Nepal: un Paese autonomo per i suoi ponti sospesi e sostenibili

Ecco come, fra il 1960 e il 2023, la solida cooperazione con la Svizzera ha favorito la costruzione di 10mila passaggi appesi nello Stato himalayano

Ponti sospesi: in 63 anni progettati e costruiti in Nepal 10mila passaggi appesi grazie alla collaborazione della Svizzera
Uno dei tanti ponti sospesi e sostenibili progettati e costruiti in Nepal grazie alla collaborazione ingegneristica della Svizzera

Dal periodo monarchico all’autonomia totale odierna. La storia del Nepal è il classico racconto, fatto di tappe ed eventi storici, che descrive perfettamente la vita di un Paese di 30,03 milioni di abitanti.

Situato tra Cina e India, paesaggisticamente si fa conoscere e apprezzare per l’immensa catena montuosa dell’Himalaya, la cima dell’Everest, per i suoi infiniti e affascinanti templi, a cominciare da quelli presenti nella valle attorno alla sua capitale, Katmandu.

Le diverse fasi della vita del Nepal e della sua popolazione sono state “segnate” dai diversi cambiamenti politico-istituzionali. In origine, ha regnato la monarchia; finita l’era monarchica, si sono seguite diverse forme istituzionali fino alla nascita della Costituzione Federale, avvenuta nel 2015, e che ha visto il pieno rafforzamento della politica, nazionale e locale, del Nepal.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
Un ponte sospeso costruito con corde robuste in Nepal, Paese arroccato sull’Himalaya fra India e Cina (Foto: Pixabay)

La cooperazione svizzera e l’inizio della rivoluzione infrastrutturale

L’interesse della Svizzera per il Nepal parte da molto lontano e conosce il suo inizio già alla fine degli Anni Cinquanta.

Nel 1960, l’attuale Direzione dello Sviluppo e della Cooperazione, all’epoca Servizio della Cooperazione Tecnica, ha avuto subito a cuore e voluto perorare la causa dei nepalesi.

Questo, complice l’affascinante storia, la cultura, le tradizioni religiose, ma soprattutto il grande panorama paesaggistico che il Nepal offre; un panorama che, complice la grande schiera di montagne, avvicina molto questa “forza della natura” al paesaggio elvetico.

Il primo obiettivo delle autorità locali, in quel tempo, era sviluppare l’agricoltura. Molta attenzione fu focalizzata sulla coltivazione delle patate.

Con l’approdo della Svizzera, insieme al suo qualificato team di ingegneri, è stato portato un ampio bagaglio di conoscenze e competenze tecniche.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
Svolta sostenibile: questo, il giusto termine per tracciare l’identikit di quel grande lavoro infrastrutturale che, grazie al contributo svizzero, è stato fatto in Nepal per più di 60 anni (Foto: Pixabay)

I ponti sospesi e quella necessità montana di una svolta sostenibile

Svolta sostenibile. Questo, il giusto termine per tracciare l’identikit di quel grande lavoro infrastrutturale che, grazie al contributo svizzero, è stato fatto in Nepal per più di 60 anni.

Svolta possibile solo con un programma dettagliato e concreto di progettazioni infrastrutturali: infrastrutture che dovevano favorire gli spostamenti di un’intera popolazione da una città/villaggio a un’altra/o senza ostacoli o barriere di sorta. Ostacoli che, purtroppo, buona parte del territorio nepalese ha presentato.

Il Paese, a un buon 90 per cento di territorio composto da catene montuose, affianca numerosi fiumi e ruscelli, anche grandi, che all’improvviso interrompono le tratte stradali.

Se per il trasporto o il pascolo degli animali questa carenza infrastrutturale non ha creato problemi più di tanto, i disagi maggiori li hanno avuti bambini, ragazzi, e adulti. Difficoltà abnormi nel raggiungere scuole, strutture sanitarie, e nell’accedere ad altri servizi.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati e costruiti in Nepal 10mila passaggi appesi grazie alla collaborazione della Svizzera
Pur essendo uno Stato di dimensioni medio-piccole, il Nepal presenta una notevole varietà di climi ed ambienti naturali, che giustificano la necessità di numerosi attraversamenti e ponti, spesso sospesi

Dalle origini fino agli Anni 50: crisi di “passaggi appesi” a Katmandu

Fino alla fine degli Anni Cinquanta, nel Paese erano stati costruiti diversi ponti: alcuni progettati in legno, altri fatti con corde robuste e resistenti. Ponti, però, dalla vita molto breve e distrutti dalla “furia cieca” dei temutissimi monsoni.

Nella zona un po’ meno povera del Paese sono state fatte anche alcune costruzioni in acciaio; tuttavia, il percorso verso quel pieno progresso tecnologico-infrastrutturale doveva ancora conoscere la giusta strada da percorrere.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
Le fasi di costruzione di uno dei primi ponti sospesi in Nepal negli Anni 60 del Novecento grazie al contributo elvetico (Foto: Hans Aschmann/DSC)

Da Hagen a Aschmann: l’inizio dei contributi elvetici alle vie nepalesi

Il primo a gridare l’emergenza e la necessità di realizzare in Nepal infrastrutture sicure, quindi anche ponti sospesi, fu il geologo svizzero Toni Hagen che, senza giri di parole, disse apertamente: “L’intera popolazione desidera disporre di ponti sospesi e il Governo dovrebbe attribuire la massima importanza a questo programma. Nessun altro progetto di sviluppo consentirebbe di aiutare direttamente così tante persone con la stessa rapidità e con investimenti altrettanto contenuti. La costruzione di semplici ponti sospesi per gli animali da soma e l’ottimizzazione dei sentieri sono essenziali per la sopravvivenza del Nepal”.

Quando fece questo discorso, ci trovavamo alla fine degli Anni Cinquanta.

Recarsi in Nepal, all’epoca, significava trovarsi di fronte un paese con strade e infrastrutture varie letteralmente dissestate; raggiungere una città o un villaggio era molto difficile se non impossibile. Questa, la situazione di fronte alla quale si sono trovati di fronte ingegneri, geologi ed esperti di settore giunti dalla Svizzera.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
Hans Aschmann: egli è stato il primo, tra i tanti ingegneri svizzeri, a costruire un ponte sospeso in Nepal (Foto: Helvetas)

Il primo “passaggio appeso” tutto del tecnico svizzero Hans Aschmann

L’ingegnere Hans Aschmann è stato il primo a lavorare al progetto di realizzazione del primo ponte sospeso nepalese. Un progetto pionieristico al quale il giovane svizzero, all’epoca 26enne, partecipò per volere di Helvetas.

Ricorda di aver camminato per cinque giorni, dalla capitale Katmandu fino alla località dove il ponte è stato costruito, percorrendo una tratta molto difficile e insidiosa. I lavori sono durati per un anno intero, dal 1960 fino al 1961.

Tre anni dopo, nel 1964, è stato istituito un dipartimento specifico che aveva l’incarico di occuparsi, solo ed esclusivamente, dei ponti sospesi. Questo primo ponte costruito, causa un violento evento alluvionale verificatosi nel 1967, fu completamente distrutto per via del cedimento di un pilone.

Il team di costruttori ricorse ai ripari, costruendo una passerella sostitutiva.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
L’ingegnere Hans Aschmann è stato quattro anni in Nepal e ha voluto raccontare la propria esperienza professionale (Foto: Hans Aschmann/DSC)

Il ricordo di un ingegnere rossocrociato attivo sul tetto del mondo

Aschmann ricorda l’esperienza con queste parole: “Mi ero diplomato alla scuola tecnica superiore di Winterthur e stavo lavorando a una stazione radar della Confederazione situata a 3000 metri sul livello del mare. Si trattava di costruire caverne e gallerie, un lavoro per il quale i sistemi di ancoraggio alla roccia erano molto importanti. Quell’esperienza mi ha permesso di acquisire competenze tecniche che mi sono state utili quando sono venuto a conoscenza dell’opportunità di lavoro in Nepal e mi sono candidato”.

E ancora, nella memoria di Hans: “La regione mi suscitava interesse, avevo letto il libro ‘Transhimalaya’ di Sven Hedin e conoscevo anche le pubblicazioni di Toni Hagen, che aveva percorso 13.000 chilometri a piedi per realizzare una mappa geologica del Nepal, svolgendo un ruolo pionieristico. Prima della partenza è trascorso un anno, un tempo in cui ho avuto modo di prepararmi ulteriormente. All’epoca avevo 26 anni. Quando sono arrivato a Katmandu avevo moltissime domande. Un giorno mi dissero: vai di persona a vedere! All’epoca non esisteva una strada che collegasse Katmandu al Nepal occidentale, così ho camminato per cinque giorni per arrivare al luogo in cui si sarebbe dovuto costruire il ponte, una gola profonda nella valle di Marsyangdi”.

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L’ingegnere svizzero prosegue il suo racconto, spiegando la seconda fase del suo lavoro, durata altri lunghi tre anni, dal 1972 al 1975: “Dal 1972, su incarico della Confederazione, mi sono occupato di far progredire l’attività di costruzione in questo settore, che al tempo procedeva a rilento. Insieme ad altri due collaboratori svizzeri, Dieter Elmer e Thomas Neidhart, siamo riusciti ad aumentare il numero dei ponti completati portandoli da due o tre l’anno a circa 20″.

E ancora: “In quel periodo ho lavorato esclusivamente negli uffici di questa divisione senza svolgere attività sul campo. Il precedente incarico in cantiere, invece, è stata la sfida più grande che ho dovuto affrontare in Nepal dal punto di vista professionale”.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
Non solo il team di ingegneri ed esperti svizzeri: su disposizione delle autorità locali, anche la popolazione nepalese fu coinvolta nelle fasi di costruzione e collaudo dei ponti (Foto: Thibault Gregoire)

Ponti sospesi: quel ruolo del popolo e la svolta federale del Nepal

Non soltanto il team di ingegneri ed esperti svizzeri. Su disposizione delle autorità locali, anche la popolazione è coinvolta nelle fasi di costruzione e collaudo dei ponti.

Un popolo che ha visto in questi lavori una vera missione da assolvere e di fronte alla quale non ci si poteva affatto sottrarre. Dagli Anni 80 in poi, si stabilì di aumentare la quantità di lavoro e dal 1990 il Governo nepalese fu favorevole alla progettazione di circa 20 ponti l’anno.

A rendere tutto più semplice, favorendo così la realizzazione di questo programma di sviluppo, fu anche il cambio di rotta a livello politico-istituzionale.

Finito il periodo monarchico, il Nepal per anni rivestì la figura di Stato centralista con responsabilità dirette anche in materia edilizia. Un ruolo mai visto di buon occhio ai fini dello sviluppo e del progresso.

Dopo il conflitto civile, durato 10 anni dal 1996 al 2006, si lavorò per la nascita di uno Stato federale che stabilisca poteri e funzioni, divisi tra Stato e realtà territoriali. Il tutto si concretizzò, alla fine, con la Costituzione Federale, venuta alla luce nel 2015.

Questo, il vero punto di svolta per un intero Paese.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati e costruiti in Nepal 10mila passaggi appesi grazie alla collaborazione della Svizzera
Insieme alla competenza del team di esperti elvetici, prezioso fu anche il contributo alle infrastrutture nazionali della popolazione del Nepal (Foto: TBSU/DSC)

2015, una sostenibilità istradata da grandi novità istituzionali

Dal nulla assoluto dei tempi bui alla svolta di otto anni fa. Enormi passi da gigante che hanno contribuito allo sviluppo di una vita al 100 per cento sostenibile, sotto tutti o quasi tutti gli aspetti o punti di vista.

Il Paese ha visto e conosciuto un notevole incremento del tasso di alfabetizzazione/scolarizzazione di bambini e ragazzi, significativamente cresciuto del 16 per cento.

Gli adulti hanno maggiori possibilità di avvicinarsi, raggiungere le strutture sanitarie, e sono notevolmente aumentate le attività commerciali con la presenza, all’ingresso e all’uscita di ciascun ponte di negozi e ristoranti.

Una vita cambiata, decisamente in meglio, per circa 19 milioni di abitanti.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati e costruiti in Nepal 10mila passaggi appesi grazie alla collaborazione della Svizzera

L’Himalaya visto dallo spazio: tre dei quattordici “ottomila” del pianeta sono interamente compresi in territorio nepalese (il Dhaulagiri I, l’Annapurna I e il Manaslu), mentre altri quattro sono condivisi con la Cina (l’Everest, il Lhotse, il Makalu e il Cho Oyu) e il massiccio del Kangchenjunga è spartito con l’India

Kasuwa Bridge: un successo contro la povertà di “Mani per il Nepal”

Kasuwa Bridge. Sospeso a 55 metri di altezza, questo ponte è situato nella parte più povera in assoluto del Nepal. Ci troviamo, esattamente, vicini al fiume Kasuwa Kohla che scorre nella valle del Makalu.

La progettazione e costruzione di questo ponte sospeso è avvenuta grazie all’importante iniziativa dell’Associazione Mani per il Nepal, con sede in località di Savosa nella Svizzera italiana, e al prezioso contributo di Ticinotreks.

L’inaugurazione è avvenuta cinque anni fa, alla presenza del presidente, Daniele Foletti, e del membro del comitato, Moreno Mozzetti.

Per l’occasione, autorità locali, abitanti dei villaggi vicini e il team locale di ingegneri hanno festeggiato l’esordio ufficiale di quest’infrastruttura, collaudata con successo, senza alcun intoppo tecnico, dimostrando subito di essere un ponte sicuro al 100 per cento.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
Il popolo nepalese ha voluto partecipare al progresso infrastrutturale del proprio Paese, concorrendo con la Svizzera alla costruzione di ponti (Foto: DSC)

Già 10mila ponti sospesi e l’obiettivo storico dei prossimi 2.400

Oggi, lo possiamo dire senza alcun dubbio, il Nepal vive una seconda vita. Una vita autonoma, in primis sotto l’aspetto infrastrutturale, in secondo luogo anche sotto l’aspetto politico-governativo, di conduzione e gestione dell’intera macchina economico-sociale.

I ponti progettati e messi in piedi, con le più moderne e sofisticate tecnologie, sono in tutto 10mila. L’ultimo risulta inaugurato pochi giorni fa, il 9 novembre.

Nel programma mancano, ancora, all’appello circa 2400 passaggi da mettere in piedi.

Il Governo, dopo più di 60 anni, è ormai in grado di proseguire il lavoro di gestione dei lavori, da solo e in totale autonomia.

La Svizzera esce di scena, a titolo definitivo, ma consapevole che sono raggiunti tutti gli obiettivi infrastrutturali e di sostenibilità dei quali il Nepal aveva fortemente bisogno.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati e costruiti in Nepal 10mila passaggi appesi grazie alla collaborazione della Svizzera
Nella parte bassa del simbolo araldico ufficiale del Nepal, adottato il 30 dicembre 2006, vi sono due mani, una femminile e una maschile, che si stringono e che rappresentano una sorta di metafora della collaborazione con la Svizzera in materia di costruzione dei ponti sostenibili

I passaggi restanti e la previsione ottimistica di Engelsman e Hobley

Geert Engelsman e Mary Hobley, entrambi membri della Cooperation Strategy Evaluation, commentano il traguardo raggiunto così: Dopo tutti questi anni il Nepal dispone delle risorse e delle capacità necessarie per costruire autonomamente i restanti 2400 ponti pedonali che andranno a completare la rete di ponti pianificata, ed è in grado di assicurare la manutenzione e, se necessario, la sostituzione delle strutture attuali e di quelle più vecchie. E soprattutto oggi il Paese può contare su una manodopera locale specializzata. Il sostegno per la costruzione di ponti pedonali è un tratto distintivo della cooperazione svizzera allo sviluppo in Nepal”.

Nello specifico, “durante le interviste condotte nell’ambito di questa valutazione, molti interlocutori di spicco hanno espresso innanzitutto gratitudine e apprezzamento per il sostegno della Svizzera a favore della realizzazione di queste strutture, tanto importanti per il Nepal. Non è facile porre fine a questo progetto. La decisione della DSC di ritirarsi dal settore è quindi non soltanto al passo con i tempi, ma anche coraggiosa”.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
Tre donne impegnate a trasportare alcuni grossi cesti di merce su uno dei passaggi sospesi del Nepal made-by-Switzerland (Foto: Thibault Grégoire)

Kam For Sud: da un quarto di secolo al fianco del progresso nepalese

Aver potuto, con il prezioso aiuto di un altro Paese, forte sia economicamente che tecnologicamente, costruire dei ponti sospesi è stato il grande, ambizioso obiettivo, portato a termine con enorme successo.

Nel progresso del Nepal, negli ultimi 25 anni, ha lasciato la sua impronta anche l’Associazione, Kam for Sud. Nata e operativa dal 1998, si è attivata a 360 gradi per il pieno sviluppo sostenibile nepalese sul fronte educazione, ecologia, salute, e tutela dell’infanzia.

Insieme agli abitanti, l’associazione ha lavorato sodo per divulgare, far conoscere, e promuovere cultura e religione, arte, artigianato, e cooperazione internazionale.

Tutto questo, favorendo i momenti di incontro, confronto umano, elaborando progetti di sviluppo e diverse soluzioni condivise.

Dopo alcuni anni, l’asse Nepal-Svizzera si è talmente rinforzato e la tradizione himalayana si è fatta conoscere, anche, nel territorio elvetico. Centri di informazione turistica sul Nepal e negozi himalayani sono presenti sia a Locarno che a Lugano, nel Canton Ticino.

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Ponti sospesi: in 63 anni progettati 10mila ponti
Il percorso ecocompatibile del Parco del Quintino realizzato a Bergamo dall’azienda Terra Solida (Foto: Terra Solida website)

Infrastrutture sostenibili: il grande lavoro svolto dai big di Terra Solida

La storia del Nepal e dei suoi conosciuti ponti sospesi, progettati via via con tecniche edilizie sempre più nuove e d’avanguardia, ci riporta presto con la mente a quanto fanno, in Europa e nel resto del globo terrestre, diverse aziende.

Esse hanno l’intento di offrire infrastrutture che diano il loro prezioso aiuto nel raggiungimento della piena sostenibilità.

In un periodo storico molto particolare, dove già da qualche anno si parla di cambiamento climatico, transizione energetica, trasporto decarbonizzato e a zero emissioni, in Italia fa scuola l’esperienza professionale di Terra Solida che fonda il suo “credo professionale” sull’edilizia sostenibile, in particolare sulle pavimentazioni stradali sostenibili.

Si tratta di pavimentazioni progettate con materiali diversi, non inquinanti, quindi a zero impatto ambientale, resistenti a reazioni o fenomeni climatici, anche avversi e violenti.

Tutela e rispetto dell’ambiente, sicurezza infrastrutturale: pilastri portanti senza i quali non potrà mai esistere una società “green”, a misura di ambiente e di cittadino.

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Svolta sostenibile: questo, il giusto termine per tracciare l’identikit di quel grande lavoro infrastrutturale che, grazie al contributo svizzero, è stato fatto in Nepal per più di 60 anni (Foto: Pixabay)