Daniele Reponi: “Ogni sandwich è un veicolo di cultura...”
Nei segreti del “panino gourmet”, un prodotto innovativo, molto apprezzato e di moda, con lo chef/non chef modenese suo inventore
Per comprendere i segreti del “panino gourmet”, un prodotto innovativo e molto apprezzato nonché grandemente di moda, occorre fare conoscenza e interloquire con una persona davvero speciale.
Daniele Reponi, lo chef/non chef modenese che lo ha inventato, classe 1975, è diventato protagonista di showcooking ed eventi a livello nazionale e internazionale.
Un po’ salumiere, un po’ oste, amante della tradizionalità e del buongusto, ha saputo valorizzare una delle preparazioni culinarie più semplici e frugali: il panino.
È proprio il panino, infatti, ad essere il protagonista assoluto della sua cucina, in una sintesi di tradizione e innovazione declinata attraverso le eccellenze gastronomiche del territorio.
Ospite del programma televisivo “La Prova del Cuoco” di Antonella Clerici con “L’Italia in un panino”, Daniele Reponi ha da sempre cercato di raccontare ciò che si cela dietro la genuinità e la freschezza dei prodotti italiani.
È una storia affascinante che, di generazione in generazione, viene custodita e tramandata dagli artigiani del cibo.
Indiscussi sono gli abbinamenti e le farciture proposte nei suoi panini: alcune più classiche, altre più innovative e coraggiose, ma pur sempre rappresentanti della cultura gastronomica italiana.
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Quando ha deciso di dedicarsi alla preparazione dei panini?
“Nonostante io provenga dal mondo delle osterie e sia lontano dal mondo della ristorazione stellata, mi sono cimentato in questo un po’ per caso. Tutto è iniziato da una chiamata di Beppe Palmieri, il direttore di sala dell’Osteria Francescana. Lui mi chiamò per invitarmi a lavorare in una salumeria in centro storico a Modena, una classica bottega alimentare. In realtà mai avrei pensato di lavorare per lui. Questo locale era molto piccolo e ospitava diverse eccellenze culinarie (dai formaggi ai salumi, fino ai sottaceti) e un tavolo unico in cui poter assaggiare varie prelibatezze. Proprio qui, ho iniziato, non soltanto a proporre panini espresso, cioè fatti al momento, ma anche a raccontarli. Il racconto, infatti, ti permette di pregustare il prodotto preparandoti all’assaggio. Questa narrazione ha reso il momento dell’assaggio molto dinamico e divertente”.
Preparare panini è un modo per valorizzare e celebrare le eccellenze del territorio. Che cosa significa raccontare questi panini?
“Raccontare questi panini è un modo per celebrare i prodotti locali. Oggi si parla tanto di panino ‘gourmet’, una preparazione che richiede una ricettazione molto elaborata. Noi, invece, partivamo dal lato opposto, infatti raccontavamo i prodotti, le materie prime. L’idea era quella di valorizzare i territori limitrofi, e quelli dell’intera penisola”.
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Il panino è un’arma vincente ed efficace per tutelare e difendere il Made in Italy. Si potrebbe definire un “veicolo di cultura”?
“Assolutamente sì. È un veicolo di cultura. È un prodotto semplice e informale, passa per le mani di tutti. In Italia, specie negli ultimi anni, è diventato un prodotto di ‘tendenza’ molto ricercato. Un modo per raccontare le materie prime. Il panino, infatti, è la casa naturale del salume, un’eccellenza mondiale dell’Italia. È un modo per raccontare quel prodotto e, poi, per raccontarlo a tutto il mondo”.
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Da dove nascono gli abbinamenti? Esistono delle ragioni scientifiche, a livello chimico-molecolare?
“Ci sono delle norme dettate dall’esperienza, ma anche dei veri passaggi. Dentro ad una farcitura deve regnare l’equilibrio: pertanto, se ho un elemento grasso come la burrata o la pancetta, ricerco un elemento acidulo per pulire il palato. Così come per il bilanciamento tra la dolcezza o la sapidità, ad esempio, uso la zucca e l’acciuga. L’equilibrio nelle farciture è sempre un buon modo di procedere. Un altro modo è dettato dalla territorialità dei prodotti. Prodotti che nascono nel medesimo territorio si sposano bene a livello culinario, vedi la mortadella bolognese unita alle pere (elemento classico dell’agricoltura petroniana). Il cotechino modenese si abbina perfettamente al lambrusco, così come lo speck alle mele del Trentino, oppure la ricotta e il prosciutto crudo. La territorialità, dunque, è una chiave di lettura utile per strutturare gustosi abbinamenti. Un ultimo metodo, infine, si affida alla scienza. Esiste una regola, una metodologia molecolare in grado di suggerire abbinamenti. Il cavolfiore si sposa con il tartufo poiché entrambi hanno la medesima molecola”.
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Come ha approfondito l’apparato scientifico che si cela dietro ai prodotti?
“Nella mia carriera ho iniziato presto ad approfondire questi aspetti, anche se non rappresentano la parte più bella del mio lavoro. Il cibo ha un’anima terrigna, contadina, legata ai profumi, al tocco, all’assaggio: per questo preferisco metodologie più classiche e tradizionali. Non amo ricettare troppo perché non voglio togliere spazio alle materie prime. In realtà il mondo della scienza è sicuramente interessante e può suggerire associazioni particolari e inedite. È un aspetto da approfondire senza, però, rinunciare alla creatività. Tipo la polvere di liquirizia associata alla melanzana arrostita, poiché in entrambi i prodotti vi sono le molecole e l’aromaticità della liquirizia”.
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Si può fare un ragionamento generale sul cibo come prodotto?
“Sì, il prodotto finale è il frutto di una personale ricerca che inizia dai singoli produttori: agricoltori, allevatori, salumieri, casari e così via. Tutti i prodotti sono eccellenze derivate da una tradizione e da una lavorazione molto accurata e appassionata. L’alimento, dunque, è solo l’apice di un percorso molto lungo e approfondito con radici profonde nella storia e nella cultura dei territori…”
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Il “panino gourmet” di Daniele Reponi a base di cotechino biologico per il Salumificio Pedrazzoli
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