mondo, l’aria è così inquinata che l’acqua raccolta dalla nebbia non è abbastanza pulita per essere bevuta o usata per cucinare senza prima essere trattata. Lo studio dei ricercatori del Politecnico Federale di Zurigo nasce proprio per rispondere a questa criticità.

Grazie a un particolare rivestimento a base di polimeri e biossido di titanio, il reticolo acchiappa-nebbia sviluppato dagli studiosi dell’università svizzera riesce, contemporaneamente, a raccogliere e purificare l’acqua.

La tecnologia di purificazione delle acque si basa sulla chimica: il biossido di titanio, spiegano i ricercatori, agisce come catalizzatore chimico scomponendo le molecole di diversi inquinanti organici presenti nell’acqua, che così diventano innocue.

Il nostro sistema non solo raccoglie la nebbia ma tratta anche l’acqua raccolta”, spiega Ritwick Ghosh, “il che significa che può essere utilizzato in aree con inquinamento atmosferico, come i centri urbani densamente popolati”. Lo scienziato, che proviene dall’Istituto Max Planck per la ricerca sui polimeri di Magonza, ha condotto questo progetto durante un soggiorno prolungato all’ETH di Zurigo.

Un nuovissimo drone per transizioni ultrarapide tra aria e acqua
Il Sacro Graal della chimica verde: fluorochimici privi di tossicità

Raccogliere acqua purificata dalla nebbia: l'esperimento in Svizzera
Polimeri e biossido di titanio permettono di raccogliere e purificare l’acqua presente nella nebbia (Foto: Envato)

Polimeri e nanoparticelle per purificare l’H20 che viene dal cielo

Il cuore del nostro progetto”, si legge nell’articolo pubblicato su Nature, “è una rete metallica rivestita con nanoparticelle di biossido di titanio anatasio incorporate in una matrice polimerica”.

In altre parole, il sistema sviluppato dai ricercatori del Politecnico di Zurigo consiste in un reticolo a maglie strette di filo metallico, rivestito con una miscela di polimeri appositamente selezionati e biossido di titanio, un pigmento minerale molto usato per la realizzazione di cosmetici.

Una volta attivato dalla luce solare, lo strato fotoattivo di biossido di titanio decompone le molecole organiche come il diesel, anche in assenza di luce solare”, spiegano i ricercatori: l’unica energia richiesta da questo ingegnoso sistema è una piccola e regolare dose di raggi UV.

Nei test all’aperto, si legge nello studio, il dispositivo mostra “un’efficienza di trattamento dell’acqua maggiore dell’85 per cento”: quella proposta dagli scienziati dell’ETH è quindi una soluzione molto efficiente, che potrebbe permettere a intere comunità di affrontare il problema della scarsità d’acqua senza dover ricorrere a combustione o altre fonti di energia.

Una ruota d’acqua di foggia medioevale per ricreare la biodiversità
Sviluppo di nuovi farmaci, librerie potenziate grazie alla chimica

Catturare l'acqua dalla nebbia: il nuovo esperimento in Svizzera
I ricercatori svizzeri sono stati in grado di raccogliere l’8 per cento dell’acqua nella nebbia creata artificialmente e di scomporre il 94 per cento dei composti organici che vi erano stati aggiunti (Foto: Envato)

Purificazione passiva delle acque: la soluzione non richiede energia

Il nuovo sistema per l’estrazione di acqua dalla nebbia è stato testato in laboratorio e in un piccolo impianto pilota a Zurigo. I ricercatori sono stati in grado di raccogliere l’8 per cento dell’acqua nella nebbia creata artificialmente e di scomporre il 94 per cento dei composti organici che vi erano stati aggiunti, tra cui diesel e bisfenolo A chimico, notoriamente pericolosi per la salute.

Oltre che per la raccolta di acqua potabile dalla nebbia, questo sistema potrebbe essere utilizzato con buon profitto anche per recuperare l’acqua utilizzata nelle torri di raffreddamento. “Negli Stati Uniti, dove vivo, utilizziamo una grande quantità di acqua dolce per raffreddare le centrali elettriche”, spiega Thomas Schutzius, allora a capo del progetto dell’ETH e oggi docente presso la University of California, a Berkeley.

Come spiega il professore, “avrebbe senso catturare parte di quest’acqua prima che fuoriesca e assicurarsi che sia pura nel caso in cui si voglia restituirla all’ambiente”. Le ricerche precedenti di Ghosh, primo autore dello studio, si erano concentrate proprio sul recupero dell’acqua dalle torri di raffreddamento.

Questa nuova tecnologia, però, apre possibilità molto più estese: una volta installato, questo sistema non necessita di manutenzione né di energia. Grazie a una proprietà nota come memoria catalitica, mezz’ora di luce solare è sufficiente per attivare l’ossido di titanio per 24 ore, che resta attivo anche al buio.

Il nuovo sistema, quindi, si candida come una soluzione economica e razionale non soltanto per affrontare la scarsità d’acqua potabile nelle aree rurali e cittadine del mondo, ma anche per ampliare le potenzialità della raccolta di acqua dalla nebbia, un bacino sottovalutato che potrebbe coinvolgere anche la grande industria.

In Svizzera creata una batteria di carta con interruttore ad acqua
Le sorprese della chimica: così i rifiuti in plastica diventano sapone

Acqua potabile dalla nebbia: lo studio del Politecnico di Zurigo
Raccolta e purificazione dell'acqua estratta dalla nebbia: il nuovo sistema a base di polimeri e biossido di titanio (Foto: Envato)