Tessuti idrorepellenti ed ecologici: finalmente senza PFAS
I ricercatori dell’EMPA hanno sviluppato un metodo ecocompatibile per impermeabilizzare le fibre tessili che non usa composti fluorocarbonici
![Tessuti impermeabili senza PFAS: lo studio svizzero](https://innovando.it/wp-content/uploads/2024/05/tessuti-PFAS-Dirk-Hegemann.jpg)
Le sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS) sono composti sintetici che negli anni hanno trovato ampia diffusione nell’industria manifatturiera, grazie alla loro capacità di rendere tessuti e superfici impermeabili all’acqua e ai grassi.
Padelle, vernici, schiume antincendio, insetticidi, detersivi: negli Anni Sessanta, questi composti a base di fluoro sembravano offrire infinite possibilità di applicazione, che i produttori non hanno mancato di cogliere. I PFAS, quindi, sono finiti ovunque: dall’acqua che beviamo alle fibre degli organismi vegetali, fino a contaminare il sangue degli esseri umani.
La scoperta che i PFAS fossero dei “forever chemical” pericolosi per l’ambiente e per la salute umana è arrivata soltanto alla fine degli Anni Novanta, a decenni di distanza dall’espolosione del fenomeno industriale e commerciale delle sostanze perfluoroalchiliche. Oggi però sappiamo quanto la presenza di PFAS nell’ambiente sia rischiosa e pervasiva, ed è assolutamente chiara a tutti la necessità di sostituire questi composti con soluzioni meno dannose.
Un’ottima notizia in tal senso arriva dalla Svizzera: gli scienziati dell’EMPA sembrano infatti aver trovato una soluzione per impermeabilizzare i tessuti senza coinvolgere questi pericolosi composti chimici. E il loro processo, oltre che ecologico, risulta anche più funzionale dell’impregnazione chimica con PFAS.
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PFAS, gli inquinanti “eterni” che finiscono ovunque
I tessuti naturali non permettono di raggiungere il grado di impermeabilità richiesto per ottenere filati idrorepellenti. Giacche da pioggia, costumi da bagno e filati per tappezzeria capaci di resistere all’acqua vengono quindi trattati con sostanze chimiche che conferiscono loro tale proprietà. Tra le sostanze più utilizzate a questo scopo ci sono i PFAS, composti fluorocarbonici estremamente efficaci nell’ottenere le richieste caratteristiche di idrofobicità e oleorepellenza, ma anche molto dannose per la salute umana e per l’ambiente.
Negli Anni Settanta, come detto, i composti sintetici a base di fluoro furono utilizzati per la produzione di pressoché qualunque cosa, dalle padelle agli estintori, e il problema è più che mai vivo: uno studio pubblicato due settimane fa su “Environmental Science & Technology” dimostra che la presenza di PFAS sui contenitori alimentari è completamente fuori controllo.
Secondo lo studio, che armonizza i risultati di 47 ricerche svolte in tutto il mondo, il packaging alimentare contiene 68 tipologie di PFAS, 61 delle quali non autorizzate.
Il contenimento di queste sostanze è reso particolarmente complesso dalla loro capacità di migrare: non soltanto i PFAS sono ovunque, ma riescono anche ad essere trasferiti per contatto, finendo nel cibo contenuto in imballaggi di carta e plastica.
La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che, mentre gli scienziati hanno iniziato a studiare gli effetti dei PFAS tradizionali, molti dei quali già fuori produzione, nuovi PFAS sono entrati sul mercato per sostituire le loro controparti tradizionali. E mentre si fa luce sui vecchi composti fluorocarbonici, i potenziali effetti dei nuovi PFAS restano sconosciuti.
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Idrorepellenti senza PFAS: il progetto dell’EMPA
Sostituire i PFAS tradizionali con nuovi composti dello stesso tipo può sopire le preoccupazioni dei consumatori per qualche tempo, ma non sembra una soluzione definitiva al problema della contaminazione da fluorocarbonici: PFOA, PFOS, PFHXS, PFNA sono chiamati “inquinanti eterni” proprio perché non si degradano ma finiscono con l’accumularsi nell’ambiente.
L’unico approccio sensato, alla luce delle conoscenze odierne sui PFAS, sarebbe quello di evitare tout court il loro utilizzo, sviluppando alternative ecologiche compatibili con la salute dell’uomo e dell’ambiente.
Un primo importante passo in tal senso proviene dai laboratori dell’EMPA di San Gallo: i ricercatori stanno collaborando con diverse aziende tessili svizzere per sviluppare processi alternativi ed ecologici che possano conferire alle fibre una finitura idrorepellente senza l’utilizzo di PFAS e altre sostanze nocive.
Come spiega Dirk Hegemann del laboratorio Advanced Fibers, “utilizziamo i cosiddetti silossani altamente reticolati, che creano strati simili al silicone e, a differenza dei PFAS contenenti fluoro, sono innocui“.
Per il rivestimento delle fibre tessili, questi composti vengono atomizzati e attivati all’interno di un gas reattivo: in tal modo, mantengono le loro proprietà funzionali e permettono di creare un rivestimento idrorepellente dello spessore di appena 30 nanometri.
Le fibre rivestite con questo nuovo metodo possono poi essere trasformate in tessuti idrorepellenti di qualunque tipo, dai capi di abbigliamento tecnici ai tessuti per tappezzeria.
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Tessuti idrorepellenti ecologici e ancora più funzionali
Il processo sviluppato all’EMPA non soltanto permette di abbandonare i tradizionali procedimenti chimici, ma presenta anche dei notevoli vantaggi rispetto all’impregnatura con PFAS.
Il nuovo metodo assicura la distribuzione delle proprietà idrofobiche in tutti i giri delle fibre intrecciate, anche nel caso di tessuti strutturati e complessi, arrivando fin dove i PFAS non hanno avuto mai successo: “Con il nuovo processo siamo riusciti a impregnare in modo permanente anche le fibre più esigenti ed elastiche, cosa che prima non era possibile“, afferma ancora Hegemann.
I tessuti realizzati con le nuove fibre rivestite hanno già ottenuto risultati migliori rispetto a quelli trattati con PFAS: assorbono meno acqua, si asciugano più rapidamente e soprattutto mantengono le proprietà idrorepellenti a lungo anche sui tessuti più elastici, mentre le fibre trattate con fluorocarbonici sono sensibili ai ripetuti cicli di lavaggio e tendono a perdere le loro caratteristiche.
Dirk Hegemann e il suo team stanno ora lavorando per scalare il processo di laboratorio senza fluoro in processi industriali efficienti ed economicamente sostenibili.
“L’industria è molto interessata a trovare alternative sostenibili ai PFAS“, afferma il ricercatore dell’EMPA. Le aziende tessili svizzere Lothos KLG, beag Bäumlin & Ernst AG e AG Cilander stanno già collaborando allo sviluppo di tessuti ecologici senza fluoro.
“Si tratta di una collaborazione di successo che combina materiali, tecnologia delle fibre e rivestimento al plasma e che porta a una soluzione innovativa, sostenibile ed efficace“, afferma Dominik Pregger di Lothos. E Bernd Schäfer, CEO di beag, conclude: “La tecnologia è rispettosa dell’ambiente e ha anche un interessante potenziale economico“.
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by Alberto NicoliniEditore di distrettobiomedicale.it, BioMed News e Radio Pico